mercoledì 30 gennaio 2013

LA MIA SIGNORA (I,1964)
DI TINTO BRASS,MAURO BOLOGNINI,LUIGI COMENCINI
Con ALBERTO SORDI,SILVANA MANGANO,Claudio Gora,Elena Nicolai.
COMMEDIA
Cinque episodi,di differente lunghezza,diretti da tre registi diversi per intenti,provenienza e stile,con un tema portante,la coppia borghese,esasperata,occasionale,mal composta,forzata,e una coppia d'attori scafata come Alberto Sordi e Silvana Mangano:se il primo e l'ultimo segmento,diretti da Tinto Brass,ostentavano un bozzettismo fin troppo rimarcato,seppure mischiato a una certa originalità di taglio,che infatti mettevano il cineasta veneziano in una posizione distaccata rispetto agli altri due registi,quello di Comencini verrà rifatto da Corbucci in "Rimini,Rimini",più di vent'anni dopo,con Jerry Calà al posto di Sordi,ovviamente in peggio,e gioca molto sulla bravura dei due interpreti e sui tempi quasi da pochade.Il meglio della pellicola sta nei due episodi di Bolognini:e se il primo,con Sordi malato in ospedale che viene quasi accusato da moglie,figlioletto e suocera della sua condizione,un pò invitato a levarsi anche di torno,a dirla tutta, ha però il respiro di un corto e forse va bene così,l'altro,con due persone coniugate a chi fa far loro la bella vita,e in poche ore consumano un'avventura che la sorte lascia tale,è ben realizzato,divertente e anche vagamente sentimentale.Ma soprattutto,quando viene parlato della bellissima coppia cinematografica Mastroianni-Loren,è curioso che non venga quai mai detto dell'analogo feeling fiorito tra Albertone e la splendida Silvana,che lavorarono assieme in più occasioni,e,qui lo si può notare più che mai,capaci di darsi la battuta su tutti i registri e toni,forse con qualche punto in più per la Mangano,per come sa adattarsi ai ruoli e ai frangenti narrativi.Tra i film a episodi,sottogenere particolarmente in voga negli anni Sessanta,e pian piano decaduto nelle decadi seguenti,è uno dei più riusciti.

martedì 29 gennaio 2013

CONFESSIONE DI UN COMMISSARIO AL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA (I,1971)
DI DAMIANO DAMIANI
Con MARTIN BALSAM,FRANCO NERO,Marilù Tolo,Claudio Gora.
DRAMMATICO
La lotta contro l'impasto osceno di mafia,politica e istituzioni al cinema passa per forza da Damiano Damiani,cineasta che,anche quando non al meglio,ci ha messo sempre un impegno accorato nel proporre storie che vedevano protagonisti tormentati da un sistema criminoso,oppure ,per quanto frustrati dai propri limiti,e dalla mancanza degli stessi del magma mafiostatale,conquistavano qualche punto,magari rimettendoci la vita."Confessione di un commissario..." è stato uno dei successi di pubblico del regista che veniva dal profondo Nord più sonori,e insieme uno dei suoi lavori più intinti di pessimismo nero:il commissario Bonavia non è certo un modello,ma è uno sbirro perspicace e a conoscenza del mondo mafioso,di come sfrutta la crudele manovalanza,e intreccia affari e delitti,mentre il magistrato Traini è un uomo legato ai princìpi,ferreo e non corrotto,ma che non ha capito che non è possibile nemmeno ipotizzare di affrontare certe realtà senza sporcarsi le mani:questo è il teorema,discutibile quanto si voglia,del film,che volge lentamente a una spirale di sconsolata negatività,spingendo a un confronto duro i due coprotagonisti,un Martin Balsam di sofferta adesione al personaggio dell'investigatore duro e colmo di dolore,e un Franco Nero rigido e imploso."Confessione di un commissario..."è una pellicola che si conclude infliggendo allo spettatore alcuna speranza nella possibilità di soluzione del sistema-Mafia,e va dato atto al lungometraggio di affrontare l'argomento con estrema serietà:anche se,narrativamente,è un pò strano che il personaggio di Bonavia compia le scelte che prende,presagendo di realizzare qualcosa come tirare un sasso in uno stagno.E la pellicola si chiude su un atto di coraggio solo presunto,sulla forza di guardare in faccia il Male,che se ne è stato ben nascosto seppure di fronte agli occhi,ma senza capacità d'azione vera e propria da parte dei "buoni".

