lunedì 30 dicembre 2013


PACIFIC RIM (Pacific Rim,USA 2013)
DI GUILLERMO DEL TORO
Con CHARLIE HUNNAM,RINKO KIKUCHI,IDRIS ELBA,Ron Perlman.
FANTASCIENZA
L'arrivo dei robot giganteschi,solitamente ultimo baluardo della Terra contro invasori extraterrestri ha contraddistinto l'immaginario cartoonesco di diverse generazioni,dal 1978 in poi,l'anno dell'esplosione di Goldrake,seguito dai vari Jeeg, i due Mazinga ,Daltanious,Vanguard,eccetera:Guillermo Del Toro ha realizzato questo progetto,che covava da anni,dopo aver accantonato l'offerta di girare "Lo Hobbit",trilogia poi presa in mano da Peter Jackson,che doveva inizialmente produrla e basta.In un futuro non lontanissimo,la Terra,attaccata ferocemente da mostri colossali,di furia primigenia,deve contare su automi altrettanto gargantueschi,che necessitano di due piloti connessi all'interno del posto di comando,perchè uno solo non reggerebbe l'energia scatenata dalla guida del robot:dopo un prologo di un quarto d'ora,che ci mostra come uno dei protagonisti,già pilota di una delle macchine anti-Caijun (il nome delle creature distruttrici) abbia perso il fratello in uno scontro,e gli venga affiancata una scienziata giapponese,che cela un segreto.Il film,molto spettacolare,porta in scena quel che finora solo i manga avevano saputo mostrare:battaglie epiche in vari contesti,che siano mari in tempesta,città semidistrutte dai colpi dei titani,e tuttavia mantiene anche una certa cura nello sviluppo della trama.Pur cedendo a qualche clichè,vedi l'eroe che deve sia vendicare una perdita subìta,che instaurare un nuovo rapporto altrettanto forte con una partner forte,ma che ha delle zone fragili,"Pacific Rim" è un kolossal che non si basa su star,ma che sa bene come rendere la tensione e come enfatizzare al massimo le scene di battaglia:magari,forse,i robot terrestri potevano essere anche più rifiniti esteticamente,visto che ricordano i loro simili che negli anni Settanta,con due pile,si muovevano finchè non incontravano qualcosa che intralciasse il loro cammino,ma funzionano lo stesso a livello grafico.Piaciuto molto di più al resto del mondo che agli americani,che non gli hanno tributato un successo clamoroso,potrebbe avere un seguito,e magari aver rotto gli indugi e far giungere in sala le versioni filmiche dei tanti Actarus,Hiroshi,Tatsuya...

I SOGNI SEGRETI DI WALTER MITTY
(The secret life of Walter Mitty,USA 2013)
DI BEN STILLER
Con BEN STILLER,Kristen Wiig,Adam Scott,Sean Penn,Shirley MacLaine.
COMMEDIA/FANTASTICO
Il remake non è cosa facile,anche quando vi si impegnano personalità note,con cura nel confezionare la nuova versione di un classico,non è detto che l'operazione riesca,anzi:sono moltissimi i casi in cui si conviene che probabilmente era meglio se non veniva messo in moto il rifacimento di un bel film.Ben Stiller,per la sua  quinta  regia ha ripreso "Sogni proibiti",da un racconto di James Thurber,dal quale venne tratto l'omonimo film con Danny Kaye,e ne ha realizzato un adattamento ai tempi del digitale:infatti,lo spunto è il passaggio,non indolore,dal cartaceo alla versione on line,con conseguente taglio di personale,esseri umani messi in disparte dalle cifre,e di scena è la famosissima rivista "Life",veramente tramutatasi in fruibile solo su Internet.L'addetto agli archivi fotografici Walter Mitty è un impiegato bravo,serio,che cerca un contatto femminile via social forum,e che si trova ben presto nel mirino del nuovo manager con barba e capelli à la mode,tutto pose plastiche e derisione perpetua del prossimo:l' apparente grigiore di Mitty sparisce nei suoi sogni ad occhi aperti,nei quali diventa un eroe indomito,pronto a buttarsi a perdifiato in ogni impresa straordinaria.L'occasione per far diventare reali i viaggi della sua immaginazione arriva quando,per non perdere il posto di lavoro,deve recuperare una foto mandata da un fotoreporter leggendario,con il quale ha da anni un contatto non personale ma forte:e lanciarsi seguendo l'istinto,e gettando il cuore ogni oltre ostacolo apparente,darà un senso nuovo all'esistenza e al suo significato.Su una colonna sonora bellissima (e "Space oddity" si lega ad una scena dalla quale in poi ci si può innamorare di questo film),Stiller fa una riflessione tra il tenero e l'idealista sull'insostuibilità delle sensazioni,su quanto una società di "perfettini" scaturiti da una tecnologizzazione senza criterio del quotidiano e dei suoi parametri non possa rendere la straordinarietà dell'avventura umana,che sia un tuffo dall'elicottero nelle acque gelate del profondo Nord,una partita a calcio sull'Hymalaya,e ancora una discesa in skateboard a rotta di collo,fino al semplice ma intenso prendere la mano della persona amata:"I sogni segreti di Walter Mitty" è un lungometraggio ai cui titoli di coda non viene da alzarsi,prima di aver gustato anche l'ultima nota musicale,e che lascia un sorriso impresso a fondo nel cuore dello spettatore.Uno di quei,non frequentissimi,film che fa pensare che il mondo possa essere anche un posto migliore,e che cita Chaplin in quella coppia che nel finale si incammina,mano nella mano,senza alcuna certezza, ma verso un posto più bello,che si chiama futuro.

venerdì 27 dicembre 2013


CORPI DA REATO (The heat,USA 2013)
DI PAUL FEIG
Con SANDRA BULLOCK,MELISSA MCCARTHY,Dèmian Bichir,Marlon Wayans.
COMMEDIA/AZIONE
In Usa è stato uno dei grossi successi dell'anno,e infatti è già annunciato un sequel,da noi è andato meno bene,del resto come il titolo precedente del regista Paul Feig,"Le amiche della sposa",altro simbolo di una comicità al femminile linguacciuta e sboccata,che agli americani è piaciuta assai.Se si vuole,è il solito clichè del poliziesco-brillante dagli anni Ottanta in poi,cui la legge di compensazione fa da base:un poliziotto spiritoso,l'altro duro,uno nero,uno bianco,uno violento,l'altro pacato,e via così.Qua le sbirre sono un'agente federale super preparata ma socialmente disastrosa,perfettina ma perlopiù ostica ad ogni rapporto con il prossimo,al punto da elemosinare le coccole al gattone della vicina,e una poliziotta extralarge con un certo senso della parolaccia,che viene da un quadro familiare a dir poco turbolento,che uniscono le forze per sgominare una banda capeggiata da un individuo misterioso e cattivissimo.Il film di Feig la butta spesso in farsa,con situazioni che esaltano le differenze tra le due protagoniste,i loro approcci al lavoro,agli uomini,l'una all'altra,e qualche sorriso scappa.Ma è veramente fin troppo abbondante la sequela di volgarità per essere fino in fondo divertente,la Bullock e la McCarthy si capisce fin dalle prime sequenze che diventeranno pappa e ciccia,e il plot giallo è abbastanza stinto.Certo,il film è scorrevole,non annoia,anche se forse quasi due ore di proiezione sono fin troppe:probabilmente anche il seguito sarà,perlomeno in America,un buon successo di pubblico,e ci sta che qua diventi via dvd o tramite proiezioni sulle tv satellitari un hit in seconda battuta (come successe a "Arma letale" e "Trappola di cristallo"),però è decoroso,niente di più.E la scena a maggior potenziale comico come quella dell'ubriacatura delle due nel bar fino al mattino seguente poteva risultare molto più divertente,tutto sommato.

