sabato 30 marzo 2013


IL GRANDE E POTENTE OZ (The great and powerful Oz,USA 2013)
DI SAM RAIMI
Con JAMES FRANCO,Michelle Williams,Rachel Weisz,Mila Kunis.
FANTASTICO
A fronte di un costo enorme,si parla di 200 milioni di dollari spesi per produrlo,arriva sugli schermi mondiali il prequel di un classico del cinema fantastico,"Il mago di Oz",diretto da Sam Raimi:teoricamente potrebbe essere considerato un reboot e generare altri seguiti,ma i costi di questa operazione sono onerosi,anche se alla fine i 600 milioni necessari per poter laureare questo film come un successo assoluto potrebbero anche essere raggiunti.Si immagina che un prestigiatore d'accatto fugga in mongolfiera da un collega del circo geloso,e infili in un ciclone,che per magia lo porta in un'altra dimensione,cioè il regno di Oz,e si ritrovi scambiato per il leggendario Mago che dovrebbe riportare la pace nel mondo straordinario e popolato da creature fantastiche.ben presto sarà coinvolto in uno scontro tra prime donne,tra le due sorelle che ambiscono al trono della Città di Smeraldo,e una principessa decaduta,che incarna il Bene.Raimi è di sicuro un signor regista,però qui pare troppo intento a imitare Tim Burton,con spesso una sensazione di deja-vu e di rimandi a "Alice in Wonderland",tra l'altro non il migliore dei lavori del collega:Più che altro,"Il grande e potente Oz",per quanto spettacolare,dotato di scenografie ricche e poderose,spesso tende al lezioso,la regia sembra non sempre a proprio agio,come fosse in una dimensione non sua,spesso caramellosa,patinata,estetizzante al massimo livello.E gli effetti speciali,pur molto ben realizzati,non sono tra i più straordinari che si siano visti su schermo.Nel cast,delle tre Grazie,la migliore in campo è la sensualissima Rachel Weisz,che batte le più giovani colleghe Williams e Kunis,mentre James Franco è vistosamente fuori parte,stucchevole e per tutto il tempo dedito a fare smorfie,senza brillare.Intendiamoci,non è un brutto film,ma qualche scena ben girata,il vistoso impegno produttivo,non compensano una sceneggiatura a tratti ingolfata e scontata,che poteva rivelarsi ben altro se imperniata su una sorta di proiezione mentale del protagonista,come quasi sembra suggerire in alcuni punti:purtroppo la logica del voler piacere a tutti prende il sopravvento,e l'effetto-bon bon è garantito.Un'occasione sprecata.

COGAN-Killing them softly (Killing them softly,USA 2012)
DI ANDREW DOMINIK
Con BRAD PITT,Ray Liotta,James Gandolfini,Richard Jenkins.
NOIR
Sullo sfondo,dai televisori accesi si annunciano le elezioni del 2008 che portarono Barack Obama ad essere il primo presidente afroamericano degli Stati Uniti,ma gli affari loschi,i giri di soldi e il sangue che scorre per mano di killer prezzolati continuano come prima:piani alti della malavita decidono di schiacciare delle mezze tacche che hanno fatto una rapina a pezzi grossi intenti a giocarsi un pò di soldi a poker,e coinvolgono il glaciale e pratico sicario Jackie Cogan,interpretato da Brad Pitt con look alla Nick Cave,che snocciola la propria filosofia professionale e coinvolge un altro assassino per compiere l'operazione:Andrew Dominik gira il suo terzo film,in ambiente quasi contemporaneo,e con sguardo da "down-under" racconta una storia noir con i suoi ritmi mai accelerati,attento all'estetica cruda eppure disinvoltamente raffinata,di inquadrature difficilmente prevedibili o banali,soprattutto nei momenti topici.La violenza che mostra ha un che di urticantemente vero,e qui,pur omaggiando l'action alla hongkonghese in un paio di sequenze,fa esplodere ogni dettaglio con una potenza non in dote a tutti i registi.I rapporti contorti tra i personaggi fanno parte del suo gioco,il dialogo tra killers in una stanza d'albergo,che vede Pitt di fronte ad un alterato James Gandolfini,è uno dei momenti migliori di questa pellicola,troppo frettolosamente liquidata come poco convincente da alcuni recensori;ma del resto era una sorte capitata anche al più riuscito "L'assassinio di Jesse James...".Qui,se c'è da trovare un difetto,sta in qualche passaggio che forse gira un pò a vuoto,ma il sarcasmo disincantato con cui Dominik ricorda che in America tutto è business,dalla politica al crimine, è di quelli che mordono al collo.Brad Pitt è un interprete che sta migliorando stagione dopo stagione,sempre più dedito a mettersi al servizio di regia e sceneggiatura,e come nel titolo precedente del regista,il cast attorno è ricco di attori di serie A impegnati in personaggi di contorno,vedi,oltre al citato Gandolfini,anche il nevroticamente impettito Richard Jenkins,e lo sbrindellato Ray Liotta.Un noir moderno,maligno e con chiare radici letterarie.