lunedì 28 gennaio 2013

SLALOM (I,1965)
DI LUCIANO SALCE
Con VITTORIO GASSMAN,Daniela Bianchi,Beba Loncar,Adolfo Celi.
COMMEDIA
Con lo spropositato successo dei film di James Bond,negli anni Sessanta fioccarono le parodie un pò dappertutto,a volte riuscite,come "L'uomo di Rio",altre (la maggior parte) meno,come "James Tont" con Lando Buzzanca,e questa commedia avventurosa con Vittorio Gassman borghesuccio un pò rassegnato che si ritrova per caso e stando dietro a una bella bionda,in una girandola di vicende e trasferimenti internazionali per assomigliare alle imprese della spia più famosa del cinema.Prodotto da Mario Cecchi Gori,del quale Gassman era uno dei pezzi forti da giocare,"Slalom" è diretto senza convinzione da un Luciano Salce dichiaratamente non in vena:il duetto tra mariti con la voglia di sgattaiolare a caccia di gonnelle ad inizio film è tra i pochi momenti riusciti,Gassman ci mette una grande agitazione,ma verve poca davvero,e le bellezze dell'epoca Daniela Bianchi e Beba Loncar fanno un'affascinante figura,ma niente di più.Una commediola di pochissimo sapore,con qualche visione di paesaggi,siano montagne innevate o deserti investiti di sole,che forse potevano risultare allettanti,ma il tutto è decisamente dimenticabilissimo.

domenica 27 gennaio 2013

FRIGHT NIGHT-Il vampiro della porta accanto(Fright night,GB/USA 2011)
DI CRAIG GILLESPIE
Con ANTON YELCHIN,COLIN FARRELL,Toni Collette,Imogen Poots.
HORROR/COMMEDIA
I remakes dei film anni Ottanta riguardano non solo i grandissimi successi di pubblico,ma anche le pellicole di culto,come "Ammazzavampiri"(in America invece andò bene),che qui da noi conobbe un passaggio abbastanza fugace in sala,ma si guadagnò i galloni della stima di più recensori:vedendolo oggi è un horror con venature brillanti giovanilista,invecchiato fin troppo.Il canovaccio viene ripreso in questa nuova versione che vede l'Anton Yelchin di "Star Trek" nuovo corso nel ruolo del giovane protagonista,e Colin Farrell come vicino seduttore e inquietante,che è un crudele non-morto,che piace alla mamma del ragazzo e non è indifferente neanche alla fidanzatina graziosa e bionda.Diretto da Craig Gillespie,che aveva ottenuto buona considerazione per "Lars e una ragazza tutta sua","Fright night" versione 2011 non lesina sangue e denti squadernati,con qualche clichè classico,come lo status nerd del personaggio principale,i bulli della scuola,una madre che lo ha tirato su da sola.Tuttavia,la pellicola è girata abbastanza bene,e anche chi conosce già la storia,avendo visto l'originale,può divertirsi:se Yelchin è discretamente in parte,anche se un pò grandicello per le esigenze del ruolo,Colin Farrell è un cattivo fascinoso,una creatura notturna nella quale l'attore di origine irlandese dà una delle sue interpretazioni migliori e più misurate,curiosamente.Senza lo sgambetto ormai prevedibile di un accenno a un potenziale sequel (che pare proprio che verrà fatto....),"Fright night" è un prodotto ben confezionato,anemico per quanto riguarda la suspence,perchè ogni potenziale colpo di scena è assai prevedibile,però si lascia vedere,pur non donando allo spettatore niente di abbastanza interessante o originale da spedire nella sua memoria.