giovedì 26 dicembre 2013


COLPI DI FORTUNA (I,2013)
DI NERI PARENTI
Con CHRISTIAN DE SICA,LUCA BIZZARRI,GREG & LILLO,PAOLO KESSISOGLU.
COMMEDIA
Capolinea,almeno per ora,per Christian De Sica e Neri Parenti,le "basi storiche" dei cinepanettoni:il loro contratto con la Filmauro dei De Laurentiis è concluso,e sia l'attore che il regista hanno annunciato di volersi dedicare ad altro,ma si sa,nel mondo dello spettacolo,le formule spesso rimangono attaccate a chi le ha fatte andar bene.Dopo aver diviso in due episodi per "Colpi di fulmine" la scorribanda dei comici,questa volta sono tre i segmenti che si succedono,e vedono coppie collaudate,soprattutto televisivamente come Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu,e Greg & Lillo.Luca e Paolo si ritrovano a Napoli,con un biglietto della lotteria perso dal secondo dopo una notte alcoolica,e una querelle sentimentale dove le cose non sono chiare;De Sica e Francesco Mandelli sono un industriale tessile di cose lussuose fissato con la superstizione e un giovane traduttore di mongolo menagramo che si devono relazionare per via di un affare con un fornitore appunto della Mongolia;Greg & Lillo sono uno una coppia di fratelli,che non si erano mai incontrati prima,l'uno con problemi psichici,l'altro ex-ballerino televisivo,che cominciano ad affiatarsi nonostante le complicazioni.Il film è meno volgare di altri titoli precedenti della collection cinepanettoniana,a parte qualche dettaglio scatologico abbastanza malinconico,ma scorre via malissimo,uggioso e senza verve alcuna.Se l'episodio napoletano pesca sfacciatamente da "Una notte da leoni",quello con i due fratelli per caso rovista nel racconto di "Rain man",e quello appena appena più originale è quello centrale:ma se l'inventiva degli sceneggiatori è pari a zero,la capacità recitativa di molti dei presenti sullo schermo è assai relativa.Appena sufficiente Bizzarri tra i nuovi (ma qualcuno deve avergli detto che ricorda Gene Wilder fisicamente e deve essergli piaciuto troppo il paragone...),e De Sica,perlomeno,come risaputo,ha dei tempi  e un'abilità che potrebbero dare maggiori soddisfazioni,ma è un discorso a questo punto ripetuto troppe volte.

domenica 22 dicembre 2013


UN FANTASTICO VIA VAI (I,2013)
DI LEONARDO PIERACCIONI
Con LEONARDO PIERACCIONI,Marianna Di Martino,Chiara Mastalli,Davide Sef.
COMMEDIA
Da tempo le commediole di Leonardo Pieraccioni vengono recensite con un pollice verso cronico,e anche nel pubblico,per quanto entusiasta e affettuoso possa disporsi verso l'attore comico e regista fiorentino,cominciava a serpeggiare un disinteresse corposo per i lungometraggi che puntualmente,dal 1997 (i primi tre sono usciti in tre anni consecutivi)tornano ogni Natale a celebrare il piccolo mondo allegro che esiste,diciamolo,solo nei suoi film.Quindi,il progetto di un ultraquarantenne che si ritrova,per un curioso gioco della sorte,a condividere appartamento e vita con quattro universitari,era una potenziale svolta che incuriosiva.In una Arezzo in cui nessuno,e ci mancherebbe,parla aretino,tutti hanno un posto di lavoro ma hanno tempo per fare le loro brave bischerate,Arnaldo va a finire in casa di due ragazzi e due ragazze,ognuno con un problemino alle spalle:e intorno,ritrovo di vecchi compagni d'avventura quali Panariello e Ceccherini,e nuovi compari come il duo Marzocca-Battista.Sparare a zero si potrebbe,ma sarebbe poco obiettivo,e un pò snob.Lo sforzo,da parte di Pieraccioni,c'è stato,e si sente nella scrittura dei dialoghi,vagamente al di sopra del consueto:qualche occasione per sorridere arriva (a me non succedeva,con un suo film,da "Il principe e il pirata") e il duetto Marzocca-Battista è abbastanza ben combinato.Certo,la sua visione del mondo è la stessa di sempre:ci si vuole tutti bene,qualsiasi guaio si risolve,che vuoi che sia,è quasi sempre giorno,e tutte le persone sono bonarie,anche chi è ignorante e razzista,alla fine,mica lo è fino in fondo.Meno peggio del solito,sicuramente,ma i giochi a ripetere hanno sempre una sorte segnata.

CHE C'ENTRIAMO NOI CON LA RIVOLUZIONE?
(I,1972)
DI SERGIO CORBUCCI
Con VITTORIO GASSMAN,PAOLO VILLAGGIO,Riccardo Garrone.
COMMEDIA
In anni in cui la parola "rivoluzione" era di gran moda,e in cui i miti si chiamavano Ernesto,Emiliano,e si pensava di ribaltare ogni potere costituito per un mondo migliore,e si aveva il pregio di crederci,a volte ingenuamente,ma spesso con sincerità,fioccavano film e opere in cui l'argomento era appunto un moto rivoltoso.Sullo sfondo della rivoluzione messicana,una commedia italiana con due personaggi antitetici costretti dagli eventi a farsi compagnia,attraversando varie vicende,rischiando sempre di andare al Creatore per una fucilata o altro:un guitto di terza categoria,e un prete rigido,che alla fine diverranno amici,pur in conflitto per quasi tutto il racconto.Bruno Corbucci,eclettico e come sempre pratico,allestisce una sorta di avventura picaresca che occhieggia a "La grande guerra",soprattutto in un finale in cui,un soprassalto di dignità riabilita un cialtrone e chiude la storia su un risvolto drammatico.Il film,pur portando in scena un momento storico raramente trattato dal cinema europeo,procede abbastanza spedito,anche se spesso si basa su schemi ripetitivi,e abbonda fin troppo in cascatoni e inciampi atti a sottolineare la goffaggine dei due personaggi principali.I quali non convincono fino in fondo:Gassman nel ruolo dell'attore fessacchione e vigoroso,è vistosamente fin troppo sopra le righe,e Villaggio gioca di rimessa,ma smorzando e non di poco la sua vis comica.Leggerino,ben girato,ma qua e là smorto.I due simpatizzarono molto al di fuori dallo schermo,al punto di aver girato più film insieme,ma l'affiatamento tra i due attori non emerge così vistosamente.