mercoledì 27 marzo 2013


IL BRACCIO VIOLENTO DELLA LEGGE N. 2
(French connection II,USA 1975)
DI JOHN FRANKENHEIMER
Con GENE HACKMAN,Fernando Rey,Bernard Fresson,Philippe Leotard.
POLIZIESCO
Uno dei primi sequel veri e propri di Hollywood,o almeno che portavano il numero nel titolo,dopo l'affermazione agli Oscar de "Il padrino parte II",è "Il braccio violento della legge n.2",il cui precedente episodio aveva vinto cinque Academy Award quattro anni prima:la regia,passata di mano dal più "autore" William Friedkin al più avvezzo al cinema thriller e action John Frankenheimer,non c'è più Roy Scheider ad accompagnare la missione del duro a oltranza Jimmy "Papa" Doyle a Marsiglia,ove ha un conto in sospeso con il raffinato trafficante di droga Charnier (il confronto  tra lo sbirro proletario e rude e il delinquente agiato ed elegante è tra le cose migliori del dittico).Più portato a inquadrare le azioni di polizia con occhio attento alla verosimiglianza,il sequel di uno dei polizieschi più celebri di sempre ha un taglio accurato,un espediente intelligente,come la cattura e la costrizione alla tossicodipendenza da parte del protagonista,da parte del nemico, e tutta la sequenza della prigionia ha un'atmosfera ai confini dell'horror,compresa l'apparizione della vecchia signora con le braccia distrutte dalle "piste" per drogarsi.Personaggio "anti" per natura,Doyle è impersonato da Hackman con ancor maggiore aderenza,comprese le durissime scene della disintossicazione,non meno forti di quelle de "L'uomo dal braccio d'oro":il suo poliziotto,talmente ossessionato dal proprio mestiere e dal furore dei propri intenti da passare su ogni cosa come un tank,in un finale da cardiopalma si gioca tutto,all'ultimo respiro,letteralmente (bellissimo l'effetto sonoro del respiro mozzato del personaggio nel silenzio degli ultimi minuti di film) per compiere la propria vendetta e investire ogni ultima residua energia per abbattere l'uomo che l'ha prima fregato,poi rischiato di rovinare per sempre.Peccato che non ebbe un successo di pubblico pari al primo capitolo,ma è un film poliziesco girato benissimo,recitato con piglio brusco e schietto,e diretto con ottimo senso del cinema.

martedì 26 marzo 2013


NON APRITE QUELLA PORTA 3D (The Texas chainsaw massacre 3D,USA 2013)
DI JOHN LUESSENHOP
Con ALEXANDRA DADDARIO, Dan Yeager,Tanya Raymonde,Trey Songz.
HORROR
Non è un remake,ma un vero e proprio prosieguo dell'horror che rese noto il nome di Tobe Hooper agli appassionati di cinema pauroso e non:vero che ci sono già stati dei sequel,di cui uno diretto dallo stesso regista,ora,con l'avvento del 3D,era abbastanza scontato che prima o poi venissero girati dei lungometraggi che riportassero in auge i babau più celebri per riciclarli al tempo della stereoscopia.Naturalmente ci sono degli incauti che si avventurano,a carissimo prezzo,in zona Leatherface,diventando materiale da macello,letteralmente,e qui c'è una vendetta incrociata tra famiglie rivali,eredità malate,e massacratori che si sentono nel giusto più degli altri.Forse l'intento di regia e sceneggiatura era sottolineare certi aspetti orridi dei profondi USA,con la naturalezza con cui ci si procurano armi,ovviamente destinate prima o poi a essere usate,e sì che "Texas Chainsaw Massacre" ha sempre posseduto un cuore nero e familista,in fondo,sottolineando come sia meglio non rompere troppo le scatole alle unioni di sangue,se non si vuole finire sottoterra,o peggio,appesi o debitamente fatti a tocchi.Il nuovo film sull'assassino gigantesco con la sega a motore e il volto di qualcun altro cucito sul proprio a mò di maschera procede sanguinario e attento a dettagli deliziosi come la cucitura tra guancia e maschera del killer,e un disgraziato tranciato in due nella cantina-habitat del mostro.ma suspence vera e propria neanche a parlarne,compreso un presunto colpo di scena che dovrebbe esserci quando la protagonista pensa a un certo punto di essersi salvata.Tanto per dare un'idea dei personaggi,la scena che dovrebbe essere tra le più spaventose della pellicola,la perlustrazione della casa degli orrori da parte di uno sbirro tutto testosterone e piombo ("Ho due caricatori e cerco solo un buon motivo..."),viene attraversata dall'osservazione del poliziotto che,dopo essere passato per stanze inondate di sangue,bacinelle con parti umane e presumibile odore di morte dappertutto,esclama "Trucchi da donna?!?Brutto frocio....!".Tanto per dire.....

lunedì 25 marzo 2013


BENVENUTO,PRESIDENTE!
(I,2013)
DI RICCARDO MILANI
Con CLAUDIO BISIO,Kasia Smutniak,Giuseppe Fiorello,Gianni Cavina.
COMMEDIA
Già pronto prima delle elezioni politiche più confuse a memoria d'italiano,"Benvenuto,presidente!",che nel titolo si riallaccia ai due grandi successi consecutivi con protagonista Claudio Bisio,che si è rivelato asso da box-office a cinquant'anni,è una commedia che vede il cittadino qualunque Giuseppe Garibaldi,eletto per un giochetto di politicanti scafati presidente della Repubblica italiana.Dopo un primo momento di sgomento e forte perplessità sia dello sbigottito "alieno" al Quirinale e dell'opinione pubblica,l'uomo porta umanità e un atteggiamento da brava persona che conquista il Paese,mette sotto scacco i tre rappresentanti Nord,Sud e Centro (di sinistra non pare nessuno....),che a quel punto coinvolgono un maligno specialista dei Servizi per distruggere il potenzialmente pericoloso neo-Presidente:il protagonista si innamora della sua assistente,balla con la delegazione cinese sotto gli effetti di alcool e marijuana (usata per sbaglio al posto dell'origano sulla pizza),si mette la maschera e fa il clown in un ospedale per bambini,e incastra il corruttore dei Servizi.Il film di Milani è una favola dichiarata,per carità,con intenti anche apprezzabili,ma ha,tra i difetti,quello di sembrare scritto da un bambino di nove anni:dopo una cena la Cina,per pura simpatia,compra 200 miliardi di debito pubblico di un altro paese?E il presidente del Brasile,dopo aver passato una nottata a fare quattro chiacchiere con il sensibile presidente nostrano ne fa comprare altrettanti dalla propria nazione?Ma di che si parla?E un agente espertissimo,che ha sul groppone buona parte dei disastri che hanno afflitto l'Italia negli ultimi cinquant'anni si fa buggerare che neanche in un fumetto di Topolino?Ma di che si parla?E ancora,come mai un uomo così retto,così ferreamente onesto quale il protagonista ha un figlio così debosciato,egoista,trafficone e imbecille?Del cast la migliore appare Kasia Smutniak,che presta un pò di sfumature al personaggio della rigida assistente che si scopre poi provenire da una realtà molto alternativa,mentre,se Bisio appare stretto in un personaggio troppo positivo per essere reale,gli altri attori intorno forniscono poca verve a personaggi unidimensionali.E la cosa migliore del film è la giusta domanda rivolta agli italiani sulla quota di loro responsabilità sullo stato delle cose,politiche e sociali,troppo spesso abili ad additare come unici colpevoli i politici,dimenticando troppo facilmente di essere quelli che hanno dato mandato più e più volte a quelli che a voce alta disprezzano.

