sabato 30 novembre 2013


MACHETE KILLS (Machete Kills,USA 2013)
DI ROBERT RODRIGUEZ
Con DANNY TREJO,Démian Bichir,Michelle Rodriguez,Mel Gibson.
AZIONE
Dopo l'exploit che aveva messo insieme buoni incassi a livello mondiale,e un certo apprezzamento dei recensori,che avevano gustato il trash elettrizzato a livello di autoparodia del primo capitolo,torna il vendicatore messicano Machete,impersonato ancora da Danny Trejo,che a oltre sessantacinque anni ha ottenuto di essere protagonista per la prima volta,dopo tantissime partecipazioni da caratterista:questa volta lo ingaggia addirittura il presidente USA (impersonato da Carlos Estevez,per la prima volta Charlie Sheen con il nome di famiglia),per sequestrare un terrorista connazionale dell'eroe (Démian Bichir),che ha un disturbo della personalità,e il cuore collegato ad un meccanismo che,in caso di morte,si innesca e lancia un missile nucleare su Washington.C'è di mezzo il cattivo,sadico e sarcastico,impersonato da Mel Gibson,e un turbine di manze spettacolose quanto pericolose,da Michelle Rodriguez a Amber Heard,passando per Sofia Vergara,e dice la sua pure un killer chiamato "Il Camaleonte" che sfoggia via via le fattezze di Cuba Gooding jr.,Lady Ga Ga e Antonio Banderas.Come si sarà capito,ci troviamo ad un divertissement ad alto tasso di colesterolo,con una regia che gioca entusiasta,e consapevole,con uno scatenamento di violenza così impetuosa e senza freni da essere per forza parodistica.Però,se il gioco,con un tantino di critica alle politiche xenofobe di certa America,nella prima avventura di Machete era riuscito bene,qua è come mangiare una vasca di gelato:l'effetto saturazione arriva abbastanza presto,le carambole di arti mozzati,teste che volano,gente che muore in maniera spettacolare e nei modi più disparati,con un plot abbastanza balzano e fondato,praticamente,tutto su una fuga e una sfida a chi manda all'inferno più nemici,dopo mezz'ora di proiezione ingolfano il piacere della visione e si fanno prevedibili.Già promesso un terzo sviluppo,nello spazio,con parodia di "Star wars" già avviata qua,ma gli incassi questa volta hanno dato seriamente torto a Rodriguez,e chissà se i produttori hanno voglia di dare un'altra chance al baffuto guerriero dai metodi omicidi così pratici.Probabilmente,sarebbe meglio fermarsi qui.

mercoledì 27 novembre 2013


THOR-The dark world (Thor:The dark world,USA 2013)
DI ALAN TAYLOR
Con CHRIS HEMSWORTH,NATALIE PORTMAN, Tom Hiddleston,Christopher Eccleston.
FANTASTICO
Ritorna sugli schermi,per la terza volta in due anni e mezzo,il figlio di Odino,il Dio del Tuono,prestato dalla mitologia nordica al mondo dei fumetti Marvel,e ora divenuto una star anche sul grande schermo:cambio in cabina di regia,da Kenneth Branagh,approdato alla serie dell'analista-action man Jack Ryan,a Alan Taylor,trionfatore in tv con "Il trono di spade",ma sempre di nazionalità britannica.E in Inghilterra viene ambientata anche la parte "terrestre" del racconto,dato che al nuovo director non era garbata granchè l'ambientazione in New Mexico del primo capitolo (ma nei fumetti,che sono americani,funziona così,e Londra con Thor c'entra pochino davvero...):torna in scena la scienziata Jane Foster,amore terrestre del vigoroso biondone da Asgard calato,e si scatena una nuova guerra tra un Elfo malvagio di nome Malekith e gli abitanti del regno di Odino,con riarruolamento del fratellastro infido Loki,su un crinale tra tradimento e lealtà che contribuisce a dar sapore al film.L'avvio in terra d'Albione,per la verità,è un pò macchinoso,ma quando comincia il conflitto con gli Elfi Oscuri la regia imbrocca una chiave epica,ma non senza ironia,che porta la pellicola ad essere un sequel di buona fattura,trovando uno scontro finale,che si svolge "sforando" i mondi di appartenenza,ad alta tensione e giocato benissimo.Eccleston è un malvagio mefitico di una certa,crudele efficacia,Hemsworth,Portman,Hopkins,la Russo e gli altri compari del Regno caro ai barbari venuti dal Nord riprendono con abile padronanza i ruoli che sono loro assegnati,ma le carte migliori capitano in mano a un Tom Hiddleston di salutare sarcasmo.Chiusura su un nuovo villain dal volto noto (non sciupiamo la sorpresa...),e chissà quale sarà la prossima metropoli da devastare,negli scontri tra supercattivi e supereroi.

martedì 26 novembre 2013


RISATE DI GIOIA (I,1960)
DI MARIO MONICELLI
Con ANNA MAGNANI,TOTO',Ben Gazzara,Fred Clark.
COMMEDIA/DRAMMATICO
Tra i titoli solitamente meno citati e celebrati di Mario Monicelli,ma anche di Anna Magnani,Totò e Ben Gazzara,"Risate di gioia" ha conosciuto negli anni una riconsiderazione, soprattutto critica,non indifferente.La storia dei due guitti di serie C che vengono coinvolti in una nottata stramba di Capodanno,da un ladro che deve piazzare un colpo,e hanno a un certo punto uno scatto di dignità,al contempo dandosi una dimostrazione d'affetto sincera,nonostante la loro sfortuna cronica e la loro non-qualità,viene da due racconti di Alberto Moravia condensati,e per il regista viareggino,fresco reduce dai trionfali "I soliti ignoti" e "La grande guerra" fu un inciampo,soprattutto a livello commerciale.Ambientato in una Roma gaglioffa,zuppa di personaggi meschini e cinici,con un retrogusto che chi lo ha definito felliniano non ha esagerato per nulla,il film parte con grinta da commedia e finisce con malinconia pur strappando un ultimo sorriso nella scena conclusiva,e ammicca all'ottimismo forse scellerato,forse semplicemente vitalistico dei due personaggi principali nella chiusura.Anna Magnani,in versione bionda con parrucca,alterna pose da fatalona a una seducente verve schietta come poche possedevano,Totò si riserva una parte da spalla,dando la battuta con sapienza alla collega,e Ben Gazzara,nella parte infame dello sfruttatore con troppo pelo sullo stomaco,faceva già vedere doti da attore di vaglia,specialista nello sparare lampi dagli occhi.Un'operina a metà tra neorealismo leggero e cinema del boom aspro.