venerdì 25 gennaio 2013

DJANGO UNCHAINED (Django Unchained,USA 2012)
DI QUENTIN TARANTINO
Con JAMIE FOXX,Christoph Waltz,Leonardo Di Caprio,Kerry Washington.
WESTERN
Era scritto,che Quentin Tarantino dovesse arrivare a girare un western,nel corso della sua carriera:e non sappiamo quanto abbia tenuto a mente il vecchio adagio che recita che ogni regista americano vorrebbe realizzare "il" western definitivo e finale.Scavalcando le facili previsioni,il regista de "Le iene" non ha omaggiato maggiormente Sergio Leone in questo film più di quanto non abbia citato gli altri spaghetti western di Sergio Corbucci,che fece appunto l'originale "Django",ma pesca dal vasto armamentario incrociato di Italia & USA degli anni Settanta,con cowboys sulla neve e sparatorie sanguinarie,con proiettili che sfracellano i corpi alla Peckinpah.Si viaggia,come sempre nel cinema tarantiniano,su un mèlange vorticoso di immagini,musica e suoni accuratamente ordito per stupire lo spettatore,innescando con dialoghi pungenti una trama di colpi di scena e aguzzamenti della tensione narrativa spesso magistrali,contrapponendo alla violenza molto presente (qui si vede inquadrata forse meno di altre volte,ma vengono compiuti atti di una ferocia spaventosa,come uno schiavo fatto sbranare dai cani) una forte ironia di fondo a cementare agilmente il lungometraggio.Un eroe nero,cavaliere appassionato pronto a tutto pur di ritrovare l'amata,un mentore compagno di viaggio,maestro di vita e raffinato battutista,che è insieme il personaggio brillante e la coscienza critica verso un sistema razzista,avido e crudele,un ricco viziato,odioso e cattivissimo,un servitore nero ancora più corrotto del proprio padrone,che recita una parte in pubblico e in privato manifesta tutt'altra postura e maniere,una bella fragile da salvare.Tarantino,a dispetto di quanto sia stato accusato da Spike Lee,ha realizzato un manifesto antirazzista ultrapop,che inciderà forse più di altri messaggi sparati con maggior solennità,che apre con le note del "Django" di Rocky Roberts e chiude a sorpresa con il motivo di "Trinità",colorando di rosso sangue molte scene;realizzando in tre segmenti un'avventura che nella prima parte illustra la ribalderia primitiva degli Stati Uniti,nella seconda rallenta il passo e lavora di cesello e fraseggio,e nell'ultima avvia una sarabanda di regolamenti di conti all'ultima pallottola,che lascia il segno.

mercoledì 23 gennaio 2013

CONTRATTO PER UCCIDERE (The killers,USA 1964)
DI DON SIEGEL
Con LEE MARVIN,John Cassavetes,Angie Dickinson,Ronald Reagan.
THRILLER
Firmandolo come "Donald Siegel",e non presentando l'abbreviativo Don,Siegel realizzò questo remake del film di Robert Siodmak del 1946,basato ancor meno sul racconto di Ernest Hemingway che l'ha originato:una brutta storia di soldi,sicari,tradimenti in cui il presente si mescola giocoforza al passato dei personaggi,per spiegare la fitta trama di inganni che lo compone.Fu l'ultimo film da attore per Ronald Reagan,che poi si dette alla politica con i risultati che conosciamo,e c'è da dire che l'uscita di scena del presidente USA più imbrillantinato di tutti i tempi non è neanche male,.un carognone che ha calcolato quasi tutto al dettaglio,salvo,ovviamente,l'ultima complicazione,e quello che lanciò definitivamente Lee Marvin,che fornisce una prova ottima come canaglia con un minimo senso etico, come uno dei big tra i duri del grande schermo.La trama è gestita con gran perizia dal regista ,supportato da una buona sceneggiatura che incalza caratteri e spettatori con grintosa,sottile abilità,le tortuose giravolte di relazioni tra i personaggi tornano bene e spesso volgono ad un pessimismo che rende perdenti tutti,sia i buoni che i cattivi.Violento,e non poco,per i canoni del tempo,con esecuzioni e duri confronti a ripetizione,ha le sue migliori scene nell'avvio,con l'omicidio su commissione nell'istituto per non vedenti,e il finale,con il particolare delle gocce di sangue che illustrano efficacemente al pubblico come si sta mettendo la situazione.