mercoledì 18 dicembre 2013


VENERE IN PELLICCIA (La Venus en fourrière,F 2013)
DI ROMAN POLANSKI
Con EMMANUELLE SEIGNER,MATHIEU AMALRIC.
GROTTESCO
Come rimanere irretiti dalla Femmina,e non poter far altro che cedervi.Il percorso registico di Roman Polanski forse influenzato dalle vicende personali che ne hanno limitato le possibilità di girare film in spazi aperti o comunque svariati,continua nella sua fase "chiusa",in un contesto delimitato,costruendo sull'incontro-scontro tra i pochi personaggi in scena discorsi ampi e metafore sociali e umane in genere."Venere in pelliccia" viene dopo "Carnage",e una volta ancora siamo alle prese con un'opera tratta da un lavoro teatrale.E' di scena un commediografo cerebralmente nevrotico,in un teatro vuoto,durante un forte temporale,e sta facendo via cellulare la sintesi della giornata di provini appena conclusa,quando giunge nello stabile  una donna bella e tendente al volgare,che scongiura l'artista di lasciarle provare la parte:a mano a mano che i minuti scorrono il rifiuto dell'uomo si incrina,e la prova comincia,rivelando via via una creatura molto diversa dal come si è presentata....Duello e gioco al massacro tra Femmina e Maschio,e resa senza speranza di quest'ultimo a quello che la Donna risulta,ispira e crea,oasi di sollievo,foresta di rovi appuntiti e mare in tempesta perenne,il nuovo film di Polanski diverte,rompe schemi e viaggia per metafore feroci.Non mi pare che,come alcuni recensori un pò poco obiettivi,negli ultimi anni l'autore di "Chinatown" si fosse involuto:certo,"La nona porta" non è una delle sue cose più riuscite,così come non lo era "Oliver Twist",ma si parla di un cineasta che nell'ultima decade ha realizzato cose quali appunto "Carnage","Il pianista",e questo.Che è un'opera la quale sicuramente è personalissima,vedi il coinvolgimento della moglie Emmanuelle Seigner,e di Mathieu Amalric,fisicamente di una rassomiglianza impressionante a Polanski,e che non è un titolo di transizione:giunto a un'età in cui molto è avvenuto,e in genere molti grandi registi cominciano a segnare il passo,il franco-polacco continua a stupire per l'originalità di trame e chiavi di lettura proposte a pubblico e critica,tali da creare sempre un evento vero e proprio.Merito anche di due interpreti cui i ruoli paiono cuciti addosso:se qualche dubbio in passato c'era stato sulla Seigner,qua l'attrice dona al personaggio tutta una scala di espressioni,sfaccettature e femminilità sensuale stravolgenti,mentre Amalric,del cui talento eravamo già a conoscenza,si cala in un ruolo che passa dal diffidente al ridicolo,passando per l'ossessionato,il sedotto e il succube.Finale in crescendo,nel quale esplode pienamente la folle carica erotica che pervade tutta la proiezione,tuttavia senza una finalizzazione vera e propria "canonica".Un film splendido,invaso dalle parole,senza mai risultare verboso,avvincente in una schermaglia di battute colte e argutissime.

lunedì 16 dicembre 2013


LO HOBBIT-LA DESOLAZIONE DI SMAUG
(The Hobbit-The desolation of Smaug,USA/NZ 2013)
DI PETER JACKSON
Con MARTIN FREEMAN,IAN MCKELLEN,RICHARD ARMITAGE,Evangeline Lilly.
FANTASTICO/AVVENTURA
Atto secondo per il prequel de "Il signore degli anelli",parte centrale della nuova trilogia,che però appunto anticipa le vicende narrate nell'avventura della Compagnia dell'Anello contro Sauron e le sue orde di mostri,"La desolazione di Smaug" riprende il discorso da dove era stato interrotto alla fine di "Un viaggio inaspettato".Prosegue,quindi,il viaggio verso l'antica città dei Nani,ora divenuta,insieme al loro tesoro,rifugio e proprietà di un colossale drago di nome Smaug.Della creatura c'era apparso,nel finale del primo capitolo,appena l'occhio spalancato,e anche per oltre un'ora di proiezione di questo nuovo film,di Smaug si parla,ma non arriva sullo schermo:tutta la seconda parte prevede l'incontro-disputa di Bilbo Baggins e i suoi alleati Nani per cacciarlo o distruggerlo,in parallelo con la sfida dello stregone Gandalf contro una minaccia celata in una fortezza abbandonata che ci era già stata presentata nel titolo precedente.Peter Jackson continua a dipanare la trama del primo romanzo celebre di Tolkien,prendendosi diverse libertà circa il testo originario,dal rientro sulla scena  della star elfa Legolas,con Orlando Bloom in versione dall'occhio più azzurrato che mai,alla diversità dello scontro con il drago parlante e mefistofelico:qualche fan arcigno resterà deluso o perplesso,ma lo spettacolo è di quelli che impressionano,fastoso e magniloquente.Magari,rispetto agli altri,per ora,quattro capitoli dell'esalogia riguardante la Terra di Mezzo,"La desolazione di Smaug" ha qualche sequenza che emana,a tratti,del deja-vu,soprattutto nelle battaglie,però forse va visto in prospettiva,a progetto esaurito:anche "L'impero colpisce ancora" ai tempi della sua uscita,fu il segmento che maggiormente lasciò insoddisfazione,per poi rivelarsi,anni dopo,uno dei più amati e considerati riusciti del blocco "Star Wars".Qua sceneggiatura e regia lasciano ogni fronte spalancato,ogni questione sospesa,ogni risposta lontana dall'arrivare:però,c'è da dirlo,l'idea di un mostro che legge i pensieri e dimostra di conoscere i processi mentali dei suoi avversari,oltre che terrorizzarli con la sua mole,la sua ferocia e il fuoco che sa scaturire distruggendo ogni cosa davanti a sè,autorizza a pensare che Smaug diverrà uno dei babau più ricordati e apprezzati dal pubblico in generale.E il suo volo,coperto d'oro,mentre si proclama portatore di morte,lascia filtrare un bel pò di inquietudine oltre lo schermo.

domenica 15 dicembre 2013


ENDER'S GAME (Ender's game,USA 2013)
DI GAVIN HOOD
Con ASA BUTTERFIELD,Harrison Ford,Viola Davis,Ben Kingsley.
FANTASCIENZA
Quasi trent'anni per passare dalla pagina allo schermo,per il romanzo fantascientifico "Il gioco di Ender",di Orson Scott Card,nel quale si immagina che in un futuro imprecisato,per controbattere l'offensiva di alieni insettiformi ci si debba affidare alle capacità di un ragazzo scelto come un Eletto dalla sorte e dalla genetica:progetto ambizioso,in un momento in cui la fantascienza si sta lentamente riappropriando dello spazio che le appartiene nel mondo del cinema.L'operazione è stata messa nelle mani del sudafricano Gavin Hood,già autore del primo spin-off di "Wolverine",e il cast pullula di nomi pesanti,in ruoli importanti ma non principali,vedi una superstar come Harrison Ford  che interpreta l'alto ufficiale-mentore del giovanissimo protagonista,l'Asa Butterfield visto in "Hugo Cabret"."Ender's game" risulta essere un film assai strano,che suscita reazioni difficili da prevedere:per la maggior parte della pellicola,si prova la sensazione di star assistendo a  una versione per ragazzi,meno sarcastica e più seriosa,di "Starship Troopers",meno violenta,ma più o meno su quel registro,con una retorica fascistoide,in cui si insegna alle giovani generazioni di non aver pietà di qualsiasi essere ostile si pari davanti,che la Natura sceglie chi va soppresso,e chi no,e su tutto vige un'etica marziale abbastanza sinistra.Fortunatamente,ed è il vero messaggio della storia,negli ultimi minuti lo scenario si ribalta,fino a far constatare che i veri "mostri" sono gli adulti e la loro logica sedicente "necessaria",crudele e inumana:vi si può leggere una severa critica alla politica molto occidentale,e,soprattutto americana,delle bombe atomiche sul Giappone,della guerra preventiva a Afghanistan e Iraq,e via snocciolando le sanguinose imposizioni in nome della "pax" per proteggere un sistema.In un finale toccante,l'empatia con un nemico,fino ad allora non visibile (è una tattica per rendere meno coinvolto chi deve attaccare)con il quale si può comunicare anche con un solo sguardo,dà tutto un altro senso ad un film non facile nè accattivante,ben curato a livello scenografico e come effetti speciali,che non fa abbandonare la visione rasserenati.