lunedì 25 novembre 2013


IL CECCHINO (Le guetteur,F/I/B,2013)
DI MICHELE PLACIDO
Con DANIEL AUTEUIL,MATHIEU KASSOVITZ,Olivier Gourmet,Luca Argentero.
POLIZIESCO
Prodotto con capitali francesi,italiani e belgi,"Il cecchino" non ha avuto una gran fortuna a casa nostra,e si torna all'annosa questione del "prodotto medio".Perchè,indubbiamente,Michele Placido,quando gira scene d'azione,è uno dei migliori in Europa,e non ha niente da invidiare a professionisti del genere dei colossi USA:la sequenza d'apertura di questa pellicola è strutturata benissimo,le accelerazioni della trama in tal senso messe al posto giusto,con una buona dose di cose inverosimili,o perlomeno poco credibili (con un cellulare,perchè portare un pericoloso criminale in un'auto normale e neanche blindata?come fa uno dal tetto di un palazzo a rintracciare una persona in fuga,nascosto in un vicolo,dopo pochi minuti essere già di fronte al fuggiasco?),ma da noi ha avuto una distribuzione poco accorta,ed un'accoglienza freddissima.Pòlar con fin troppe sottotrame,non sempre svolte benissimo,ha dalla sua un buon ritmo,la costruzione dei caratteri principali,che secondo la miglior tradizione rivelano chiaroscuri ben delineati,e ha una buona chiusura,che appunto evidenzia la natura tendenzialmente western di questo tipo di film:uomini disposti a giocarsi la pelle e tutto quel che comporta in una sfida,senza tornare indietro,ognuno con un carico diverso sul groppone.Auteuil caratterizza con l'abilità che gli si riconosce un tutore della legge troppo distratto dalle proprie ossessioni,Kassovitz non è forse l'interprete più adatto per un ruolo ambiguo e profondo come il tiratore del titolo,Gourmet sa essere ripugnante e credibile come falsa vittima,non se la cavano male gli italici Luca Argentero e Violante Placido,nei due personaggi peggio trattati dalla sceneggiatura,gli amanti votati alla tragedia,lui malvivente,lei donna consapevole dei rischi di una relazione con lui.In una doppia apparizione a sorpresa,Michele Placido e Fanny Ardant offrono un cameo ad un passo dal kitsch,ma funzionale.

domenica 24 novembre 2013


PAIN & GAIN-Muscoli e denaro (Pain and gain,USA 2013)
DI MICHAEL BAY
Con MARK WAHLBERG,DWAYNE JOHNSON,Anthony Mackie,Rebel Wilson.
COMMEDIA/AZIONE/GROTTESCO
Una storia demenziale,non fosse costata morti veri:il racconto del fanatico del body-building Danny Lugo e dei suoi compari,che nella Miami degli anni Novanta mise su un delirante progetto per fare soldi a palate e "sfondare",secondo la filosofia dell' "American Dream",che prevede che per chiunque ci sia la Grande Occasione.Michael Bay ne ha tratto ispirazione per fare il suo "film d'autore",costato assai meno dei soliti suoi lavori,23 milioni di dollari di budget (che non sono un'esagerazione per i costi hollywoodiani,ma neanche noccioline...),e ha letto la vicenda in chiave grottesco-sarcastica:nelle intenzioni "Pain & Gain" avrebbe dovuto risultare una parodia alla Tarantino,con,appunto,accelerazioni di violenza insensata e un'esaltazione del kitsch d'America onde prendersene gioco.Non che sia del tutto fallimentare,questo film:si salva grazie al cinico sarcasmo con cui vengono tirate le somme,e se pure,come letto in alcune recensioni,c'è un relativo cattivo gusto a ironizzare aspramente su fatti reali in cui sono morte delle persone,per quanto discutibili (ma anche in "Fargo" si faceva),non c'è assoluzione per i tre idioti pompati a oltranza che non hanno la minima coscienza,nè il minimo senso della realtà,che arrivano a torturare o uccidere come se alzassero altri dieci kili alla panca dei pesi.Un pò troppo lungo,di grana grezza soprattutto nelle parti in cui vorrebbe definirsi maggiormente sul versante commedia,curiosamente ha il suo miglior interprete nel voluminoso Dwayne Johnson,ex-"The Rock",che qui dimostra un'autoironia non da poco.