domenica 20 gennaio 2013

BENVENUTI A ZOMBIELAND (Welcome to Zombieland,USA 2009)
DI RUBEN FLEISCHER
Con JESSE EISENBERG,WOODY HARRELSON,Emma Stone,Abigail Breslin
COMMEDIA/HORROR
Dopo l'overdose di vampiri,che si sono ritrovati in impicci sentimentali,attacchi a un futuro presidente degli Stati Uniti e altre facezie,stanno prendendo campo,dopo l'inaspettato successo della serie tv "The walking dead" pellicole sui morti viventi,che a breve aspetteranno a pioggia,con film anche costosi,tra cui "World War Z" che vede coinvolta una star come Brad Pitt.Se non altro la palma del primo arrivato spetta a "Benvenuti a Zombieland",che prevede un mondo invaso da morti semoventi e affamati di carne viva,in chiave di commedia giovanilistica,con un eroe coriaceo a far da supporto al trepidante e imbranato protagonista,e due sorelle malandrine a completare il quartetto di sopravvissuti che procedono lungo l'America,rimandando all'altro mondo coloro che sono diventati dei cannibali decerebrati.Il film,diretto da Ruben Fleischer,mostra un buon stile visivo,non dispiace nel mantenere un ritmo alto,e azzecca qualche gag divertente:però per essere un divertissement è anche troppo esplicito sul versante gore,gioca con il raccapriccio mescolandolo alla parodia non sempre a buon dosaggio di entrambe,e accumula troppe improbabilità logiche.Per diventare un piccolo cult non ha abbastanza mordente,e il cameo di Bill Murray è una delle trovate più azzeccate del film.E' già annunciato un sequel della pellicola,dopo la parentesi (?)seria di Fleischer con "Gangster squad" di imminente uscita al cinema.

venerdì 18 gennaio 2013

TESTIMONE D'ACCUSA (Witness for the prosecution,USA 1957)
DI BILLY WILDER
Con CHARLES LAUGHTON,MARLENE DIETRICH,Tyrone Power,Elsa  Lanchester.
GIALLO
Adattato da un racconto di Agatha Christie,poi divenuto dramma teatrale,"Testimone d'accusa" è uno dei gialli più celeberrimi e classici di Hollywood,insieme legal drama,thriller a combinazione,e gioco di prestigio raffinato sulle parti in processo,con un colpo di scena conclusivo molto azzeccato e benissimo gestito da regia e sceneggiatura.Billy Wilder con eleganza disegna i caratteri scanditi con forza di un avvocato vecchio,obeso,viziato e avvezzo a non farsi mancare vizi come fumo e alcool,un uomo accusato di aver ucciso una zitella con un  piano orchestrato a lungo,e una moglie che a sorpresa accusa nel processo il marito.Le cose,però,non sono affatto chiare,e la lettura dei fatti va filtrata ben oltre che con i codici di intelligenza e esperienza:anche il principe del foro,che mostra spirito deduttivo e tecnica sopraffina nello smontare tesi solide,capitolerà di fronte alla sbalorditiva verità sul come le cose stiano realmente,a processo già concluso. Grandioso Charles Laughton,che innaffia di sarcasmo le proprie battute e di pastosa classe d'attore il proprio ruolo,intensa e contenutamente sensuale Marlene Dietrich,ottimi Elsa Lanchester e Tyrone Power,nella fase avanzata delle loro carriere,utilissimi e in parte.Wilder non deluse quasi mai le aspettative del pubblico,sapendo costruire tensione narrativa e amalgamandola a sceneggiature di ottima resa,che fornivano battute e dialoghi di rara e preziosa consistenza.Un gran film,avvincente e intrigante