mercoledì 20 marzo 2013


DIE HARD-UN BUON GIORNO PER MORIRE (Die Hard:a good day to die hard,USA 2013)
DI JOHN MOORE
Con BRUCE WILLIS,Jay Courtney,Sebastian Koch,Yulia Snigir.
AZIONE
A quasi un quarto di secolo dal suo arrivo sul grande schermo con l'ormai titolo di riferimento "Trappola di cristallo",John McClane ritorna a spaccar tutto e vender cara la pellaccia,contro nemici nuovi,sempre in zona terrorismo,ma a conti fatti più attenti a fare un gran gruzzolo che a rincorrere pur assurdi ideali.Il quinto episodio della serie del poliziotto puntualmente malconcio ma indistruttibile si svolge in Russia e Ucraina,tra Mosca e Chernobyl,e l'eroe parte per andare ad aiutare il figlio,con il quale,ovviamente,non ha un buon rapporto,e che sui titoli di testa abbiamo sparare a sangue freddo a una persona.Diretto da John Moore,che dei quattro registi che hanno condotto la serie sembra quello più banale di tutti ( e non che Renny Harlin nè Len Wiseman siano mai sembrati gran cosa....),"Die Hard-Un buon giorno per morire" si sviluppa,in pratica,su tre scene d'azione,con una trama esilissima e senza gran nerbo,tra un inseguimento interminabile tra McClane senior e il figlio,per le strade della capitale russa,una resa dei conti all'ultima pallottola in un deposito di scorie nucleari,e il finale che vede coinvolto un elicottero da combattimento.Se il quarto,pur esageratamente inverosimile,e procedente per accumulo di spacconate,aveva comunque un ritmo sostenuto,qui si va sul garantito ma prevedibilissimo,forse addirittura siamo ad un livello di esagerazione minore,ma basti Willis che,arrivato da poco a Mosca,in una città che conta quindici milioni di abitanti,ritrova quasi subito il figlio evaso da un'aula di tribunale,per dire la pochezza dell'inventiva di chi ha sceneggiato questo episodio di troppo delle avventure stanche per quanto energiche di un personaggio che ha figurato ben altrimenti.Se lo stagionato Bruce ci mette mestiere,e tutto sommato se la cava,il lanciato Jay Courtney,che abbiamo già visto coinvolto in cose russe in "Jack Reacher",non sembra granchè espressivo,e Moore,che aveva convinto già poco con "Max Payne",non fa di meglio,dirigendo questo lungometraggio,che,costato 90 milioni di dollari,in USA è quello che ha incassato meno degli altri quattro,con 65,ma in giro per il mondo,Cina compresa,è già oltre i 260.Scommettiamo che verrà trovato il verso di dare una sesta avventura a McClane?

IL SOSPETTO (The suspicion,USA 1941)
DI ALFRED HITCHCOCK
Con JOAN FONTAINE,CARY GRANT,Nigel Bruce,Cedric Hardwicke.
THRILLER
Una delle più celebri sequenze del cinema di Alfred Hitchcock,e non solo del suo,è quella in cui Cary Grant porta un bicchiere di latte alla consorte Joan Fontaine,e la protagonista ha il sospetto che sia avvelenato,e noi spettatori con lei:in realtà,per quasi tutto il racconto sviluppato dalla trama de "Il sospetto",pensiamo che il bellimbusto viziato e dissipatore che ha impalmato a sorpresa la benestante signorina in odor di zitellaggio per il temperamento vagamente rustico,sia un potenziale assassino,le bugie che racconta e di cui si scopre la natura sembrano confermarlo,e si arriva al finale con una forte tensione per capire quando la protagonista subirà il tentativo di omicidio da parte del marito.Hitch gestisce bene una storia narrata con eleganza e cura dei dettagli nell'elaborare la teoria del personaggio principale femminile,che il pubblico continua ad avvalorare,in contrasto con il fascino marcato del personaggio del marito,tutto slanci e improvvise zone d'ombra,e la suddetta scena,per la quale il regista trovò l'escamotage di mettere una torcia nel bicchiere per far brillare il liquido e creare la giusta suspence,è il climax del film.Generalmente,non è uno dei titoli più citati del grande regista inglese,eppure dell'Hitchcock prima maniera è uno dei lavori con maggior qualità formale e sceneggiato con bravura notevole,visto che la storia si permette un clamoroso rovescio proprio nelle sequenze finali,dopo averci cercato di convincere in tutti i modi che eravamo nel giusto,fomentando i sospetti sulle intenzioni di un Cary Grant continuamente in odor di malefatta.Perciò,diviene un'accusa al troppo facile saltare alle conclusioni,e,come altri film del regista di "Psyco",è un altro lungometraggio che parla d'amore ,ma in modo psicologicamente complesso,a sottolineare che i sentimenti siano territorio troppo sconnesso per il passo preciso della Ragione,e solo i fatti sanno dare risposte chiare,e non le supposizioni,nè l'analisi ragionata delle sensazioni.Joan Fontaine venne giustamente premiata con l'Oscar,per una protagonista reale,combattuta tra timore e slancio amoroso,un "cavallo selvatico" che si fida segretamente del proprio cuore fin quasi alla fine.