venerdì 22 novembre 2013


KICK ASS 2 (Kick Ass 2,USA/GB 2013)
DI JEFF WADLOW
Con AARON-TAYLOR JOHNSON,CHLOE GRACE MORETZ,Jim Carrey,Christopher Mintz-Plasse.
COMMEDIA/AZIONE
Il 2013 ha visto tre sequel vicini tra loro nel lasso di uscita nelle sale,di film di forse inaspettato successo usciti,più o meno,tre anni prima:il box-office ha sentenziato che se va bene una volta,al di là della riuscita del seguito,certi exploit devono rimanere unici.Si sta parlando di "Red 2","Machete Kills" e "Kick Ass 2".Usciti con un certo battage pubblicitario,costati più degli originali,non hanno fatto gioire i produttori,ma probabilmente,appunto,dovevano semplicemente non essere prodotti:si parla a livello economico,non di qualità dei film.La quale,in questo caso,non è infima,certo,ma l'idea degli emuli dell'eroe mascherato era già espressa sufficientemente nelle prime scene de "Il cavaliere oscuro",e la miscela ironia-violenza era già al limite nel primo capitolo:Kick Ass,supereroe senza poteri,con la sua bella dose di maldestra capacità di inguaiarsi,trova un gruppo di "colleghi" intenti a ripulire i quartieri dalla delinquenza,capitanati da un bizzarro individuo meno giovane (interpretato da Jim Carrey),ma nello stesso tempo vede allontanarsi da sè la compagna di ventura Hit Girl,giunta all'adolescenza con i palpiti,i tremori e le inquietudini di quella fase della vita.Torna alla ribalta il demenziale cattivo che è l'antitesi del giovane giustiziere di verde vestito,e ha accoliti ancor più spietati,su tutte una culturista colossale e particolarmente crudele.Passata la regia da Matthew Vaughn a Jeff Wadlow,con una bizzarra presa di coscienza di Carrey,che si è rifiutato di promuovere la pellicola assieme al resto del cast,per l'eccesso di violenza che contiene (ma quando ha firmato il contratto non aveva visto il primo episodio,nè letto la sceneggiatura?),"Kick Ass 2" ha sequenze d'azione ben congegnate,qualche gag divertente,ma ad una prima parte con buona impostazione ne segue una seconda in cui il film rischia di prendersi fin troppo sul serio,compresa una vendetta personale del protagonista troppo simile alle versioni "serie" dei film di supereroi,per stare nella zona tra parodia e omaggio al "camp" che pareva contraddistinguere le avventure di Kick Ass.

giovedì 21 novembre 2013


STOKER (Stoker,USA 2013)
DI CHAN-WOOK PARK
Con MIA WASIKOWSKA,NICOLE KIDMAN,MATTHEW GOODE,Dermot Mulroney.
THRILLER
Prima trasferta americana per il coreano Chan-Wook Park,uno dei cineasti più in vista della ormai solida ondata di uomini di cinema del paese diviso in due,non è stato il successo di pubblico che forse i produttori si aspettavano,ma "Stoker" ha interessato eccome la critica e molti appassionati della Settima Arte.Apparentemente il titolo è fuorviante,perchè l'unica attinenza,sembrerebbe,tra l'autore del romanzo con il più famoso vampiro di sempre (Bram,naturalmente,narratore delle malefiche gesta di Dracula) e la famiglia di appartenenza della ragazza protagonista è il cognome Stoker,appunto,ma è sangue ciò che lega,e quel che vi scorre dentro,compresa una natura predatoria e omicida.Dopo la morte del capofamiglia,nella casa della moglie e della figlia giunge il fratello di papà,che intriga sia cognata che nipote,con i suoi modi distanti,eleganti,il suo vestire sobrio e classico,e il triangolo platonico che si instaura può portare a uno sviluppo tragico,ma non nella maniera in cui ci si aspetterebbe:perchè chi può disturbare il nuovo status familiare viene fatto sparire,e in maniera che non si avverta tantissimo il trauma.Girato con una padronanza della macchina da presa quasi geometrica,"Stoker" ha forse il limite di apparire troppo compiaciuto,con una regia consapevole dei propri notevoli mezzi e forse anche troppo dedita a inquadrature magnifiche,con un ritmo mai accelerato,che tuttavia non manca mai di alimentare il sordo senso di minaccia che incombe sulla visione.Lo spettatore fin dall'inizio avverte che c'è qualcosa di malato,che una violenza latitante,ma pronta a invadere la scena è presente,e l'inizio quasi estatico rimanda al finale,che fa vedere la stessa sequenza,da tutta un'altra prospettiva,che sottolinea la sinistra relatività del punto di vista.Se Mia Wasikowska è ormai una delle giovani rampanti più in forma a Hollywood,fa piacere rivedere a livelli notevoli Nicole Kidman,e l'ambiguissimo Matthew Goode dà al proprio ruolo i riflessi necessari a lasciare il pubblico sospeso fino all'evidenza dei suoi gesti.Un thriller drammatico interessante,qua e là fine a se stesso,ma di un magnetismo non comune.

mercoledì 20 novembre 2013


L'IPNOTISTA (Hypnotisoren,SW 2012)
DI LASSE HALSTROM
Con MIKAEL PERSBRANDT,TOBIAS ZILLIACUS,Lena Olin,Jonathan Bokman.
THRILLER
Nelle librerie il thriller che proviene dai paesi del Nord Europa tira eccome,è uno dei fenomeni editoriali degli anni Duemila:dai casi del commissario Wallander,ai libri di Jo Nesbo,fino a giungere alla saga "Millennium",i delitti e le investigazioni narrate da autori che vengono appunto dalle terre fino  a non molto tempo fa non così battute dagli editori,abbondano e sempre più risultano interessanti per produzioni cinematografiche e serie tv."L'ipnotista" vede tornare dopo un bel pò di tempo in patria Lasse Halstrom,considerato dalla maggior parte dei recensori un buon impaginatore e niente più,che mostra una vicenda che si presenta,dalle primissime scene,come terribile:un'intera famiglia sterminata crudelmente,compresa la più piccola dei figli,con un solo superstite,il ragazzo più grande.Seguita personalmente dal poliziotto che per caso ha scoperto la strage,e da uno specialista dell'ipnosi,con una grave crisi familiare sul groppone,l'indagine si mostrerà difficoltosa e inaspettatamente crudele.Ambientato tra luci fredde d'ospedale e uffici,e la neutra impassibilità del biancore della neve all'esterno,il thriller è di buona fattura,ben recitato,senza forzature nel ritmo e con qualche buon colpo di scena:la spiegazione è quella che un appassionato di thriller capta abbastanza presto,ma non vuole accettare,perchè è la più elementare,ma anche la più efferata.A Halstrom si può imputare qualche lieve didascalismo,ma gli va dato atto di una buona mano nel dirigere gli interpreti e nel lasciar serpeggiare a dovere la suspence,fino ad un finale convulso che,rispetto al resto del racconto,gioca sulla forza di uno showdown totale.Un thriller interessante,di matrice europea,cui non manca niente per competere con pellicole con interpreti più fastosi e budget più imponenti che Hollywood esige.