giovedì 17 gennaio 2013

LA MIGLIORE OFFERTA (I,2013)
DI GIUSEPPE TORNATORE
Con GEOFFREY RUSH,Sylvia Hoeks,Jim Sturgess,Donald Sutherland.
THRILLER/DRAMMATICO
Una trama tenuta segreta fino a quando la programmazione della pellicola non era proprio imminente,un cast internazionale,una produzione senza paure nè freni logistici,:il ritorno di Giuseppe Tornatore alla regia dopo i risultati positivi di "Bàarìa" è caratterizzato dai crismi del filmone d'autore,che rinnova i fasti del cinema italiano di Visconti e Fellini,dai quali star americane o inglesi venivano a farsi dirigere senza batter ciglio.La storia di un battitore d'asta dalla reputazione eccezionale,ricco e collezionista di circa 300 ritratti di donna dal valore immenso,che però non sa apprezzare l'esistenza,vive con raffinati guanti sempre addosso,e pratica una castità dettata più che altro dalla paura del contatto umano,ha una svolta quando è chiamato a gestire la vendita dei possedimenti di una giovane che si cela al mondo per una forma di agorafobia acutissima:di lì,tra momenti urticanti,negazioni,tranelli e compiacimenti parte una storia d'amore molto particolare tra l'uomo,non più giovane,che sembra la versione chic del laido Giacomo Rizzo de "L'amico di famiglia" sorrentiniano,con capelli tinti e una maniera di agire scostante e gelidamente composta,e una ragazza bella e dai tratti di una ninfa,misteriosa ,che gli svela lentamente il proprio passato."La migliore offerta" è tuttavia un thriller,sinuoso e che se la prende comoda,ma senza traccheggiare verso lo spettatore:costruito come un puzzle,di cui sfugge sempre qualche elemento per far quadrare la figura,l'ultimo lavoro di Tornatore ha una cornice fredda come il suo protagonista,ma verso la conclusione,come lui,trova il suo punto vulnerabile,e svela una natura morbida e romantica,come del resto molto del cinema dell'autore de "L'uomo delle stelle".Rush si prende la non semplice briga di interpretare un carattere che tiene lontana qualsiasi empatia con lo spettatore,tranne nel finale,nel quale comunque mantiene una distanza dichiarata tra sè e il prossimo:meno a fuoco Jim Sturgess,che non dà gran spessore al suo personaggio,mentre Sylvia Hoeks è un'apparizione fascinosa e ambigua,e di prammatica,Donald Sutherland riveste di un pacato rammarico le frasi del suo complice del protagonista.

mercoledì 16 gennaio 2013

ROCK OF AGES (Rock of ages,USA 2012)
DI ADAM SHANKMAN
Con JULIANNE HOUGH,DIEGO BONETA,Alec Baldwin,Tom Cruise.
MUSICALE

Fiasco di un certo livello,anche se desunto da un musical molto "trendy",lanciato la scorsa estate con diversi nomi di spicco nel cast in ruoli secondari,con l'apice in un Tom Cruise intento a fare il verso alle star del rock più glamour come Axl Rose,mostrato con il look capelli lunghi e tatuaggi enormi solo nel film,appena accennato nel trailer,"Rock of ages" è costato 75 milioni di dollari e ne ha incassati la metà sul suolo americano,segno inequivocabile di insuccesso.Diretto da Adam Shankman,che non aveva esattamente esaltato con "Hair Spray",anche se aveva raccolto anche pareri favorevoli,il film ha dalla sua una buona reinterpretazioni di brani di successo degli anni Ottanta,rivisitati con gusto citazionistico e abilità negli arrangiamenti,ed una filologica ambientazione in tal decade piuttosto felice,per ricostruzione e taglio dato alla pellicola:ma,in una storia che piazza ogni possibile clichè forse volendo essere ironica,ma senza riuscirci,di rara insulsaggine nel suo favolistico impianto,si registrano dialoghi così poco succosi,e malamente elaborati,a far da cornice alle canzoni,che un undicenne volenteroso probabilmente butterebbe giù meglio.Dei numerosi volti celebri presenti a far da coro alla coppia di sconosciuti Julianne Hough e Diego Boneta Giamatti rifà il numero del viscido un pò stancamente,Baldwin forse è il più divertente con il suo bolso appassionato di rock ruvidamente gay,e Tom Cruise e Malin Akerman realizzano un paio  delle scene di seduzione più ridicole,anche se volutamente goffe ed eccessive,cui ci siano capitato di assistere su uno schermo.Piuttosto restìo a trovare il finale,sviluppa anche un'uggiosità che finisce la maldestra opera.