lunedì 18 marzo 2013


IL LATO POSITIVO (The silver linings playbook,USA 2012)
DI DAVID O.RUSSELL
Con BRADLEY COOPER,JENNIFER LAWRENCE,Robert De Niro,Chris Rock.
COMMEDIA/DRAMMATICO
"Dramedy" esplosa nelle nominations agli ultimi Oscar con otto candidature,e sei per le categorie maggiori (film,regia,attori protagonisti,attore non protagonista,sceneggiatura),"The silver linings playbook" (titolo delicato e non facilissimo da rendere tradotto) è divenuto "Il lato positivo",e potrebbe risultare una delle sorprese dell'anno anche a livello di buon riscontro da parte del pubblico.Alla fine solo Jennifer Lawrence ha ottenuto il premio Oscar,ma David O.Russell è un probabile futuro vincitore,perchè è già la seconda volta che porta un interprete a guadagnarsi la statuetta per un ruolo "borderline" e recitato con impegno e bravura,senza andare sopra le righe:il racconto vede due giovani a rischio emarginazione,intelligenti ma ai quali le avversità conosciute nella loro esistenza (lui ha trovato la moglie sotto la doccia con un collega,lei è rimasta vedova improvvisamente) hanno complicato parecchio la vita,e nella comunità vengono chiacchierati e considerati poco frequentabili.Bradley Cooper fornisce la sua fin qui migliore interpretazione,in un ruolo energico e rischioso,Jennifer Lawrence è stata insignita a pieno merito dell'Academy Award per un personaggio memorabile,tosto e fremente di desiderio,rabbia e voglia di vivere,con zone fragili bene esposte,e finalmente abbiamo l'occasione di rivedere recitare come si deve Robert De Niro nel ruolo di contorno del padre del protagonista,anch'esso non proprio del tutto convenzionale.Un film recitato e diretto assai bene,che non perde mai ritmo e si conclude con un messaggio di ottimismo,nonostante i problemi,gli inciampi e le cadute rovinose,che è contagioso.

IL PRINCIPE ABUSIVO (I,2013)
DI ALESSANDRO SIANI
Con ALESSANDRO SIANI,Sarah Felberbaum,Christian De Sica,Serena Autieri.
COMMEDIA/SENTIMENTALE 
Debutta nella regia anche Alessandro Siani,che già da un pò,grazie alla consacrazione commerciale dovuta al dittico "Benvenuti al Sud",e "Benvenuti al Nord",occupa i posti alti delle classifiche degli incassi cinematografici italiani.E lo fa con una commedia a sfondo favolistico,che pesca nello spunto un pò da "Innamorato pazzo" con la premiata coppia Celentano-Muti,e anche dall'episodio del recentissimo "Colpi di fulmine",ma qui semmai si può parlare di poca fantasia da parte degli sceneggiatori:perchè la storiella della principessa di un immaginario reame che si innamora dello scansafatiche caciarone e di buon cuore è abbastanza improbabile già di suo,se poi è la base di due commedie dalle alte ambizioni al botteghino,vuol dire che siamo a poco estro davvero,soprattutto da parte di chi scrive e produce.Tuttavia,il giochetto è riuscito:il film,per ora,ha totalizzato circa 14 milioni di Euro alle casse dei cinema,e sarà quasi sicuramente tra i maggiori sette incassi della corrente stagione.Siani regista e protagonista ha sottolineato più volte che ha voluto rifuggire dalla volgarità ed è vero che nel suo film c'è attenzione a questo:però,ad una prima parte che strappa qualche sorriso alla buona,ne segue una seconda melassosa e un pò noiosa,che diventa una "pieraccionata" in chiave campana,con happy end d'obbligo,e numeri da musical per la coppia Christian De Sica (che comunque mette scafata  abilità e un garbo che solitamente non sfoggia in altre interpretazioni) e Serena Autieri un pò fuori luogo ma che sembrano dei passaggi obbligati vista la storia professionale dei due.In sostanza,un esordio ruffiano,  qua e là moderatamente divertente,che non offende nessuno,ma che in pratica dice pochino.

venerdì 15 marzo 2013


UN BACIO E UNA PISTOLA (Kiss me deadly,USA 1955)
DI ROBERT ALDRICH
Con RALPH MEEKER,Albert Dekker,Cloris Leachman,Maxine Cooper.
NOIR
Mike Hammer,creazione di Mickey Spillane,non ha avuto grandi fortune sullo schermo,a parte la serie tv con Stacy Keach dei primi anni Ottanta:Robert Aldrich realizzò questo noir per l'epoca molto duro e crudo,con un attore dotato come Ralph Meeker nel ruolo del detective privato,che tuttavia non sfondò come nuova star (ma fu chiamato da Kubrick e fornì un'eccellente interpretazione in "Orizzonti di gloria")."Un bacio e una pistola" è un cult per molti cinefili,giocato tra ombre e luci artificiali,con una propensione a mostrare la violenza molto esplicita,per i canoni vigenti a metà anni Cinquanta,qualche allusione erotica,e le donne a regolare l'intera vicenda.Perchè è un'autostoppista vestita solo di un impermeabile che Hammer raccoglie mentre la donna corre e cerca aiuto che innesca la vicenda (per finire uccisa poco dopo,senza che il detective possa intervenire),è una donna forse disturbata mentalmente che il protagonista tiene nascosta nella propria casa,per far sì che non venga assassinata anche questa:e alla fine ad aprire,letteralmente,un vaso di Pandora,sarà sempre uno dei personaggi femminili che,spinto da un'avidità cieca,causerà una sorta di Apocalisse,e non per modo di dire.Aldrich come spesso gli è accaduto,gira e dirige attori e scene con senso pratico,da autore senza fronzoli,ma capace di masticare grande cinema come solo ai grandi registi è uso fare:e qui c'è una prima parte leggermente macchinosa,ma appena il racconto diviene più dichiaratamente hard-boiled e truce,i colpi di scena si susseguono,la suspence aumenta e si giunge ad un finale nerissimo senza perdere un colpo.Nel noir,uno dei titoli da non perdere,e non solo nel genere specifico.