lunedì 18 novembre 2013


COSE NOSTRE-Malavita (The family,USA/F 2013)
DI LUC BESSON
Con ROBERT DE NIRO,MICHELLE PFEIFFER,Tommy Lee Jones,Dianna Agron.
COMMEDIA/AZIONE
In qualsiasi gioco con le carte può capitare di trovarsi una mano che sembra invincibile,e invece,con lo svolgersi della partita,non tutto fila a puntino e si racimola molto meno di quanto potenzialmente si potesse fare.Succede anche nel cinema,quando un film che sta per uscire sembra avere ogni credenziale per diventare qualcosa di imperdibile,come grandi nomi nel cast,un regista conosciuto e per molti di culto,una trama magari non proprio sfolgorante di originalità,ma sapida e un genere come la black comedy,che se saputa realizzare,può dare numerose soddisfazioni sia a chi la fa,che a chi vi assiste."Cose nostre-Malavita" è un film che coinvolge grandi nomi del cinema USA per una produzione a metà francese,diretta da Luc Besson che,dopo gli anni Novanta che lo videro diventare un regista trendy,amatissimo da molti cinefili,poi messosi a produrre,e a dirigere i vari "Arthur e i Minimei":dal romanzo "Malavita" di Tonino Acquista,si immagina che la famiglia Manzoni,il cui patriarca è un uomo di mafia che si è affidato al programma di protezione dell'FBI,e infatti il gruppo si nasconde nella provincia francese,per sfuggire al clan di ex-protettori.Naturalmente,non è che Giovanni Manzoni e family si siano dimenticati delle vecchie abitudini,e alla prima occasione usano la violenza come pratico metodo di risolvere i problemi,di qualsiasi tipo siano...Poteva essere una satira gustosissima,con un De Niro che si fosse preso in giro da solo come capitava in "Terapia e pallottole",e invece Besson spreca la grossa occasione,vedasi la sequenza in cui,chiamato a commentare "Quei bravi ragazzi",De Niro/Manzoni non fa un numero memorabile come sarebbe lecito aspettarsi:finale a tutta adrenalina,qualche sorriso dispensato durante lo scorrere della narrazione,puro mestiere da parte di eppur bravi interpreti,ma si rimane a metà strada,fin troppo,tra commedia non brillantissima,e film criminale d'azione,vivace solo nel finale.

venerdì 15 novembre 2013


BURKE & HARE-Ladri di cadaveri
(Burke & Hare,GB 2010)
DI JOHN LANDIS
Con SIMON PEGG,ANDY SERKIS,Isla Fisher,Tom Wilkinson.
COMMEDIA
Realmente esistiti,Brendan Burke e William Hare divennero procacciatori di salme appena divenute tali per un eminente medico che impartiva lezioni di anatomia a Edimburgo,e uno dei due finì sulla forca dopo che gli investigatori scoprirono qual'era la loro attività:sullo schermo rivivono impersonati dai gaglioffi Simon Pegg e Andy Serkis,che per venir fuori dalla miseria impellente,si inventano appunto una proficua e insolita occupazione,fino a diventare,per facilitarsi le cose,assassini seriali.Black comedy a caratura nettamente britannica,nonostante sia firmata da un regista americano,e ripudiata in terra d'Albione da recensori e pubblico,"Burke & Hare" per molti ha rappresentato il ritorno a certi livelli,e al cinema,soprattutto,di John Landis,con un copione nelle sue corde,intriso di umorismo avvelenato e un'atmosfera tra il macabro e il goliardico.Merito anche della particolarità della storia narrata,di un cast funzionale,nel quale se possibile,il miglior commediante risulta Andy Serkis,il vero cinico del racconto,e di una buona ambientazione in una Scozia ricca di dettagli sordidi e fosca quanto basta.Però resta il fatto che Landis ha girato una cinquina (e un pezzo,considerando l'episodio di "Ai confini della realtà") probabilmente irripetibile tra il 1978 e il 1983,e poi ha vivacchiato,rimanendo a metà tra lo sposare le ragioni del box-office (soprattutto con Eddie Murphy come interprete) e il girare progetti anche troppo influenzati dalla sua forte personalità.E quindi,questo divertissement,sì caustico e poco fiducioso nella bontà dell'animo umano,ottiene qualche sorriso,è girato piuttosto bene,ma non lascia grande impronta in chi lo guarda.

mercoledì 13 novembre 2013



PRISONERS (Prisoners,USA 2013)
DI DENIS VILLENEUVE
Con HUGH JACKMAN,JAKE GYLLENHAAL,Terrence Howard,Paul Dano.
THRILLER
Due famiglie nella grande provincia USA,una bianca,una nera,che si incontrano a casa della seconda per festeggiare insieme il giorno del Ringraziamento.Il tacchino,il pranzo,chiacchiere in relax in salotto,e tutto procede regolare.Ma.Succede che le bambine più piccole di entrambe le famiglie escano attorno casa,e spariscano nel nulla,in un attimo tutto si scompone nel panico,forse è coinvolto un vecchio camper malandato fino a poco prima parcheggiato là fuori."Prisoners" è un thriller drammatico,che mette in scena uno spaccato d'America cui sottopelle pulsano segreti e un'indole violenta che mette i brividi.Ci sono persone che dispensano troppe certezze e si sentono in potere di infliggere punizioni atroci e giudizi implacabili,chi assiste senza partecipare a giustizia privata probabilmente troppo affrettata,e chi si rompe la testa a cercare di capirci qualcosa,in un dedalo di supposizioni,false piste e ombre copiose,alle quali solo dei collegamenti fortuiti (guidati comunque da una tenacia e da un fiuto investigativo evidente,che porta sulla pista giusta) rimedieranno portando alla verità.A noi italiani la crudele discesa nella spirale di una violenza perpetrata indisturbatamente tra le rassicuranti mura di una casa solitamente poco visitata,non può che ricordare "Un borghese piccolo piccolo",va da sè,e l'ostinata ricerca della giusta intuizione di Gyllenhaal rimanda a "Zodiac",che non contemplava comunque una soluzione netta.Denis Vileneuve ha il pregio di lasciare più di una domanda in sospeso,chiudendo su un dubbio,per dar modo allo spettatore di portarsi fuori dalla sala scorie di domande morali che il suo film pone:Hugh Jackman rende con il dovuto furore e l'ottusità che gli è propria un personaggio,sgradevole di natura,di padre austero e segnato da un episodio del passato,destinato a ritrovare la sua parte peggiore in un rancore senza freni,che apre e chiude la sua presenza sullo schermo con una preghiera,nonostante le crudeltà che sa commettere,mentre Jake Gyllenhaal ha il giusto approccio ad un ruolo teso e propenso a far valere raziocinio e metodo investigativo,e tra i bravi attori in ruoli secondari,di gran merito la prova di Paul Dano,nel ruolo del potenziale maniaco preso prigioniero,e forse ancor più potenziale vittima di un ragionamento non corretto.La tensione non cala mai in due ore e mezza di proiezione,e gli indizi sparsi nella narrazione giungono a coincidere al momento giusto,in una pellicola scabra e angosciante.Certo,non un film da consigliare a cuor leggero,ma se la Academy si ricordasse di "Prisoners" nelle nominations,non farebbe cosa errata.