lunedì 14 gennaio 2013


MANNAJA (I,1977)
DI SERGIO MARTINO
Con MAURIZIO MERLI,John Steiner,Philippe Leroy,Martine Brochard.
WESTERN
L'onda abbastanza lunga del "western spaghetti" era già praticamente passata,eppure alcuni ci credevano ancora,al punto da piazzare di nuovo uomini soli e in cerca di vendetta sopra un cavallo,armati e duri a morire:Sergio Martino usa un Maurizio Merli per una volta transfuga dal poliziottesco,ne fa un ammazzasette  del West che,per far tornare i propri conti intraprende un'ambiguo atteggiamente con i potenti del luogo, e aspetta di compiere la propria personale giustizia.Il pistolero si chiama Mannaja,perchè è abilissimo a lanciare l'accetta,come si nota fin dall'incipit,e come Django,pur sottoposto a tortura e condannato a morte quasi certa dai nemici,saprà spuntarla e,a suon di piombo, andarsene dopo aver mandato all'altro mondo chi ha fatto del male a lui e ad altri personaggi.Sergio Martino passa dal thriller erotico al mondo dei cowboys con scioltezza professionale,non azzecca tutte le mosse,perchè comunque c'è tantissimo dejà-vu in questo lungometraggio,che tuttavia ha buoni tempi narrativi,e si lascia vedere senza annoiare:Merli è meno a proprio agio che con giacca e maglia a collo alto,e pistola nella fondina ascellare,ma è abbastanza credibile,mentre John Steiner,al solito,fornisce un'interpretazione da anima corrotta di una certa efficacia.Molto vicino a "Keoma" con Franco Nero,dell'anno precedente,per atmosfera cupa e poco solare,e anche per la colonna sonora,che è debitrice di quella del film di Castellari,"Mannaja" è un esempio tardivo di western all'italiana,ma non tra i peggiori del genere.

sabato 12 gennaio 2013


LA REGOLA DEL SILENZIO (The company you keep,USA 2012)
DI ROBERT REDFORD
Con ROBERT REDFORD,Shia LaBeouf,Nick Nolte,Julie Christie.
THRILLER
In Europa li abbiamo chiamati "anni di piombo",ma anche in USA hanno avuto i problemi loro con i rami più radicali della contestazione che sono arrivati a compiere omicidi in nome della causa,estremizzando la risposta alle colpe dello Stato negli eccessi di forza,e nella repressione intesa come deterrente ai rischi di espansione dei movimenti di protesta."The company you keep",da noi malamente reintitolato come fosse un poliziesco nemmeno di serie A,è un thriller che vede un sopravvissuto di un'era politicamente lontana come i primi Settanta,che si è rifatto un'identità e un vissuto sotto altro nome,che viene raccapezzato da un giovane reporter di talento ma avvezzo a combinare guai,e per non rimanere incastrato in un meccanismo che annullerebbe la sua vita seguente,i suoi affetti,e molte persone legate a lui un tempo,inizia una fuga che in realtà è anche una ricerca di una risposta da parte di qualcuno che potrebbe scagionarlo dall'accusa infamante di un delitto compiuto durante una rapina in una banca per finanziare il movimento.Notoriamente conosciuto per tonalità sfumate,e per un'accorto uso della regia nel descrivere le storie scelte,Redford da regista sa manovrare la "ricerca del tempo perduto" del suo protagonista,descrivendo anche come la società occidentale sia cambiata,interrogandosi sugli errori di chi fu preso da troppo fanatismo,arrivando a giustificare l'assassinio come mezzo di lotta,e come tuttavia serva ancora lottare per un ideale:semmai,l'appunto da fargli è sulla scelta di voler interpretare una storia che sarebbe stato meglio far svolgere una quindicina di anni fa,e di essere poco credibilmente troppo in là con gli anni per impersonare,nel 2012,il personaggio del protagonista.Includiamo anche qualche forzatura cronologica,tipo l'età di un paio di personaggi,e questi sono i difetti di una pellicola comunque onesta nel voler discutere di pagine importanti,benchè compresse in una lettura spesso superficiale che i mass media forniscono di anni cruciali della Storia moderna,e della parata di facce note che hanno voluto recitare in questo thriller piuttosto teso,basato sulla narrazione,in cui l'unico colpo di pistola sparato è nel flashback iniziale.