venerdì 13 dicembre 2013



ARAGOSTA A COLAZIONE (I/F,1979)
DI GIORGIO CAPITANI
Con ENRICO MONTESANO,Claude Brasseur,Janet Agren,Claudine Auger.
COMMEDIA
Coproduzione italofrancese,di buoni incassi all'epoca della sua uscita,"Aragosta a colazione" vede Enrico Montesano,qui nel periodo di maggior appeal sul pubblico cinematografico,protagonista nei panni di un tipo volenteroso ma imbranato e inseguito dalla sfortuna,per cui la moglie Silvia Dionisio lo maltratta e lo spinge quasi fuor di casa,ma il personaggio scopre che l'ex-compagno di classe Claude Brasseur,una volta calciatore poi divenuto sposo di una signora bella e assai abbiente,si ritrova a Roma di passaggio,e pensa di andare a chiedere un aiuto,di qualsiasi tipo, a lui.Ma l'altro,che è fedifrago e vuole organizzare una golosa scappatella con una bella hostess svedese,Janet Agren,accetta di avere a che fare con lui solo purchè gli giustifichi la presenza della bionda nella sua bella abitazione verso la moglie.Nella stessa sera,si tiene un ricevimento nella villa,e il protagonista avrà modo di complicare le cose a molti,oltre che a sè stesso.Capitani allestisce una pochade chiara e netta,con equivoci,scambi di ruoli,gaffes e intrallazzi vari,che ha una discreta prima parte,ammicca a "Hollywood Party",ma lascia perdere fin troppo presto questa china,non lesina scorci dei bei nudi delle attrici principali,si basa molto sulla verve di Enrico Montesano,non coadiuvato benissimo dalla spiritosaggine un pò forzata di Brasseur,ma non basta affinchè "Aragosta a colazione" possa risultare una commedia memorabile.

mercoledì 11 dicembre 2013


THE BOURNE LEGACY (The Bourne legacy,Usa 2012)
di TONY GILROY
Con JEREMY RENNER,Rachel Weisz,Edward Norton,Stacy Keach.
AZIONE
Dati i risultati di incassi e buone critiche,era inevitabile che la saga della spia senza memoria Jason Bourne non si chiudesse con una trilogia:o meglio,così come per "Il cavaliere oscuro",coloro che hanno elaborato i tre segmenti considerati DOC hanno pensato di chiuderla lì,sentendosi di aver detto tutto sull'argomento,e sottraendosi alla responsabilità potenziale di poter peggiorare le cose."The Bourne legacy",conquistatore di copertine su varie riviste di settore,era un prodotto "nato per vincere",un attore non ancora star ma assai rampante come Jeremy Renner,un cast di facce celebri (Joan Allen,Stacy Keach,Scott Glenn...),una bella e intelligente come Rachel Weisz,e la regia di Tony Gilroy,che già aveva partecipato alla serie in qualità di sceneggiatore.Eppure,le cose non sono andate bene:gli incassi non hanno brillato,e le critiche sono state spesso poco positive.Forse,con un pò di sufficienza,è stato pensato di applicare uno schema consolidato,come appunto la caccia alla cellula impazzita da parte della frangia del Servizio che ha attuato un'operazione clandestina per coprire l'errore,con la variante della scoperta di una vera e propria serie di super-killer coltivati per la creazione di una spia perfetta:il film ha momenti spettacolari,frammenta un pò troppo la parte "gialla",e tutto sommato,Renner ha meno personalità,per il momento,di Damon.La forza della trilogia era stata di dare una parvenza di verosimiglianza alle scene d'azione,molto più della media hollywoodiana,qua,se si guarda soprattutto la scena del missile lanciato nella foresta innevata,e l'inseguimento quasi in conclusione tra moto da cross e fuoristrada,si presenta una comunissima spacconata normalmente definita "americanata"...

lunedì 9 dicembre 2013


52 GIOCA O MUORI (52 Pick-up,USA 1986)
DI JOHN FRANKENHEIMER
Con ROY SCHEIDER,ANN-MARGRET,John Glover,Clarence Clemons III.
THRILLER
Da un romanzo di Elmore Leonard,un adattamento cinematografico con firma un tempo illustre,come John Frankenheimer,che,perlomeno negli anni Sessanta,si distinse con opere "di genere" che però tastavano il polso con ferma intelligenza alle nevrosi e alle fobie americane di quell'era.Qua un imprenditore agiato,con amante giovane e moglie in corsa per essere eletta nello staff del procuratore distrettuale,subisce un pesante ricatto da tre malviventi:per dimostrare che non scherzano,i delinquenti forzano il protagonista ad assistere a un vero "snuff-movie",nel quale uccidono la ragazza con la quale ama passare il suo tempo libero,e annunciano all'uomo che se non sottostà alle loro richieste,provvederanno ad assassinare la moglie e,forse,anche lui.L'uomo è sotto pressione,ma riesce a ragionare e capire che il trio non è coeso come appare,e che può mettere i suoi aguzzini uno contro l'altro,fino alla resa dei conti conclusiva:ovviamente,non senza aver lasciato a terra qualche cadavere.La pellicola è un giallo abbastanza ben congegnato,lontano dalle bravate ammazzatutti di Chuck Norris & C.,piuttosto in voga all'epoca,con due interpreti di lungo corso come Roy Scheider e Ann-Margret,e un trio di antagonisti tra i quali spicca il musicista legato a Bruce Springsteen,Clarence Clemmons III:certo,un quarto d'ora meno di minutaggio avrebbe giovato al film,qualche tempo morto in meno ci sarebbe stato.Ma la suspence c'è,e il finale,sarcastico e incline al beffardo,funziona.Come al solito,nei film prodotti dalla Cannon,di scarso conto e datatissime le musiche.

domenica 8 dicembre 2013


CATTIVI PENSIERI (I,1976)
DI UGO TOGNAZZI
Con UGO TOGNAZZI,EDWIGE FENECH,Luc Merenda,Paolo Bonacelli.
COMMEDIA
Terza regia dell'Ugo nazionale,che,come nelle altre tre opere dirette,interpreta anche il protagonista:più votato ad un'analisi malinconica di un Sordi moralista dietro la macchina da presa,di un Gassman più sperimentatore e legato all'esaltazione della recitazione,e di un Manfredi più accorto nella costruzione delle storie,e della valutazione dei rapporti tra Uomo e Donna (e,diciamolo,il migliore come regista dei "colonnelli" degli anni gloriosi della commedia all'italiana),"Cattivi pensieri" racconta un'ossessione da galletto sviluppata da un rampante,benchè oltre la mezz'età,avvocato lombardo,con moglie bella e ambita al fianco,che la signora si conceda a tutto spiano e venga regolarmente concupita da maschi più giovani o prestanti di lui.Nonostante la sceneggiatura sia stata stesa sia da Tognazzi che dal sapido Beppe Viola,il film,che vorrebbe forse essere anche una satira di una borghesia più rozza di quanto voglia apparire,non scandaglia molto bene l'ambiente che vorrebbe forse deridere,e non pone abbastanza sotto accusa il gallismo indefesso del maschio latino,che si giustifica sempre,e vede tutte le donne come bagasce,eccetto la propria.Per cui,giusto vederci le tematiche già affrontate da "Il magnifico cornuto" sempre con Tognazzi,ma diretto da Pietrangeli,però qui il grande attore sembra affaticato da un personaggio di scarsa simpatia,meschino e ossessivo:splendida,Edwige Fenech è messa al centro della vicenda,vero oggetto di desiderio perenne da parte di tutta la parte maschile del cast,con Luc Merenda visto come nemesi virile,simbolo di una tonicità muscolare e spavalda sentita come ostile e inevitabilmente di poco succo."Cattivi pensieri" si risolve,alla fine,in un film più noioso che azzannante,dal ritmo moscio e con una impostazione presentabile,ma nulla più di questo.