BUONE NOTIZIE (I,1979)
DI ELIO PETRI
Con GIANCARLO GIANNINI,Angela Molina,Aurore Clement,Paolo Bonacelli.
GROTTESCO
Peccato che Elio Petri se ne sia andato presto,e a soli cinquant'anni abbia chiuso la sua esperienza di vita:il cinema italiano ha perso un regista di talento,capace di vedere lontano e di saper infilare un sarcasmo netto nelle proprie opere,prendendo a sberle parti della società senza portare nessun deferente rispetto.E peccato che la sua carriera si sia conclusa dopo "Buone notizie",che non è un titolo riuscito,anche se l'apparato televisivo che Petri qui mette in burla,descrivendo la crisi personale e professionale,ma soprattutto di uomo e maschio di un dirigente Rai,ormai annegato in un cinismo di comodo che fa pari solo con le sue insicurezze virili,e non saprà cogliere una reale situazione di pericolo circa un amico,che pure gli ha segnalato certi allarmi,ma è stato scambiato puramente per paranoico e ossesso.Il film è un apologo a carica grottesca piuttosto definito,ma si perde in uno sproloquio continuo e senza gran trama,con un Giancarlo Giannini sopra le righe tutto il tempo (anche se,è vero,è il personaggio che comunque lo richiede),e difficoltà a far sogghignare lo spettatore,che difficilmente si trova non a disagio con questo lungometraggio.Meglio del protagonista Paolo Bonacelli,che fornisce una delle sue interpretazioni al sapor di surreale molto in tono con un personaggio stralunato e lamentoso,mentre le belle signore presenti,come Aurore Clèment,Angela Molina,Ombretta Colli,sbeffeggiano,possiedono,mortificano l'uomo di Potere insicuro del proprio ruolo,della propria carica sessuale,dei propri obiettivi.E alla fine,in un tripudio di carta straccia,in cui annaspa il personaggio principale,emerge l'amara considerazione di un cineasta di valore che aveva ben presente certi difetti della società italiana e occidentale,e sapeva riderne,o perlomeno non prenderla troppo sul serio,mordendo con vigore.Ma qua aveva fatto meglio negli intenti,che nello svolgimento.

martedì 12 marzo 2013


BATTLESHIP (Battleship,USA 2012)
DI PETER BERG
Con TAYLOR KITSCH,Alexander Sarsgaard,Liam Neeson,Rihanna.
FANTASCIENZA/AZIONE
Progettato per essere uno degli smash hits del 2012,"Battleship" si fonda sul celebre gioco della "battaglia navale",e infatti dietro c'è la casa produttrice Hasbro.Si immagina che degli alieni,chiamati in causa in buona fede dai terrestri,scelgano di inviare delle navi di strabiliante potenza distruttiva e sfidino,in mare aperto e in uno spazio circoscritto da una barriera tirata su dagli stessi extraterrestri conquistatori,alcune delle portaerei e dei cacciatorpedinieri più avanzate della Marina USA.Dopo aver subito il tremendo fuoco degli incursori venuti dal cosmo,i marinai si organizzano,guidati dal più alto in comando rimasto,il "maverick",la testa matta che all'inizio abbiamo visto inguaiarsi per conquistare una sventola bionda in un locale (è naturalmente la figlia dell'ammiraglio Liam Neeson,che cerca di andare in soccorso dei combattenti).Ecco,il film di Peter Berg è tutto sommato qui:certo,ci sono effetti speciali potenti,esplosioni e scontri sull'acqua,ma si galleggia sulla retorica patriottosa,a bandiere a stelle e strisce spiegate a pieno vento,frasi che cominciano e finiscono con "Signore!",personaggi che anche in una telefonata privata intercalano con "Affermativo!Chiudo!",e la trama ,per rimanere in tema,fa abbastanza acqua.Un pò di politicamente corretto,che non guasta,e quindi gli eroi possono essere anche la splendida bionda figlia del comandante,e un soldato nero e con protesi artificiali,da decorare in un finale entusiasticamente tronfio.Di Berg si era capito che sguazzava in zona ultrà-repubblicana,infatti qui una delle navi che danno filo da torcere al nemico venuto da lontano si chiama "Ronald Reagan",e se Neeson qui offre niente di più che una delle diverse marchette che ha collezionato,Kitsch l'anno scorso si è trovato in più grosse produzioni che dovevano lanciarlo come uno dei nuovi sex-symbol oppure una nuova star,ma non ne è andata bene una,e di Rihanna esordiente sul grande schermo non si capisce l'utilità,dato che offre una monoespressività pari solo alla bellezza del suo volto.Tendente al monotono e con qualche spacconata oltre l'inverosimile (la nave che getta le ancore e si mette per traverso,onde cannoneggiare al meglio lo scafo nemico),"Battleship" è uno dei kolossal più anonimi degli ultimi anni.

lunedì 11 marzo 2013


L'ASSASSINIO DI JESSE JAMES PER MANO DEL CODARDO ROBERT FORD
(The assassination of Jesse James by the coward Robert Ford,USA/CAN 2006)
DI ANDREW DOMINIK
Con BRAD PITT,CASEY AFFLECK,Sam Rockwell,Jeremy Renner.
WESTERN  
Nessuno sopravvive alla propria leggenda,soprattutto se questa aleggia e insieme alla gloria dà anche un peso che opprime.Il bandito Jesse James venne ucciso dal complice Robert Ford,una storia che si è ripetuta quasi sempre,anche perchè è più facile che un malvivente venga colpito alle spalle da qualcuno di cui si fida,che da chi gli dà la caccia.L'australiano Andrew Dominik ha realizzato un western che predilige gli scontri verbali e le attese ai colpi di pistola sparati in maniera fulminea,su un fatto che compone il mito del Far West come altri,l'ultima parte della vita del fuorilegge che assieme al fratello Frank per anni aveva imperversato rapinando banche e treni,e l'ombra che era stato il giovanissimo Robert Ford,che gli sparò da dietro,in casa."L'assassinio di Jesse James per mano..." è un ottimo film,pastoso,che si prende il tempo necessario per dipingere un'epica malinconica e in cui il sentore di morte pervade tutta la storia,nella quale due forme di ossessione hanno modo di crescere e intrecciarsi,quella di James per se stesso e la paranoia crescente nello scoprire che non riusciva a gestire più le cose,e quella di Ford che aveva creato una sorta di idolatria fatta,forse,anche di amore platonico per l'uomo che ammirava fin da bambino e avrebbe voluto imitarne vita e gesta.Le musiche dolenti di Nick Cave,che incedono con veemente sinuosità,accompagnando immagini a volte maestose,in cui Dominik mostra di ammirare il cinema di Terrence Malick,aiutano a comporre una grande tragedia americana,in cui non si perdona a qualcuno di aver abbattuto una leggenda,anche se questa era dalla parte sbagliata della società.Una delle migliori interpretazioni di Brad Pitt,che dona magnetismo e nevrotico spaesamento al ritratto fascinoso che offre di Jesse James,e Casey Affleck si prende sulle spalle un ruolo sgradevole,nel quale,da interprete capace,fa confluire invidia,frustrazione,immaturità,incertezze e rabbia.Nel cast si notano Sam Rockwell,Jeremy Renner ,allora giovani promesse,e Sam Shepard,nel ruolo di Frank James.E in un contesto in cui i colpi di pistola esplosi sono meno di quanto solitamente il cinema western ci ha abituato,i rumori degli spari e le conseguenze mortali che hanno sanno impressionare lo spettatore più del solito.