martedì 12 novembre 2013


L'UOMO DALLE DUE OMBRE (De la part des copains,F 1970)
DI TERENCE YOUNG
Con CHARLES BRONSON,LIV ULLMAN,James Mason,Jill Ireland.
THRILLER/AZIONE
Emerso tra i tanti caratteristi del cinema americano negli anni Sessanta,Charles Bronson tenne in forma il roccioso fisico che aveva,e si specializzò in western,thriller e polizieschi negli anni a cavallo tra quel decennio,e quello successivo,e come altri colleghi,divenne star lavorando in diverse produzioni europee,tornando con il nome prima dei titoli in patria:sia in Italia che in Francia,l'attore dai baffi alla tartara,ha girato anche titoli di buona fattura,magari non eccelsi ma capaci comunque di intrattenere piacevolmente lo spettatore."L'uomo dalle due ombre" è un thriller d'azione che vede Bronson godersi uno yacht e una villetta in Costa Azzurra,con una bella moglie,e la figlia di lei in collegio:a guastare l'atmosfera idilliaca ci pensano delle vecchie conoscenze del protagonista,che si era associato con persone sbagliate quando era un soldato,e,minacciato e ricattato dalla squadra di bravacci,capitanata dall'antico ufficiale James Mason,deve assecondarli nello svolgersi di un piano che farà loro guadagnare molti soldi.Ovviamente il muscoloso Charles non ci sta,e,vestendo per tutto il film con una t-shirt blu che non si sciupa minimante,nonostante sparatorie,lotte all'ultimo sangue,cadute e salti,trova il modo di sgominare la gang,facendo fuori o neutralizzando uno ad uno i nemici.Nel film,diretto dal bondiano Terence Young,che con Bronson girerà anche "Joe Valachi",ci sono attori di livello come Liv Ullman e James Mason,che infatti hanno l'occasione di far valere i loro talenti recitativi in un paio di scene di suspence in cui si nota la caratura di questi interpreti,mentre a Bronson tocca più la parte d'azione,che gli calza infatti bene.Sbrigativo nella soluzione,sebbene nella seconda parte a volte dia l'impressione di tirarla un pò per le lunghe,"L'uomo dalle due ombre" è infine passabile.

NOW YOU SEE ME-I maghi del crimine
(Now you see me,USA 2013)
DI LOUIS LETERRIER
Con JESSE EISENBERG,ISLA FISHER,MARK RUFFALO,WOODY HARRELSON.
THRILLER/COMMEDIA
L'idea,niente male,di un gruppo di illusionisti che conduce rapine ultraproficue mentre mette in scena spettacoli,coinvolgendo gli spettatori,era già buona sulla carta:a far da contrappeso narrativo,una coppia di investigatori,uomo e donna,che si dannano a cercare di cogliere in fallo la banda,assemblata da un esterno,che ha un piano segreto,neanche comunicato ai "Quattro cavalieri",come si definiscono,e un paio di signori attempati che avranno un ruolo importante nel compiersi della vicenda.Divertissement molto spettacolare,che viaggia sull'effettistico fino dal prologo,e procede per colpi d'occhio e di scena,tuttavia,benchè spesso un passo oltre la verosimiglianza,riesce a non stuccare lo spettatore e agganciarlo a livello d'interesse per ciò che accade sullo schermo.Diretto da Louis Leterrier,che qua firma il suo miglior lavoro,"Now you see me" è una macchina da divertimento che giunge ad una conclusione non semplice da aspettarsi,come da tradizione per i giochi di prestigio ben svolti:inganna l'occhio del pubblico,arrivando a "fargli vedere" una morte che non avviene,incrocia i sospetti su chi potrebbe essere la persona che manovra la trama,e pure chi è davvero la vittima dell'intera operazione.Un prologo piuttosto lungo,ma che serve a presentare le caratteristiche dei personaggi principali è un'introduzione indovinata e già esplicita di come lo spettacolo andrà a dipanarsi:Eisenberg & Co. esprimono un curioso affiatamento,Mark Ruffalo e Melanie Laurènt si muovono tra dubbi e necessaria e forzata fiducia reciproca,i due anziani marpioni Morgan Freeman e Michael Caine,che già erano comparsi nella trilogia de "Il cavaliere oscuro",fanno la loro parte con sorniona compiacenza.Una commedia d'azione amalgamata bene con il thriller,che compie la missione di divertire il pubblico,solleticandolo a suon di supposizioni.