martedì 3 dicembre 2013


SOLE A CATINELLE (I,2013)
DI GENNARO NUNZIANTE
Con CHECCO ZALONE,Robert Dancs,Miriam Dalmazio,Aurore Erguy.
COMMEDIA
C'è stato il momento di Villaggio,quello di Pozzetto,di Celentano,di Boldi & De Sica,ma anche di Spencer & Hill,e ora il re di denari è Checco Zalone:l'uscita dei suoi film è attesa,comprensibilmente,dagli esercenti con trepidazione,ripagata,dalle cifre degli incassi del suo terzo film da protagonista."Sole a catinelle",ancora con una nota tra l'assurdo e il metereologico nel titolo,ha frantumato diversi record,e dovrebbe mantenere il primato di incassi lordi per un film italiano per qualche anno a venire.La storia stavolta vede un rappresentante,che è uno dei "sessanta milioni di imprenditori" nella visione berlusconiana dell'Italia e degli italiani di qualche anno fa,che vede la parola "comunista" come indicativa di una malattia gravissima,che si  lascia andare a una rateizzazione pazza per mettersi in casa i beni di consumo più venduti e ambiti,quando inizialmente il lavoro gli va bene,per poi,in breve,ritrovarsi con l'ufficiale giudiziario in casa e quasi ogni cosa pignorata.Seguono matrimonio e vita familiare in malora,una vacanza promessa al figlio bravissimo a scuola,e portato in Molise dalla vecchia zia per spendere il meno possibile e un impensabile rilancio grazie al casuale incontro con una bella ereditiera,con figlio problematico.Il filmetto è balzano negli snodi di sceneggiatura che altrove dovrebbero essere necessari,ha passaggi tirati via,e si vede che tutto gioca per evidenziare la comicità di Luca Medici in arte Checco Zalone:a favore,qualche buona battuta,e la stringatezza della durata.Però rimane il dubbio se Checco Zalone c'è,o ci fa.Cerchiobottista politicamente,scorretto ma alla fine tradizionalista,vedi il finale conciliatorio,leggero come una gassosa,ed è inconfutabile che restino varie istantanee sull'Italia di oggi,certo,portate agli estremi,come vuole la commedia più riuscita.Ma,oltre la simpatia del pubblico che gli ha tributato presenze impressionanti,sembra che il cinema di Zalone e Nunziante sfiori gli argomenti "seri" ma senza mai mordere a fondo,o andando sotto l'ammicco comodo e ruffiano.Altra cosa è la satira.

sabato 30 novembre 2013


MACHETE KILLS (Machete Kills,USA 2013)
DI ROBERT RODRIGUEZ
Con DANNY TREJO,Démian Bichir,Michelle Rodriguez,Mel Gibson.
AZIONE
Dopo l'exploit che aveva messo insieme buoni incassi a livello mondiale,e un certo apprezzamento dei recensori,che avevano gustato il trash elettrizzato a livello di autoparodia del primo capitolo,torna il vendicatore messicano Machete,impersonato ancora da Danny Trejo,che a oltre sessantacinque anni ha ottenuto di essere protagonista per la prima volta,dopo tantissime partecipazioni da caratterista:questa volta lo ingaggia addirittura il presidente USA (impersonato da Carlos Estevez,per la prima volta Charlie Sheen con il nome di famiglia),per sequestrare un terrorista connazionale dell'eroe (Démian Bichir),che ha un disturbo della personalità,e il cuore collegato ad un meccanismo che,in caso di morte,si innesca e lancia un missile nucleare su Washington.C'è di mezzo il cattivo,sadico e sarcastico,impersonato da Mel Gibson,e un turbine di manze spettacolose quanto pericolose,da Michelle Rodriguez a Amber Heard,passando per Sofia Vergara,e dice la sua pure un killer chiamato "Il Camaleonte" che sfoggia via via le fattezze di Cuba Gooding jr.,Lady Ga Ga e Antonio Banderas.Come si sarà capito,ci troviamo ad un divertissement ad alto tasso di colesterolo,con una regia che gioca entusiasta,e consapevole,con uno scatenamento di violenza così impetuosa e senza freni da essere per forza parodistica.Però,se il gioco,con un tantino di critica alle politiche xenofobe di certa America,nella prima avventura di Machete era riuscito bene,qua è come mangiare una vasca di gelato:l'effetto saturazione arriva abbastanza presto,le carambole di arti mozzati,teste che volano,gente che muore in maniera spettacolare e nei modi più disparati,con un plot abbastanza balzano e fondato,praticamente,tutto su una fuga e una sfida a chi manda all'inferno più nemici,dopo mezz'ora di proiezione ingolfano il piacere della visione e si fanno prevedibili.Già promesso un terzo sviluppo,nello spazio,con parodia di "Star wars" già avviata qua,ma gli incassi questa volta hanno dato seriamente torto a Rodriguez,e chissà se i produttori hanno voglia di dare un'altra chance al baffuto guerriero dai metodi omicidi così pratici.Probabilmente,sarebbe meglio fermarsi qui.

mercoledì 27 novembre 2013


THOR-The dark world (Thor:The dark world,USA 2013)
DI ALAN TAYLOR
Con CHRIS HEMSWORTH,NATALIE PORTMAN, Tom Hiddleston,Christopher Eccleston.
FANTASTICO
Ritorna sugli schermi,per la terza volta in due anni e mezzo,il figlio di Odino,il Dio del Tuono,prestato dalla mitologia nordica al mondo dei fumetti Marvel,e ora divenuto una star anche sul grande schermo:cambio in cabina di regia,da Kenneth Branagh,approdato alla serie dell'analista-action man Jack Ryan,a Alan Taylor,trionfatore in tv con "Il trono di spade",ma sempre di nazionalità britannica.E in Inghilterra viene ambientata anche la parte "terrestre" del racconto,dato che al nuovo director non era garbata granchè l'ambientazione in New Mexico del primo capitolo (ma nei fumetti,che sono americani,funziona così,e Londra con Thor c'entra pochino davvero...):torna in scena la scienziata Jane Foster,amore terrestre del vigoroso biondone da Asgard calato,e si scatena una nuova guerra tra un Elfo malvagio di nome Malekith e gli abitanti del regno di Odino,con riarruolamento del fratellastro infido Loki,su un crinale tra tradimento e lealtà che contribuisce a dar sapore al film.L'avvio in terra d'Albione,per la verità,è un pò macchinoso,ma quando comincia il conflitto con gli Elfi Oscuri la regia imbrocca una chiave epica,ma non senza ironia,che porta la pellicola ad essere un sequel di buona fattura,trovando uno scontro finale,che si svolge "sforando" i mondi di appartenenza,ad alta tensione e giocato benissimo.Eccleston è un malvagio mefitico di una certa,crudele efficacia,Hemsworth,Portman,Hopkins,la Russo e gli altri compari del Regno caro ai barbari venuti dal Nord riprendono con abile padronanza i ruoli che sono loro assegnati,ma le carte migliori capitano in mano a un Tom Hiddleston di salutare sarcasmo.Chiusura su un nuovo villain dal volto noto (non sciupiamo la sorpresa...),e chissà quale sarà la prossima metropoli da devastare,negli scontri tra supercattivi e supereroi.