ANNA KARENINA (Anna Karenina,GB 2013)
DI JOE WRIGHT
Con KEIRA KNIGHTLEY,Aaron Johnson,Jude Law,Kelly MacDonald.
DRAMMATICO
Uno dei più famosi e celebrati romanzi,non solo della letteratura russa,ma mondiale,che ha avuto diverse versioni su schermi grandi e piccoli,con celebri star ad interpretare l'eroina infelice che nella Russia zarista di fine Ottocento si immola,incastrata tra i giudizi della "buona" società,per essere adultera e portatrice di scandalo:bastino i nomi di Greta Garbo e Vivien Leigh,e nella versione scritta da Tom Stoppard è Keira Knightley ad assumere passione e tormento della moglie del ministro dello Zar che si perde d'amore per un giovane e aitante ufficiale.La mossa geniale,c'è da dirlo,è l'ambientazione in un teatro che,invece di "bloccare" il respiro del racconto,colleziona invenzioni visive,che la regia elargisce senza parsimonia,con una vena poetica che affida a colori e al raffinato montaggio il compito di sedurre lo spettatore.Recitato con sobrio vigore da un cast disposto a seguire la regia,che imbastisce,appunto,sostenuta da una sceneggiatura ingegnosa,il film di Wright potrebbe essere uno dei nuovi film di culto di questa decade,già da ora:difficile mettere mano a un classico senza dire qualcosa già sentito,ma questa versione del libro di Tolstoj sa affascinare chi si è immerso nelle pagine del grande scrittore e chi non ha letto quel romanzo,condensando in due ore di spettacolo vivo e corposo una mole di pagine notevole,senza sprecare la sostanza di tema e cuore narrativo.E l'immagine finale,a tragedia avvenuta,compensata in parte da una storia d'amore parallela che invece ha potuto fiorire a dispetto di difficoltà elevate,dell'erba che è cresciuta e ha invaso l'intero teatro è una delle più belle di questa stagione al cinema.

sabato 9 marzo 2013


THE GREY (The Grey,USA 2012)
DI JOE CARNAHAN
Con LIAM NEESON,Frank Grillo,Dermot Mulroney,James Badge Dale.
DRAMMATICO/AVVENTURA
Inspiegabilmente uscito da noi un anno circa dopo la sua apparizione sugli schermi americani,nonostante il buon risultato a livello di incassi (è andato comunque meglio in patria che all'estero),"The Grey" racconta la drammatica vicenda di un gruppo di sopravvissuti ad un incidente aereo tra i ghiacci dell'Alaska,che si ritrova lontano dal mondo abitato,nella neve,circondato e braccato da un branco di lupi famelici.Guida lo sparuto drappello un uomo che come lavoro abbatteva gli stessi animali per tenerli lontani dagli operai delle trivellazioni,con un dolore dentro che lo corrode,che sarà spiegato solo nelle ultime scene,verso una possibilità di salvezza,ma è una lotta durissima contro il tempo e una Natura che non perdona debolezze o passi falsi.Joe Carnahan realizza quello che è fin qui il suo titolo migliore,un dramma avventuroso che non cede quasi mai a spacconate tipiche del cinema d'azione,ma rappresenta un ritorno ad un'avventura classica,che vede l'Uomo in conflitto con l'ambiente,senza le facili scorciatoie delle cose che possono proteggerlo,tornare ad uno stato quasi silvestre,e scontrarsi in posizione di svantaggio con i lupi.Il lungometraggio avvince,anche se ha qualche lieve cedimento nella parte centrale .Ma attenzione a parlare di lupi cattivi e di spirito antianimalista:vero è che la scena in cui gli uomini mangiano il lupo che li aveva attaccati poteva essere realizzata con meno insistenza,toccando il limite del compiaciuto,però va detto che la parabola del racconto non offre zone consolatorie,la crudeltà del Destino e della lotta per la sopravvivenza è resa con vigore e nitida energia:fino a giungere ad un finale impregnato di un lirismo ispido, alla John Milius (con,appunto,tutti i chiaroscuri relativi al cinema di un cineasta criticabile quanto dotato di una poetica selvaggia),in cui viene celebrata,pur nella sconfitta e nell'accettazione di un riequilibrio naturale che ci vede questa volta in ginocchio,un'ultima riserva di umanità sincera,toccante e che porta a stridere commozione e furore.Liam Neeson offre la sua migliore interpretazione da anni in qua,con un personaggio complesso e lacerato,e "The Grey",nel quale verso il finale c'è una bella citazione da un altro titolo controverso quale "Sfida senza paura" di e con Paul Newman,si risolve in un film che cerca una spiritualità densa e decisa,oltre il sangue,oltre la paura,e oltre la perdita della speranza.