domenica 10 novembre 2013


A ME MI PIACE (I,1985)
DI ENRICO MONTESANO
Con ENRICO MONTESANO,Rochelle Redfield,Don Doby,Lara Wendel.
COMMEDIA
C'erano arrivati quasi tutti a esordire dietro la macchina da presa,da Pozzetto a Nuti,da Benigni a Verdone,da Celentano a Troisi,e, a parte qualcuno,Enrico Montesano a un certo punto ha voluto fare il grande passo,senza accontentarsi più di essere soltanto sullo schermo,ma dirigendo l'operazione,pure.Si è confezionato una commediola senza andare mai sopra le righe,con un minimo ricorso all'abituale lessico della commedia all'italiana dell'epoca,le parolacce,talvolta immancabili,e si è ritagliato un ruolo di timido,impaurito dai sentimenti e un pò imbranato sul lavoro,che si ritrova in casa un amico americano piuttosto sguaiato,in crisi perchè la moglie lo ha lasciato un altro,e la vita gli si ingarbuglia,specie quando deve andare a parlare con la signora per dare una mano all'amico (e levarselo di torno,prima che gli devasti l'esistenza),ma capita che lui e lei si piacciano eccome,e allora sì che son guai.Allestimento televisivo,formalmente corretta ma senza un qualsiasi colpo d'ala,una sceneggiatura non volgare,ma neanche divertente,a dir la verità,e una trama esilina esilina:il film d'esordio da director di Montesano,che poi non ha più ripetuto l'esperienza,è una cosina all'acqua di rose,nella quale lo stesso attore e qui regista sembra quasi innaturale per l'eccessiva pulizia di come spara le battute e si pone nel racconto,con americani abbastanza da clichè,che parlano un italiano accentuato yankee eccome,personaggi che rimangono macchiette come il boss del protagonista,e la dirigente disinvolta che gli urla sempre dietro."A me mi piace" è cosa di poco conto,garbata,tutto sommato,ma senza sangue nè verve.

sabato 9 novembre 2013


FOBIA (Phobia,CAN/USA 1980)
DI JOHN HUSTON
Con PAUL MICHAEL GLASER,Susan Hogan,John Colicos,David Bolt.
THRILLER
Deciso a far affermare un suo programma curativo su fobie di vario genere,uno psichiatra attua una terapia d'urto su alcuni pazienti che appunto soffrono tali problematiche:uno è ossessionato dai serpenti,un altro teme il vuoto,una donna è terrorizzata dall'idea che possano stuprarla in gruppo,un'altra va nel panico nei luoghi troppo affollati,e via enumerando.Ma a un certo punto,i pazienti cominciano ad essere uccisi con metodi che richiamano,più o meno,le loro stesse nevrosi assolute,e il medico comincia a ritrovarsi pressato da un ispettore che non apprezza quello che sta portando avanti nella ricerca....Incastrato tra "La saggezza nel sangue" e "Fuga per la vittoria","Fobia" fu un thriller coprodotto con soldi americani e canadesi,diretto da John Huston stranamente senza nerbo nè convinzione:sembra quasi una pellicola che il regista si è ritrovato per le mani,per guadagnare un pò ma senza imprimergli niente che rimandasse a lui.Un giallo abbastanza piatto,a livello narrativo,con un racconto che ha uno spunto anche interessante,ma che viene svolto in modo non brillante,anche per demerito della sceneggiatura,che arriva ad una soluzione sia prevedibile che insulsa (e la co-firma anche lo Shusett che mise mano a "Alien"):attori non all'altezza,un taglio più televisivo che cinematografico,è un'anomalia nella carriera di un regista che ha regalato pagine di cinema di tutt'altro livello.

WORLD WAR Z (World War Z,USA/ML 2013)
DI MARC FORSTER
Con BRAD PITT,Mireille Enos,Daniella Kertesz,Pier Francesco Favino.
FANTASTICO/AVVENTURA
Da un libro scritto da Max Brooks,figlio di Mel e Anne Bancroft,una produzione kolossal con la star Brad Pitt protagonista assoluta,in una storia che tocca USA,Corea,Israele,Galles in un lasso di tempo brevissimo:si è scatenata una pandemia fulminante,che tramuta gli esseri umani in zombie velocissimi e che si muovono come un unico organismo.Il protagonista è un operatore dell'ONU (non ci è dato sapere esattamente cosa fa per l'organizzazione),che ha santi in Paradiso,perchè riesce a farsi venire a prendere,nel caos generale scatenato dal panico e dagli esseri trasmettitori del virus,da un elicottero e far portare sè e la propria famiglia su una portaerei più sicura in mezzo all'oceano.Ma il dovere chiama,e quindi si parte per la Corea,dove dovrebbe essere partito il morbo,in una corsa contro il tempo,per cercare di trovare un sistema per sconfiggere gli zombie.Il film,costato la non indifferente cifra di 180 milioni di dollari,ha sequenze spettacolari quali quella del Muro di Gerusalemme,buona sia per resa visiva che per essere quella a maggior tasso di tensione,non eccede mai con il gore e con gli effettacci,mostrando il minimo possibile mutazioni e stragi ad opera dei morti viventi (che sembrano più dei rabbiosi,tutto sommato):Brad Pitt è un attore ormai navigato e altrove capace di interpretazioni di rilievo,qui si danna a correre dall'inizio alla fine,ma i caratteri attorno al suo sono praticamente nulli,o giù di lì.Inoltre:si scatena un finimondo del genere,e in tre sequenze il quartier generale di Philadelphia osserva con pacatezza che "Abbiamo perso Boston...",di tratteggiamenti psicologici,per carità,non ne parliamo,ma neanche di credibilità logistiche,perchè spostarsi per mezzo mondo con una situazione del genere è totalmente improponibile.E' un film costoso,ma che sembra procedere per strappi narrativi,e attorno alle quattro o cinque scene che il pubblico ricorderà,ma come horror non ha alcun senso,nè minima suspence,come film avventuroso già meglio,ma appunto,oltre ad una rutilante e spedita narrazione,c'è poco altro,e la regia di Marc Forster ricorda,una volta ancora,che questo cineasta svizzero sa gestire macchine imponenti a livello di organizzazione,ma gli dona veramente poca anima,e rimane spesso solo in superficie.