martedì 26 novembre 2013


RISATE DI GIOIA (I,1960)
DI MARIO MONICELLI
Con ANNA MAGNANI,TOTO',Ben Gazzara,Fred Clark.
COMMEDIA/DRAMMATICO
Tra i titoli solitamente meno citati e celebrati di Mario Monicelli,ma anche di Anna Magnani,Totò e Ben Gazzara,"Risate di gioia" ha conosciuto negli anni una riconsiderazione, soprattutto critica,non indifferente.La storia dei due guitti di serie C che vengono coinvolti in una nottata stramba di Capodanno,da un ladro che deve piazzare un colpo,e hanno a un certo punto uno scatto di dignità,al contempo dandosi una dimostrazione d'affetto sincera,nonostante la loro sfortuna cronica e la loro non-qualità,viene da due racconti di Alberto Moravia condensati,e per il regista viareggino,fresco reduce dai trionfali "I soliti ignoti" e "La grande guerra" fu un inciampo,soprattutto a livello commerciale.Ambientato in una Roma gaglioffa,zuppa di personaggi meschini e cinici,con un retrogusto che chi lo ha definito felliniano non ha esagerato per nulla,il film parte con grinta da commedia e finisce con malinconia pur strappando un ultimo sorriso nella scena conclusiva,e ammicca all'ottimismo forse scellerato,forse semplicemente vitalistico dei due personaggi principali nella chiusura.Anna Magnani,in versione bionda con parrucca,alterna pose da fatalona a una seducente verve schietta come poche possedevano,Totò si riserva una parte da spalla,dando la battuta con sapienza alla collega,e Ben Gazzara,nella parte infame dello sfruttatore con troppo pelo sullo stomaco,faceva già vedere doti da attore di vaglia,specialista nello sparare lampi dagli occhi.Un'operina a metà tra neorealismo leggero e cinema del boom aspro.

lunedì 25 novembre 2013


IL CECCHINO (Le guetteur,F/I/B,2013)
DI MICHELE PLACIDO
Con DANIEL AUTEUIL,MATHIEU KASSOVITZ,Olivier Gourmet,Luca Argentero.
POLIZIESCO
Prodotto con capitali francesi,italiani e belgi,"Il cecchino" non ha avuto una gran fortuna a casa nostra,e si torna all'annosa questione del "prodotto medio".Perchè,indubbiamente,Michele Placido,quando gira scene d'azione,è uno dei migliori in Europa,e non ha niente da invidiare a professionisti del genere dei colossi USA:la sequenza d'apertura di questa pellicola è strutturata benissimo,le accelerazioni della trama in tal senso messe al posto giusto,con una buona dose di cose inverosimili,o perlomeno poco credibili (con un cellulare,perchè portare un pericoloso criminale in un'auto normale e neanche blindata?come fa uno dal tetto di un palazzo a rintracciare una persona in fuga,nascosto in un vicolo,dopo pochi minuti essere già di fronte al fuggiasco?),ma da noi ha avuto una distribuzione poco accorta,ed un'accoglienza freddissima.Pòlar con fin troppe sottotrame,non sempre svolte benissimo,ha dalla sua un buon ritmo,la costruzione dei caratteri principali,che secondo la miglior tradizione rivelano chiaroscuri ben delineati,e ha una buona chiusura,che appunto evidenzia la natura tendenzialmente western di questo tipo di film:uomini disposti a giocarsi la pelle e tutto quel che comporta in una sfida,senza tornare indietro,ognuno con un carico diverso sul groppone.Auteuil caratterizza con l'abilità che gli si riconosce un tutore della legge troppo distratto dalle proprie ossessioni,Kassovitz non è forse l'interprete più adatto per un ruolo ambiguo e profondo come il tiratore del titolo,Gourmet sa essere ripugnante e credibile come falsa vittima,non se la cavano male gli italici Luca Argentero e Violante Placido,nei due personaggi peggio trattati dalla sceneggiatura,gli amanti votati alla tragedia,lui malvivente,lei donna consapevole dei rischi di una relazione con lui.In una doppia apparizione a sorpresa,Michele Placido e Fanny Ardant offrono un cameo ad un passo dal kitsch,ma funzionale.

domenica 24 novembre 2013


PAIN & GAIN-Muscoli e denaro (Pain and gain,USA 2013)
DI MICHAEL BAY
Con MARK WAHLBERG,DWAYNE JOHNSON,Anthony Mackie,Rebel Wilson.
COMMEDIA/AZIONE/GROTTESCO
Una storia demenziale,non fosse costata morti veri:il racconto del fanatico del body-building Danny Lugo e dei suoi compari,che nella Miami degli anni Novanta mise su un delirante progetto per fare soldi a palate e "sfondare",secondo la filosofia dell' "American Dream",che prevede che per chiunque ci sia la Grande Occasione.Michael Bay ne ha tratto ispirazione per fare il suo "film d'autore",costato assai meno dei soliti suoi lavori,23 milioni di dollari di budget (che non sono un'esagerazione per i costi hollywoodiani,ma neanche noccioline...),e ha letto la vicenda in chiave grottesco-sarcastica:nelle intenzioni "Pain & Gain" avrebbe dovuto risultare una parodia alla Tarantino,con,appunto,accelerazioni di violenza insensata e un'esaltazione del kitsch d'America onde prendersene gioco.Non che sia del tutto fallimentare,questo film:si salva grazie al cinico sarcasmo con cui vengono tirate le somme,e se pure,come letto in alcune recensioni,c'è un relativo cattivo gusto a ironizzare aspramente su fatti reali in cui sono morte delle persone,per quanto discutibili (ma anche in "Fargo" si faceva),non c'è assoluzione per i tre idioti pompati a oltranza che non hanno la minima coscienza,nè il minimo senso della realtà,che arrivano a torturare o uccidere come se alzassero altri dieci kili alla panca dei pesi.Un pò troppo lungo,di grana grezza soprattutto nelle parti in cui vorrebbe definirsi maggiormente sul versante commedia,curiosamente ha il suo miglior interprete nel voluminoso Dwayne Johnson,ex-"The Rock",che qui dimostra un'autoironia non da poco.

venerdì 22 novembre 2013


KICK ASS 2 (Kick Ass 2,USA/GB 2013)
DI JEFF WADLOW
Con AARON-TAYLOR JOHNSON,CHLOE GRACE MORETZ,Jim Carrey,Christopher Mintz-Plasse.
COMMEDIA/AZIONE
Il 2013 ha visto tre sequel vicini tra loro nel lasso di uscita nelle sale,di film di forse inaspettato successo usciti,più o meno,tre anni prima:il box-office ha sentenziato che se va bene una volta,al di là della riuscita del seguito,certi exploit devono rimanere unici.Si sta parlando di "Red 2","Machete Kills" e "Kick Ass 2".Usciti con un certo battage pubblicitario,costati più degli originali,non hanno fatto gioire i produttori,ma probabilmente,appunto,dovevano semplicemente non essere prodotti:si parla a livello economico,non di qualità dei film.La quale,in questo caso,non è infima,certo,ma l'idea degli emuli dell'eroe mascherato era già espressa sufficientemente nelle prime scene de "Il cavaliere oscuro",e la miscela ironia-violenza era già al limite nel primo capitolo:Kick Ass,supereroe senza poteri,con la sua bella dose di maldestra capacità di inguaiarsi,trova un gruppo di "colleghi" intenti a ripulire i quartieri dalla delinquenza,capitanati da un bizzarro individuo meno giovane (interpretato da Jim Carrey),ma nello stesso tempo vede allontanarsi da sè la compagna di ventura Hit Girl,giunta all'adolescenza con i palpiti,i tremori e le inquietudini di quella fase della vita.Torna alla ribalta il demenziale cattivo che è l'antitesi del giovane giustiziere di verde vestito,e ha accoliti ancor più spietati,su tutte una culturista colossale e particolarmente crudele.Passata la regia da Matthew Vaughn a Jeff Wadlow,con una bizzarra presa di coscienza di Carrey,che si è rifiutato di promuovere la pellicola assieme al resto del cast,per l'eccesso di violenza che contiene (ma quando ha firmato il contratto non aveva visto il primo episodio,nè letto la sceneggiatura?),"Kick Ass 2" ha sequenze d'azione ben congegnate,qualche gag divertente,ma ad una prima parte con buona impostazione ne segue una seconda in cui il film rischia di prendersi fin troppo sul serio,compresa una vendetta personale del protagonista troppo simile alle versioni "serie" dei film di supereroi,per stare nella zona tra parodia e omaggio al "camp" che pareva contraddistinguere le avventure di Kick Ass.