giovedì 10 gennaio 2013


JACK REACHER-La prova decisiva (Jack Reacher,USA 2012)
DI CHRISTOPHER MCQUARRIE
Con TOM CRUISE,Rosamund Pike,Richard Jenkins,Robert Duvall.
THRILLER/AZIONE
Jack Reacher è un personaggio,protagonista di una dozzina di romanzi,thriller d'azione che lo vedono,ex-ufficiale della MP,la polizia militare,ritrovarsi nel posto sbagliato al momento giusto,e smontare complotti contro avversari sanguinari e ben organizzati.Lee Child,inglese trapiantato in USA,ha sfornato questi best-seller che in America e altri posti vendono molto,ma da noi non hanno mai trovato gran riscontro.Tom Cruise,in opposizione a Ethan Hunt,di "Mission:Impossible",ne fa un altro probabile protagonista di un brand che potrebbe durare a lungo,dato che i thriller con Reacher sono sì basati sull'azione,ma comprendono anche molto spazio lasciato alle deduzioni dell'investigatore non professionista,nomade per natura,inafferrabile e incapace di mettere radici:è vero,come hanno rilevato molti fans dei romanzi,che Jack Reacher sulla pagina è un colosso alto due metri e gigantesco,ma Cruise interpreta con un piglio da duro scafato,che non disdegna la battuta ironica,che fa passare sopra tale particolare.McQuarrie,che è nato sceneggiatore (de "I soliti sospetti") e qui è alla seconda regia dieci anni dopo l'esordio,sbaglia qualche passaggio,come il mostrare da subito chi c'è dietro il complotto che genera il massacro di inizio film,e l'eliminare anche troppo dal romanzo originario "One shot",però in un film di oltre due ore,mantiene un buon passo e confeziona una sequenza,perlomeno,da antologia come il duello tra automobili che culmina con una galleria presa contromano,da rinverdire i fasti di "Vivere e morire a Los Angeles".Non è dato sapere se ciò avrà un seguito,per il momento,ma non dispiacerebbe.

mercoledì 9 gennaio 2013


SHADOW (I,2010)
DI FEDERICO ZAMPAGLIONE
Con JAKE MUXWORTHY,Nuot Arquint,Karina Testa,Ottaviano Blitch.
HORROR
Ambientazione "particolare",tra i monti che si stendono tra Austria e Nord Italia,colori foschi e natura sospesa tra ghiaccio e foglie morte,un giovane uomo che per trovare un pò di pace,dopo aver visto cose orride in guerra ha intrapreso un viaggio nel silenzio,con una mountain bike,senza aver capito che procede a pedalata veloce verso l'inferno:opera seconda di Federico Zampaglione,"Shadow" per molti recensori è stata una sorta di rivelazione,con vari commenti di apprezzamento,dopo una stroncatura più o meno unanime del primo film diretto dal fondatore dei "TiroMancino",quel "Nero bifamiliare" che non aveva incontrato favori nè di critica,nè di pubblico.Nemmeno "Shadow",a essere onesti,ha avuto gran successo in sala,ma ci sono tutti i crismi per farne un film di culto,e già in Rete fioccano gli entusiasti per questo horror italiano girato con taglio europeo.Personalmente,trovo che i dialoghi siano quasi meccanici,ad una prima parte in cui al regista riesce di montare alla grande una suspence da horror montano al confine con spettacoli di alta tensione come "Un tranquillo weekend di paura",ne segue una seconda molto citazionista (Argento,è chiaro,su tutti) più claustrofobica e che deve molto alla moda del "torture horror" alla "Hostel",con un finale che i cinefili più attenti non mancheranno di prevedere.Però certe visioni sono di prim'ordine,qualche passaggio sospeso tra l'onirico puro (versione ovviamente incubo) e la paura innescata a regola d'arte con procedimenti ansiogeni molto azzeccati è decisamente buono,e insomma Zampaglione può crescere bene,se trova una sua chiave personale senza ricorrere troppo a citare cinema d'altri.Impressionante la silhouette scheletrica del ballerino svizzero Nuot Arquint,quasi una creazione dei peggiori momenti della mente durante una notte afflitta da mal di pancia.