venerdì 8 novembre 2013


IL MISTERO DEL FALCO (The maltese falcon,USA 1941)
DI JOHN HUSTON
Con HUMPHREY BOGART,Mary Astor,Sidney Greenstreet,Peter Lorre.
GIALLO
Bogart è stato l'interprete di due eroi dell'hard boiled americano più classico,raffigurazione su celluloide e in movimento di detectives privati storici,nati dalla penna di giallisti di categoria straordinaria come Dashiell Hammett e Raymond Chandler:Sam Spade e Phil Marlowe.Protagonista de "Il mistero del falco" e de "Il grande sonno",Bogey ha impersonato con sapienza d'attore calibrato due approcci diversi all'investigatore privato e all'indagatore,che si deve muovere tra ambienti sordidi,ostilità varie e tradimenti a ripetizione,per arrivare alla verità,e cercare di salvare,oltre che la pelle,il proprio senso morale.Spade,rispetto a Marlowe,è più disinvolto,meno amaro,forse più ostentatamente cinico,anche se qui si trova alle prese con una mentitrice compulsiva,che apre e chiude,di fatto,la questione ruotante attorno ad un oggetto prezioso,per il quale si arriva a uccidere più di una persona,perchè forse è più coinvolto di quanto voglia far pensare.John Huston,all'esordio dietro la macchina da presa, diresse con gran ritmo una pellicola ancor oggi godibilissima,che poggia su uno script nel quale gli scambi di battute vanno via a raffica,i personaggi vengono disegnati con matita e rifiniti con china,e,pur girato quasi tutto in interni,non si ha mai la sensazione di asfittico.Un giallo con venature romantiche quasi celate,che si conclude con una battuta memorabile sull'oggetto del desiderio,che ha la forma di un falco,ma può essere qualsiasi cosa,essendo della "materia di cui sono fatti i sogni".

mercoledì 6 novembre 2013


LA CURA DEL GORILLA (I,2006)
DI CARLO ARTURO SIGON
Con CLAUDIO BISIO,Stefania Rocca,Ernest Borgnine,Bebo Storti.
GIALLO/COMMEDIA
Il "Gorilla" è un personaggio creato dal giallista Sandrone Dazieri e divenuto protagonista di una vera e propria serie che ha conosciuto una discreta fortuna:è un alter ego dell'investigatore privato protagonista,che è in realtà un'estensione schizofrenica dell'uomo,il quale si addormenta e si sveglia la seconda personalità,più violenta e "pratica".Da uno dei romanzi di Dazieri è stato tratto questo film,che vede Claudio Bisio impersonare il bizzarro doppio carattere:incipit molto "pulp",con uno scontro sanguinario tra il "Gorilla" e uno psicopatico con una maschera da cane cartoonesco,poi il ritmo si rilassa,e comincia una sorta di indagine sul delitto di un giovane albanese conosciuto da poco da Sandrone/Gorilla,abbinata alla tutela di un vecchio divo di serie B venuto dagli USA,interpretato dal venerando ma assai arzillo Ernest Borgnine,con corollario di personaggini astrusi o macchiettistici."La cura del Gorilla" assomiglia troppo ad un prodotto televisivo per convincere,si lascia vedere senza far inorridire lo spettatore,ma tutto viaggia in superficie,come giallo non funziona,perchè non c'è nè tensione,nè struttura in tal senso,e come commedia si inzuppa troppo nell'immaginario in stile Gabriele Salvatores,con tanto di attori del giro del regista di "Nirvana".Bisio come duro hard boiled risulta pochissimo credibile,e spesso la regia di Sigon inciampa in un tentativo di far qualcosa di originale,ma con goffaggine che non gli fa gioco.Non esecrabile,ma decisamente poco riuscito.

martedì 5 novembre 2013



COME TI SPACCIO LA FAMIGLIA 
(We're the Millers,USA 2013)
DI RAWSON MARSHALL THURBER
Con JASON SUDEIKIS,JENNIFER ANISTON,Emma Roberts,Will Poulter.
COMMEDIA
Ogni tanto un pò di politicamente scorretto può starci,e su questo si è basato uno dei più sonanti successi dell'estate cinematografica americana.Per una volta,pure il titolo italiano è azzeccato,giocando su doppio senso con insolita acutezza:infatti,è di scena l'avventura cialtrona di un piccolo spacciatore di marijuana che si ritrova incastrato in un debito con il suo fornitore,un boss che ha un acquario formato vasca di piscina,in cui tiene un'orca che si pappa i pescecani,ed è costretto ad una puntata in Messico per combinare un affare al posto dell'affarista in droghe.Allora,il protagonista ha un'idea:pensando che una famigliola in gita in camper ha più possibilità di farla franca nel passare il confine,raccatta tra i vicini di casa una spogliarellista messa male con i conti,un ragazzotto spesso solo che è imbranato ma di buon cuore,ed una ragazzina senza casa che sembra piuttosto sveglia.Incontreranno trafficanti pericolosissimi,poliziotti che fanno strani ricatti,una famiglia apparentemente old-style ma che vorrebbe trasgredire,e via enumerando.Il filmettino è simpatico,azzecca spesso ritmo e,pur sboccato qua e là,è molto meno volgare di altre produzioni coeve della nuova ondata di comicità USA.Certo,più si avvicina il finale,e più si rientra nei binari del consueto,con una virata moralizzatrice che era abbastanza prevedibile,ma si sorride abbastanza da giustificare la visione.Buono il team,con Jason Sudeikis a metà tra gaglioffo e vittima delle circostanze,i ragazzi Emma Roberts e Will Poulter,e una Jennifer Aniston che si scopre sexy quarantenne in un numero di strip tra getti d'acqua e scintille che non ha niente da invidiare a colleghe solitamente più citate come bombe di sesso.E in più,ha tempi recitativi da attrice brillante classica.