giovedì 21 novembre 2013


STOKER (Stoker,USA 2013)
DI CHAN-WOOK PARK
Con MIA WASIKOWSKA,NICOLE KIDMAN,MATTHEW GOODE,Dermot Mulroney.
THRILLER
Prima trasferta americana per il coreano Chan-Wook Park,uno dei cineasti più in vista della ormai solida ondata di uomini di cinema del paese diviso in due,non è stato il successo di pubblico che forse i produttori si aspettavano,ma "Stoker" ha interessato eccome la critica e molti appassionati della Settima Arte.Apparentemente il titolo è fuorviante,perchè l'unica attinenza,sembrerebbe,tra l'autore del romanzo con il più famoso vampiro di sempre (Bram,naturalmente,narratore delle malefiche gesta di Dracula) e la famiglia di appartenenza della ragazza protagonista è il cognome Stoker,appunto,ma è sangue ciò che lega,e quel che vi scorre dentro,compresa una natura predatoria e omicida.Dopo la morte del capofamiglia,nella casa della moglie e della figlia giunge il fratello di papà,che intriga sia cognata che nipote,con i suoi modi distanti,eleganti,il suo vestire sobrio e classico,e il triangolo platonico che si instaura può portare a uno sviluppo tragico,ma non nella maniera in cui ci si aspetterebbe:perchè chi può disturbare il nuovo status familiare viene fatto sparire,e in maniera che non si avverta tantissimo il trauma.Girato con una padronanza della macchina da presa quasi geometrica,"Stoker" ha forse il limite di apparire troppo compiaciuto,con una regia consapevole dei propri notevoli mezzi e forse anche troppo dedita a inquadrature magnifiche,con un ritmo mai accelerato,che tuttavia non manca mai di alimentare il sordo senso di minaccia che incombe sulla visione.Lo spettatore fin dall'inizio avverte che c'è qualcosa di malato,che una violenza latitante,ma pronta a invadere la scena è presente,e l'inizio quasi estatico rimanda al finale,che fa vedere la stessa sequenza,da tutta un'altra prospettiva,che sottolinea la sinistra relatività del punto di vista.Se Mia Wasikowska è ormai una delle giovani rampanti più in forma a Hollywood,fa piacere rivedere a livelli notevoli Nicole Kidman,e l'ambiguissimo Matthew Goode dà al proprio ruolo i riflessi necessari a lasciare il pubblico sospeso fino all'evidenza dei suoi gesti.Un thriller drammatico interessante,qua e là fine a se stesso,ma di un magnetismo non comune.

mercoledì 20 novembre 2013


L'IPNOTISTA (Hypnotisoren,SW 2012)
DI LASSE HALSTROM
Con MIKAEL PERSBRANDT,TOBIAS ZILLIACUS,Lena Olin,Jonathan Bokman.
THRILLER
Nelle librerie il thriller che proviene dai paesi del Nord Europa tira eccome,è uno dei fenomeni editoriali degli anni Duemila:dai casi del commissario Wallander,ai libri di Jo Nesbo,fino a giungere alla saga "Millennium",i delitti e le investigazioni narrate da autori che vengono appunto dalle terre fino  a non molto tempo fa non così battute dagli editori,abbondano e sempre più risultano interessanti per produzioni cinematografiche e serie tv."L'ipnotista" vede tornare dopo un bel pò di tempo in patria Lasse Halstrom,considerato dalla maggior parte dei recensori un buon impaginatore e niente più,che mostra una vicenda che si presenta,dalle primissime scene,come terribile:un'intera famiglia sterminata crudelmente,compresa la più piccola dei figli,con un solo superstite,il ragazzo più grande.Seguita personalmente dal poliziotto che per caso ha scoperto la strage,e da uno specialista dell'ipnosi,con una grave crisi familiare sul groppone,l'indagine si mostrerà difficoltosa e inaspettatamente crudele.Ambientato tra luci fredde d'ospedale e uffici,e la neutra impassibilità del biancore della neve all'esterno,il thriller è di buona fattura,ben recitato,senza forzature nel ritmo e con qualche buon colpo di scena:la spiegazione è quella che un appassionato di thriller capta abbastanza presto,ma non vuole accettare,perchè è la più elementare,ma anche la più efferata.A Halstrom si può imputare qualche lieve didascalismo,ma gli va dato atto di una buona mano nel dirigere gli interpreti e nel lasciar serpeggiare a dovere la suspence,fino ad un finale convulso che,rispetto al resto del racconto,gioca sulla forza di uno showdown totale.Un thriller interessante,di matrice europea,cui non manca niente per competere con pellicole con interpreti più fastosi e budget più imponenti che Hollywood esige.

lunedì 18 novembre 2013


COSE NOSTRE-Malavita (The family,USA/F 2013)
DI LUC BESSON
Con ROBERT DE NIRO,MICHELLE PFEIFFER,Tommy Lee Jones,Dianna Agron.
COMMEDIA/AZIONE
In qualsiasi gioco con le carte può capitare di trovarsi una mano che sembra invincibile,e invece,con lo svolgersi della partita,non tutto fila a puntino e si racimola molto meno di quanto potenzialmente si potesse fare.Succede anche nel cinema,quando un film che sta per uscire sembra avere ogni credenziale per diventare qualcosa di imperdibile,come grandi nomi nel cast,un regista conosciuto e per molti di culto,una trama magari non proprio sfolgorante di originalità,ma sapida e un genere come la black comedy,che se saputa realizzare,può dare numerose soddisfazioni sia a chi la fa,che a chi vi assiste."Cose nostre-Malavita" è un film che coinvolge grandi nomi del cinema USA per una produzione a metà francese,diretta da Luc Besson che,dopo gli anni Novanta che lo videro diventare un regista trendy,amatissimo da molti cinefili,poi messosi a produrre,e a dirigere i vari "Arthur e i Minimei":dal romanzo "Malavita" di Tonino Acquista,si immagina che la famiglia Manzoni,il cui patriarca è un uomo di mafia che si è affidato al programma di protezione dell'FBI,e infatti il gruppo si nasconde nella provincia francese,per sfuggire al clan di ex-protettori.Naturalmente,non è che Giovanni Manzoni e family si siano dimenticati delle vecchie abitudini,e alla prima occasione usano la violenza come pratico metodo di risolvere i problemi,di qualsiasi tipo siano...Poteva essere una satira gustosissima,con un De Niro che si fosse preso in giro da solo come capitava in "Terapia e pallottole",e invece Besson spreca la grossa occasione,vedasi la sequenza in cui,chiamato a commentare "Quei bravi ragazzi",De Niro/Manzoni non fa un numero memorabile come sarebbe lecito aspettarsi:finale a tutta adrenalina,qualche sorriso dispensato durante lo scorrere della narrazione,puro mestiere da parte di eppur bravi interpreti,ma si rimane a metà strada,fin troppo,tra commedia non brillantissima,e film criminale d'azione,vivace solo nel finale.