venerdì 8 marzo 2013


EDUCAZIONE SIBERIANA(I,2013)
DI GABRIELE SALVATORES
Con ARNAS FEDARAVICIUS,John Malkovich,Vilius Tamalavicius,Eleanor Tomlinson.
DRAMMATICO
Si parla russo,e si parte dagli anni Ottanta per giungere quasi al Duemila,ma "Educazione siberiana",tratto dal romanzo omonimo dello scrittore-personaggio Nicolai Lilin,è sia per racconto che schemi un western:anzi,meglio,un "eastern",in cui l'ineluttabile confronto finale tra due ex-ragazzi cresciuti insieme ma differenti per indole,valori e senso di appartenenza al clan è il medesimo di un duello nel Far West.Spesso violento,alterna spesso i flashback alla narrazione dell'azione corrente,con il giovane Kolima divenuto un soldato delle Forze Speciali russe,post-sovietiche,che dà la caccia a dei trafficanti di eroina,ma con un segreto assunto,che si porta dentro da anni.Se da un lato si può dire che questo,come altri titoli diretti negli ultimi dieci anni  da Gabriele Salvatores,abbia una certa discontinuità,dando al pubblico momenti di cinema di serie A in tutto e per tutto,e in altri punti dando una sensazione di sostanziale superficialità,c'è da dire che il cineasta gira senza paura,e i suoi lavori hanno un respiro internazionale,senza i limiti di ripresa,di costrizione che a volte il nostro cinema mostra nettamente.E non è una questione di budget,ma di vero e proprio senso del cinema,ed è per questo che un film come "Educazione siberiana" probabilmente sarà venduto bene sui mercati esteri:a parte l'importanza di un nome come John Malkovich,che fornisce una prova in souplesse,meno gigionesca di come si poteva ipotizzare,questo lungometraggio è appetibile anche fuori dai confini italiani per costruzione,ritmo,tecnica,e conduzione attoriale.Tra i non famosi protagonisti della convulsa vicenda,nota di menzione per Eleanor Tomlinson,che dona leggerezza ad un personaggio tragico e poeticamente squilibrato.

KODA FRATELLO ORSO (Brother Bear,USA 2003)
DI AARON BLAISE,ROBERT WALKER
ANIMAZIONE
AVVENTURA/FANTASTICO
L'animazione al computer aveva già fatto la sua robusta irruzione nel mondo dei cartoon,facendo sembrare già "vecchi" prodotti di buona fattura come "Il pianeta del tesoro","Atlantis",e questo "Koda,fratello orso",che erano già stati messi in cantiere dalla Disney:nell'era della tecnologia avanzata guai a perdere il passo,perchè le logiche di mercato sono spietate,e infatti questi film citati non hanno avuto il successo preventivato."Brother bear",però,a fronte di un modesto riscontro commerciale in patria,ha ottenuto a livello internazionale ottimi incassi,ed è anche meritato,perchè è una favola che ha ancora qualche lato troppo al miele,però affronta argomenti come il rapporto tra Uomo e Natura puntando il dito verso gli squilibri e l'arbitrarietà innata del primo verso la seconda,la scomparsa di un congiunto e la possibilità di scelte diverse da quelle canoniche,e di seguire il proprio cuore anche al di là delle appartenenze.La parte subito dopo l'inizio,che vede la scena della caccia realizzata in maniera avvincente,è un pò macchinosa,ma il film intraprende una via colorata e suggestiva a una forma di spiritualità non balzana,che coinvolge lo spettatore,fino a un finale toccante,capace di sfiorare corde sincere,sulla fratellanza e sulla scelta di non ricorrere alla violenza,sulla forza di non avere paura di quel che non si conosce.Mettiamoci anche un approccio alla Natura insieme rispettoso e fiducioso,senza perdere di vista l'incontrollabilità della stessa,e amandola.Non uno dei risultati più alti a livello di animazione,ma un soggetto che si fa voler bene e apprezzare,da non sottovalutare.

mercoledì 6 marzo 2013


THE HORDE (La horde,F 2009)
DI BENJAMIN ROCHER,YANNICK DAHAN
Con ERIQ EBOUANEY,JO PRESTIA,JEAN PIERRE MARTINS,AURELIEN RECOING.
HORROR
Presentato al festival di Venezia qualche stagione fa.accolto positivamente dalla maggior parte dei recensori,soprattutto giovani,e da svariati cinefili,"La horde" (perchè quell'inutile articolo inglese nella versione distribuita italiana?Non era uguale,o anzi meglio lasciarlo in originale?) è un horror della nuova scuola francese,la quale non lesina effetti gore,spesso presenta personaggi e storie spietati,osa molto di più dell'analogo cinema nostrano,che trent'anni fa era tra i più visti e citati,e con budget molto ridotti,e punta su una visione quasi disperata,che raramente apre all'ottimismo nel finale.E' così anche per questo horror diretto a quattro mani,che vede poliziotti e criminali unirsi per necessità (come in "Distretto 13" di Carpenter,ma in versione più splatter) per far fronte ad un'orda,appunto,di zombie contagiati da un morbo misterioso e rapidissimo a rianimare i morti e dar loro una foga cannibale di una certa proporzione.Il film di Rocher e Dahan ha dalla sua il ritmo,la capacità di immergere lo spettatore quasi da subito nel vivo dell'azione,ma nelle scene più dettagliatamente orrorifiche,forse per sopperire ad una produzione relativamente scarsa di denari,monta immagini spesso confuse,che vorrebbero far aumentare il grado d'angoscia nello spettatore,ma più che altro rende difficile capire davvero quale dei personaggi (quasi tutti odiosi,per un motivo o un altro,salvo il poliziotto che ha anche la scena più memorabile,quella in cui fronteggia una torma di cadaveri famelici armato solo di due pistole e un machete) venga ucciso o sopravviva.Che ci siano sottotesti politico-sociali può darsi,ma in altri titoli del genere venivano resi meglio,e soprattutto misterioso l'accanirsi di una quantità di zombie in un singolo palazzo per dare la caccia a una manciata di appetibili vivi.Probabilmente un pò sopravvalutato,qua e là monotono,sufficientemente sporco e cattivo per impressionare qualcuno,può contare su una certezza:i suoi sono gli zombie più rumorosi e sbraitanti mai visti in un film.