domenica 3 novembre 2013


FESTA DI LAUREA (I,1985)
DI PUPI AVATI
Con CARLO DELLE PIANE,Aurore Clément,Nik Novecento,Lidia Broccolino.
COMMEDIA/DRAMMATICO
Le peggiori illusioni sono quelle del cuore,e il pasticcere Vanni Porelli ci ha poggiato un'esistenza:un bacio dato sull'onda di un'esaltazione adolescenziale da ragazza viziata,all'annuncio dell'entrata in guerra dell'Italia,della padroncina di casa,al protagonista,allora figlio della domestica,ha condizionato la sua vita sentimentale,facendolo crogiolare in un sogno.Anni dopo,quando la ragazza,fattasi signora,moglie di un professore indisponente e fedifrago,torna e chiede all'uomo di rimettere la villa avita in sesto per organizzare la festa di laurea della propria figlia,questi si fa in quattro per accontentarla e sperare di poter rinverdire quel momento che non ha più dimenticato.Quando uscì nei cinema,molti recensori salutarono "Festa di laurea" come una sorta di consacrazione di uno stile,di un regista che stava dimostrandosi come uno degli autori italiani più interessanti e quotati:al di là del fatto che il suo titolo migliore è stato,tutto sommato,quello seguente,"Regalo di Natale",nel quale la latente crudeltà della sua opera emergeva finalmente senza filtri,anche qua Pupi Avati propone un elogio della semplicità,ricordando con malinconia la provincia emiliana degli anni '50,proponendosi di dipingere un confronto morale tra gente non abbiente ma sognatrice e "per bene",e benestanti meschini e ingrati.E' vero che non è un brutto film,che alcune immagini,tipo le lampadine che rimangono accese nella notte dopo lo svolgersi dei fatti,come rilevò Kezich,sottolineano certi aspetti più romantici o sentimentali di questo lavoro,che Delle Piane ci mette molta intensità,ma è forse troppo in là con gli anni per il ruolo,e che la simpatia della faccia pulita di Nik Novecento,scomparso poco dopo,si mantiene vivida:ma è irrefrenabile la sensazione di trovarsi davanti un esempio del famigerato "cinema di papà",tendente al conservatore,che guasta non di poco la visione del film,e lascia una sensazione asprigna.

sabato 2 novembre 2013


CATTIVISSIMO ME (Despicable me,USA 2010)
DI PIERRE COFFIN e CHRIS RENAUD
ANIMAZIONE
COMMEDIA/FANTASTICO
Vera e propria bomba al box-office,"Cattivissimo me" ha generato or ora un sequel altrettanto premiato dal pubblico mondiale,che gli sta tributando un successo copioso:il titolo italiano non è corretto,infatti,lo sgraziato Groo non è malvagio come annunciato,ma "disprezzabile",come il titolo originale proclama.E' un omone che ne inventa cento e ne sbaglia centouna,dispettoso ma più che altro socialmente imbranato,progetta di rubare la Luna per compiere l'atto criminoso più leggendario di sempre,e per questo ha bisogno di un raggio restringente:solo che ha un rivale agguerritissimo e molto più organizzato (ma c'è un risvolto importante che ci viene rivelato a metà narrazione),che pare rubargli le idee e metterle in pratica meglio.Solo che l'arrivo di tre orfanelle in casa del protagonista gli sconvolgeranno,in positivo,l'esistenza,e tra l'altro,le migliaia di omini piccolissimi e gialli denominati Minions,aiutanti integerrimi di Groo,gli daranno mano nell'avventura.Diretto da due registi praticamente esordienti nel lungometraggio,e venuti dal mondo dei fumetti,il film è divertente,ritmato,ovviamente la carta vincente sono i buffissimi Minions,che si esprimono in un linguaggio quasi incomprensibile,come i personaggi dei cartoon di un tempo sono praticamente indistruttibili,possono sopravvivere a lanci nello spazio,esplosioni,oggetti contundenti o pesanti una tonnellata.E,soprattutto,c'è una scrittura di base ben curata,con buoni sentimenti,ma non melassosi,dato che le tre bambine adottate hanno una personalità propria,e non ricattatoria,anche se il padre adottivo coriaceo e apparentemente inadeguato,che si scopre più tenero di quanto pensabile,viene dalla letteratura ottocentesca.Un cartoon piacevole,non innovativo,ma godibile e stimolatore di sorrisi.

STOLEN (Stolen,USA 2012)
DI SIMON WEST
Con NICOLAS CAGE,Danny Huston,Malin Akerman,Josh Lucas.
AZIONE
Professionista del furto dalle trovate estrose,Will Montgomery è quel che si dice un ladro gentleman:infatti,aborrisce il ricorso alla violenza e cerca di fare lavori puliti.Ma i complici di sempre,in quell'ambiente,possono rivelare risvolti traditori,e infatti lo abbandonano dopo un grosso colpo,peraltro con una refurtiva da 10 milioni di dollari volatilizzata:dopo otto anni di penitenziario,Montgomery esce,e prova a recuperare il rapporto con la figlia ora quindicenne,con l'investigatore FBI che lo aveva catturato (tra i due c'è una sostanziale stima) che lo pedina,e con un complice che ha in serbo una trappola per lui."Stolen" fa parte della trafila di pellicole interpretate a profusione da Nicolas Cage per pagare,con i soldi dei contratti firmati le mancanze fiscali che ha commesso,e per evitare i domiciliari,come è successo a Wesley Snipes.E per due terzi di film viene da pensare che,per essere nella categoria suddetta,ci si diverte anche,la pellicola è girata con professionalità e ritmo,e West,seppure non sia un lampo di guerra,sa portare in attracco un film spettacolare:poi,verso la fine,le improbabilità crescono,il protagonista ne combina un pò troppe (esempio:si stronca una mano per liberarsi da un paio di manette,e con la mano rotta prende cose pesanti,dà cazzotti,impugna spranghe d'acciaio....),il complice divenuto nemico feroce sembra una caricatura di Capitan Uncino,e si arriva al prevedibile finale tra scoppi di violenza e corse contro il tempo giocate all'ultima frazione di secondo.Cage,tutto sommato,ha una presenza che lo schermo buca,e qua recita con meno enfasi di come l'abbiamo visto fare in lungometraggi peggiori di questo,Lucas fa un cattivone grottesco e perennemente sopra le righe,mentre Huston ormai è un caratterista di sicura affidabilità,mentre Malin Akerman,per quanto le abbiano scritto la parte dimenticandosene qua e là,è sempre splendida.