venerdì 15 novembre 2013


BURKE & HARE-Ladri di cadaveri
(Burke & Hare,GB 2010)
DI JOHN LANDIS
Con SIMON PEGG,ANDY SERKIS,Isla Fisher,Tom Wilkinson.
COMMEDIA
Realmente esistiti,Brendan Burke e William Hare divennero procacciatori di salme appena divenute tali per un eminente medico che impartiva lezioni di anatomia a Edimburgo,e uno dei due finì sulla forca dopo che gli investigatori scoprirono qual'era la loro attività:sullo schermo rivivono impersonati dai gaglioffi Simon Pegg e Andy Serkis,che per venir fuori dalla miseria impellente,si inventano appunto una proficua e insolita occupazione,fino a diventare,per facilitarsi le cose,assassini seriali.Black comedy a caratura nettamente britannica,nonostante sia firmata da un regista americano,e ripudiata in terra d'Albione da recensori e pubblico,"Burke & Hare" per molti ha rappresentato il ritorno a certi livelli,e al cinema,soprattutto,di John Landis,con un copione nelle sue corde,intriso di umorismo avvelenato e un'atmosfera tra il macabro e il goliardico.Merito anche della particolarità della storia narrata,di un cast funzionale,nel quale se possibile,il miglior commediante risulta Andy Serkis,il vero cinico del racconto,e di una buona ambientazione in una Scozia ricca di dettagli sordidi e fosca quanto basta.Però resta il fatto che Landis ha girato una cinquina (e un pezzo,considerando l'episodio di "Ai confini della realtà") probabilmente irripetibile tra il 1978 e il 1983,e poi ha vivacchiato,rimanendo a metà tra lo sposare le ragioni del box-office (soprattutto con Eddie Murphy come interprete) e il girare progetti anche troppo influenzati dalla sua forte personalità.E quindi,questo divertissement,sì caustico e poco fiducioso nella bontà dell'animo umano,ottiene qualche sorriso,è girato piuttosto bene,ma non lascia grande impronta in chi lo guarda.

mercoledì 13 novembre 2013



PRISONERS (Prisoners,USA 2013)
DI DENIS VILLENEUVE
Con HUGH JACKMAN,JAKE GYLLENHAAL,Terrence Howard,Paul Dano.
THRILLER
Due famiglie nella grande provincia USA,una bianca,una nera,che si incontrano a casa della seconda per festeggiare insieme il giorno del Ringraziamento.Il tacchino,il pranzo,chiacchiere in relax in salotto,e tutto procede regolare.Ma.Succede che le bambine più piccole di entrambe le famiglie escano attorno casa,e spariscano nel nulla,in un attimo tutto si scompone nel panico,forse è coinvolto un vecchio camper malandato fino a poco prima parcheggiato là fuori."Prisoners" è un thriller drammatico,che mette in scena uno spaccato d'America cui sottopelle pulsano segreti e un'indole violenta che mette i brividi.Ci sono persone che dispensano troppe certezze e si sentono in potere di infliggere punizioni atroci e giudizi implacabili,chi assiste senza partecipare a giustizia privata probabilmente troppo affrettata,e chi si rompe la testa a cercare di capirci qualcosa,in un dedalo di supposizioni,false piste e ombre copiose,alle quali solo dei collegamenti fortuiti (guidati comunque da una tenacia e da un fiuto investigativo evidente,che porta sulla pista giusta) rimedieranno portando alla verità.A noi italiani la crudele discesa nella spirale di una violenza perpetrata indisturbatamente tra le rassicuranti mura di una casa solitamente poco visitata,non può che ricordare "Un borghese piccolo piccolo",va da sè,e l'ostinata ricerca della giusta intuizione di Gyllenhaal rimanda a "Zodiac",che non contemplava comunque una soluzione netta.Denis Vileneuve ha il pregio di lasciare più di una domanda in sospeso,chiudendo su un dubbio,per dar modo allo spettatore di portarsi fuori dalla sala scorie di domande morali che il suo film pone:Hugh Jackman rende con il dovuto furore e l'ottusità che gli è propria un personaggio,sgradevole di natura,di padre austero e segnato da un episodio del passato,destinato a ritrovare la sua parte peggiore in un rancore senza freni,che apre e chiude la sua presenza sullo schermo con una preghiera,nonostante le crudeltà che sa commettere,mentre Jake Gyllenhaal ha il giusto approccio ad un ruolo teso e propenso a far valere raziocinio e metodo investigativo,e tra i bravi attori in ruoli secondari,di gran merito la prova di Paul Dano,nel ruolo del potenziale maniaco preso prigioniero,e forse ancor più potenziale vittima di un ragionamento non corretto.La tensione non cala mai in due ore e mezza di proiezione,e gli indizi sparsi nella narrazione giungono a coincidere al momento giusto,in una pellicola scabra e angosciante.Certo,non un film da consigliare a cuor leggero,ma se la Academy si ricordasse di "Prisoners" nelle nominations,non farebbe cosa errata.

martedì 12 novembre 2013


L'UOMO DALLE DUE OMBRE (De la part des copains,F 1970)
DI TERENCE YOUNG
Con CHARLES BRONSON,LIV ULLMAN,James Mason,Jill Ireland.
THRILLER/AZIONE
Emerso tra i tanti caratteristi del cinema americano negli anni Sessanta,Charles Bronson tenne in forma il roccioso fisico che aveva,e si specializzò in western,thriller e polizieschi negli anni a cavallo tra quel decennio,e quello successivo,e come altri colleghi,divenne star lavorando in diverse produzioni europee,tornando con il nome prima dei titoli in patria:sia in Italia che in Francia,l'attore dai baffi alla tartara,ha girato anche titoli di buona fattura,magari non eccelsi ma capaci comunque di intrattenere piacevolmente lo spettatore."L'uomo dalle due ombre" è un thriller d'azione che vede Bronson godersi uno yacht e una villetta in Costa Azzurra,con una bella moglie,e la figlia di lei in collegio:a guastare l'atmosfera idilliaca ci pensano delle vecchie conoscenze del protagonista,che si era associato con persone sbagliate quando era un soldato,e,minacciato e ricattato dalla squadra di bravacci,capitanata dall'antico ufficiale James Mason,deve assecondarli nello svolgersi di un piano che farà loro guadagnare molti soldi.Ovviamente il muscoloso Charles non ci sta,e,vestendo per tutto il film con una t-shirt blu che non si sciupa minimante,nonostante sparatorie,lotte all'ultimo sangue,cadute e salti,trova il modo di sgominare la gang,facendo fuori o neutralizzando uno ad uno i nemici.Nel film,diretto dal bondiano Terence Young,che con Bronson girerà anche "Joe Valachi",ci sono attori di livello come Liv Ullman e James Mason,che infatti hanno l'occasione di far valere i loro talenti recitativi in un paio di scene di suspence in cui si nota la caratura di questi interpreti,mentre a Bronson tocca più la parte d'azione,che gli calza infatti bene.Sbrigativo nella soluzione,sebbene nella seconda parte a volte dia l'impressione di tirarla un pò per le lunghe,"L'uomo dalle due ombre" è infine passabile.