RIO (Rio,USA 2011)
DI CARLOS SALDANHA
ANIMAZIONE
COMMEDIA/AVVENTURA
Raro esempio di macao blu,il pappagallo Blu,appunto,è diventato simile alla sua proprietaria,o meglio ancora la sua amica,che lo ha raccolto e allevato come fosse un suo simile:quando uno studioso giovane e un pò eccentrico propone alla ragazza di portare il volatile in Brasile per farlo accoppiare con l'unica altra superstite della sua razza,per prolungarla e darle nuova linfa,cominciano guai e avventure,dovute all'intervento di ladri di animali,con la nemesi di un grosso pappagallo che non disdegna le cosce di pollo arrosto.Carlos Saldanha,che lanciò "L'era glaciale",torna nel natìo Brasile per una commedia che mescola animali e esseri umani in un diluvio di colori e suoni,con una trama costruita su inseguimenti e fughe,apparentemente leggera leggera,che però fa passare il messaggio che bisogna seguire la propria natura,e che quando i piccoli crescono,è bene che prendano la propria strada,a dispetto di lacrime e malinconia.La meraviglia stupita del pappagallino protagonista di fronte alla natura imperiosa e alla colorita fauna,umana e animale,di Rio e del Brasile è anche un richiamo alla propria provenienza,l'istinto che chiama,il celebre "richiamo della foresta" che Jack London ambientò tra ghiacci e alberi innevati,si rinnova e si espande con una "saudade" quasi assurda,perchè Blu ha vissuto solo i suoi primi giorni in quel posto,ma non sfugge a tutto quello sopra descritto.Aggraziato e ben ritmato,avrà naturalmente un sequel,ambientato sempre a Rio de Janeiro nel 2014,anno di nuovi mondiali di calcio in Brasile.

lunedì 7 gennaio 2013


YOUNG ADULT (Young adult,USA 2011)
DI JASON REITMAN
Con CHARLIZE THERON, Patton Oswalt,Patrick Wilson,Elizabeth Reaser.
COMMEDIA/DRAMMATICO
Vena caustica e capace di dipingere analisi di costume serie e puntute vestendole da commedie al passo col tempo,Jason Reitman,su sceneggiatura,una volta ancora di Diablo Cody,racconta di una donna "sola come un uomo,e stronza come un uomo",per dirla con Vecchioni,un'ex-bella del paese (bella lo è ancora,ma vent'anni prima era una piccola regina) che non ha capito che se si pensa ancora di essere principesse oltre la trentina,forse si è fuori tempo,e si è ingabbiate in un ruolo autocostruito per nascondersi le sfumature gelide della realtà.Incurante dei disastri che può causare,per la picca infantile di ravvivare la passione con il grande amore dell'adolescenza,Mavis,la protagonista,che nel luogo natale pensa di rappresentare "quella che ce l'ha fatta",e si presenta come una famosa scrittrice per ragazzi,ma in realtà scrive episodi per una serie,e nemmeno con gran successo,e scopre di avere qualcosa in comune con un personaggio a parte,che ha subito l'ignoranza e la crudeltà della provincia nelle sue peggiori sfaccettature.Rispetto alle pellicole precedenti di Reitman,l'amarezza si fa più marcata,da sorridere ce n'è ben poco,se si esclude l'impianto di base e lo spunto,e "Young adult" è più apprezzabile come film drammatico in punta di penna,che come commedia velenosa:splendida la performance di Charlize Theron,che non fa alcuno sconto al proprio personaggio,rendendola odiosa anche quando finalmente tira fuori la propria disperazione con sincerità,una volta tanto,e c'è l'occasione anche per Patton Oswalt di ritagliare un personaggio doloroso e laconicamente disilluso,come appunto colui che la comunità ha prima indicato come omosessuale,senza accertarsene,e poi ha "punito" con una bravata che ha portato conseguenze gravissime,con disinvoltura da attore di talento.Per coerenza,e meno male,la protagonista non diventa buona,in fondo,le basta recuperare brevemente,per sapere che qualcuno la vede ancora come la diva eterna del paesello,per ritornare la carogna dagli occhi belli di sempre.Non è il film più riuscito di Jason Reitman,ma è comunque al di sopra,e non poco,di molti altri titoli "gemelli" che non possiedono nè un regista capace,nè il nerbo necessario per fustigare aspetti poco gradevoli della società.