ROBA DA RICCHI (I,1987)
DI SERGIO CORBUCCI
Con LINO BANFI,PAOLO VILLAGGIO,RENATO POZZETTO,LAURA ANTONELLI.
COMMEDIA
Campioni d'incasso del cinema comico italiano (soprattutto Villaggio e Pozzetto,Banfi più nele seconde visioni,ma attivissimo), tra gli anni Settanta e gli Ottanta,tre attori vengono messi in altrettanti episodi,con belle donne intorno,tra quelle più anelate dal maschio italiano dell'epoca (Serena Grandi,Laura Antonelli,Francesca Dellera),in situazioni da pochade,con corna,sotterfugi,intrallazzi,bugie e figuracce varie,e dati in gestione a un esperto di film di buon risultato al botteghino come Sergio Corbucci:questo è "Roba da ricchi",commedia che seguì di pochi mesi il discreto successo di "Rimini,Rimini",in cui tutto ciò era amplificato per numero e storie narrate,rimettendo insieme Villaggio a inseguire le prorompenti forme di Serena Grandi come assicuratore in una stinta versione al pesto de "La fiamma del peccato",Pozzetto una volta ancora in abito talare a rappresentare l'incubo erotico di una principessa in vacanza sulla Costa Azzurra,Banfi ricco puttaniere che "deve" offrire la moglie immalinconita ad un musicista squattrinato.Sceneggiato in sei,e questa è la cosa avvilente,perchè da sei esperti in copioni c'era da aspettarsi di meglio,il filmetto procede goffamente con soluzioni prevedibilissime,senza riscuotere una grande allegria,mostrando qua e là scampoli delle grazie delle belle in scena,e facendo ripetere ai comici in cartellone numeri stanchi,nei quali il meno peggio,forse,risulta Lino Banfi per la grinta volenterosa che ci mette.Inoltre,questo lungoemtraggio non fece grandi cifre,e fu tra quelli che cominciò a segnare il declino di una certa comicità.

lunedì 4 marzo 2013


IL MIO NOME E' REMO WILLIAMS
(Remo WIlliams:the adventure begins,USA 1985)
DI GUY HAMILTON
Con FRED WARD,Joel Grey,Wilford Brimley,Kate Mulgrew.
AZIONE
A giudicare dal titolo doveva essere il primo di una serie,questo "Il mio nome è Remo Williams":dai romanzi di "The destroyer",si parla di un eroe che,dato per morto,è rinato con un nuovo nome,quello del titolo appunto,che non usa armi ma un'arte marziale inventata e che castiga coloro che delinquono e si fa addestrare da un esperto coreano dagli opinabili punti di vista ma dalle doti straordinarie.Fu contrapposto a Rambo,che uscì nella stessa stagione,sottolineando la differenza tra questo e Remo Williams,meno propenso ad usare una violenza devastante,più umano e ironico,ma il box-office dette ragione al reduce con la fascia stretta attorno alla testa,e "Il mio nome è Remo Williams" rimase un unico tentativo di creare un nuovo personaggio seriale.La regia di Guy Hamilton,che aveva realizzato alcuni dei capitoli bondiani più celeberrimi e amati ("Missione Goldfinger","Vivi e lascia morire") porta esperienza e capacità di saper gestire l'azione e la dimensione avventurosa,Fred Ward non ha la faccia dell'eroe classico,ma ci mette una virilità ben scandita e una faccia da schiaffi onesta e vissuta,Joel Grey impersona un bizzarro asiatico:il film procede spedito e diverte,con una sequenza sulla Statua della Libertà di straordinaria resa e avvincente.Peccato che in alcuni passaggi e soprattutto nel finale,il lungometraggio ha un sapore troppo televisivo,e non coinvolge lo spettatore con suspence,benchè dichiaratamente cerchi sempre il lato ironico della vicenda.Sicuramente migliore di come la critica lo trattò all'epoca della sua uscita,forse non abbastanza particolare per essere cult,ma spiritoso e godibile.

domenica 3 marzo 2013


THE LAST STAND-L'ultima sfida (The last stand,USA 2013)
DI KIM JI-WOON
Con ARNOLD SCHWARZENEGGER, Jaimie Alexander,Forrest Whitaker,Rodrigo Del Toro.
AZIONE
Insieme funzionano ancora,come dimostrano gli ottimi risultati commerciali dei due "Expendables",e divisi rendono poco? Gli eroi vintage del cinema action,giunti in zona sessanta primavere (e oltre,in molti...),incoraggiati dal gran successo dei due titoli capeggiati da Sly Stallone si sono rimessi in carreggiata e hanno ricominciato a fare gli ammazzasette incuranti della decadenza fisica e del tempo che è passato:Bruce Willis è tornato per la quinta volta a impersonare John McClane,Stallone si è fatto dirigere da Walter Hill e Arnold Schwarzenegger si è appuntato una stella al petto e,sotto la regia del coreano Kim Ji-Woon,che ha conquistato elogi critici e attenzione internazionale con "Il buono,il matto,il cattivo" si fa sotto contro un narcotrafficante dai mezzi apparentemente infiniti in questo "The last stand".Però il botteghino non ha accolto entusiasticamente i tre film citati qui sopra,e chissà se i progetti messi in cantiere dai divi dell'esplosivo genere che tra regolamenti di conti all'ultimo sangue,una battutaccia e una miriade di salti via dalle deflagrazioni andranno in porto.Qua Schwarzie,tornato definitivamente al cinema,non lesina ironia,e questa è la cosa migliore,oltre ad una buona qualità della fotografia,di un film che per la prima metà viaggia monotonamente su inseguimenti in auto e forze miracolosamente in pugno al cattivo,che squaderna plotoni di sicari e mezzi fantascientifici (un braccio metallico che ruba dalla strada il cellulare sul quale stanno accompagnando in penitenziario il villain...,misteriose jeep che escono dal buio e triturano un posto di blocco a suon di colpi di mitra),poi va meglio.Perchè il confronto finale è molto western,esagerato,abbastanza sanguinario,ma non evita di sottolineare la non verde età del protagonista:invecchiato peggio dei colleghi (sarà stata la responsabilità politica?),l'austriaco divenuto americano tuttavia si conferma uomo di cinema esperto e scafato,e concede ai compagni di scena abbastanza spazio.La regia mette di suo qualche scena non banale (la sfida tra macchine nel campo di grano,il duello a mani quasi nude sul ponte al confine),ma non è uno tra i titoli interpretati dall'ex-Terminator di cui ci ricorderemo più a lungo.