mercoledì 10 aprile 2013

8 MILE ( 8 mile, USA 2002)
DI CURTIS HANSON
Con EMINEM, Brittany Murphy, Kim Basinger, Mekhi Phifer.
DRAMMATICO
"8 mile" è la lunga strada che divide la Detroit più sporca, violenta e attraversata da macchine rugginose , abitata da Jimmy Smith e il suo mondo di rappers aspiranti al successo, e quella più abbiente.Curtis Hanson ha scommesso pesante scegliendo di dirigere un film che in pratica romanza l'esperienza vera di Eminem, ingrugnato divo della musica hip-hop, molto chiacchierato in passato per certi suoi testi accusati di omofobia e razzismo.In questo senso, i curatori dell'edizione italiana hanno fatto molto bene a sottotitolare i rap intrapresi nel film, e le definizioni di "nigger"(negro) e "faggot"(frocio), pur pronunciate in modo spregiativo, hanno un senso dialettico nel codice dei ragazzi dei quartieri bassi, intesi come modi di apostrofare il prossimo,certo non gentilmente,ma non nel modo offensivo che si pensa."8 mile" ha incassato molto in America, e anche qui è andato piuttosto bene, portando nelle sale file di giovani curiosi di vedere la star musicale in veste d'attore:e , pur con qualche prevedibilità nella trama, e qualche passaggio obbligato del cinema ambientato nei quartieri malfamati, il film è discreto.Hanson illustra un romanzo popolare di gente consapevole di vivere ai margini della società, che vive male e non ha molte speranze di riscatto, dalla madre belloccia e cialtrona del protagonista( una Kim Basinger coinvolta, ma non credibile del tutto nella parte, è troppo bella...) al gruppo di amici casinisti e un pò sfigati, ai rivali truci e fasulli , visto che provengono da famiglie più solide.Uno spaccato di grande città americana desolata, in cui le speranze di un domani migliore sono pallide, e il protagonista, con il nome d'arte di "B-Rabbit", vince la gara di rap, ma si allontana da solo in una strada lurida, in una notte nera e non troppo bella.Furente con tutto e tutti, Eminem si cala nel ruolo che richiama molto il suo personaggio con ovvia naturalezza, ma ha buoni momenti, e forse non è la belva che vuol dare a intendere.E dalla pellicola di un regista comunque che sa fare cinema con volti e ambienti, emerge un racconto di presa di coscienza di sè tutt'altro che da trascurare.

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