sabato 29 settembre 2012


EL CID (El Cid,I/USA 1961)
DI ANTHONY MANN
Con CHARLTON HESTON,SOPHIA LOREN, Raf Vallone,Genevieve Page.
AVVENTURA
La "Hollywood sul Tevere" generò,più che altro,kolossal prodotti da De Laurentiis,Ponti e altri,con divi americani in trasferta ad impersonare personaggi storici o mitologici:non sempre l'operazione era premiata dal pubblico con entusiasmo,ma si registrarono diversi campioni d'incasso,vedi "Barabba","Ulisse",con questa strategia.Anche "El Cid",tratto dal poema cavalleresco "Cantar de mio Cid",fu in vetta alle classifiche degli incassi nella stagione 61/62,e mise assieme i nomi "pesanti" per il botteghino di Charlton Heston e Sophia Loren,affidati alle esperte mani di Anthony Mann,per il romanzo di guerra,amore e duelli in terra di Spagna dell'eroe nazionale iberico contro i Mori invasori.Ma si vede fin dall'inizio il disagio di Mann,grande negli western,poco convincente in questo colosso lungo tre ore e qualche minuto,pomposo,che trova nelle scene di duelli e battaglie i momenti di cinema vero,e dissipa con lentezza l'interesse dello spettatore.Saga fatta,come altre ambientate a corte,di lotte di potere,grandi passioni,esilii e riconquiste,quella del Cid Campeador,nel film,diviene una specie di sceneggiato compresso e infinito,che si ricorda per due o tre scene soltanto.Heston,più ingessato che in "Ben Hur",fornisce la sua tradizionale vocazione all'eroico martirio,fino a sfilare cadavere per incutere terrore al nemico,la Loren è meno credibile che altrove,e Mann non riesce ad infondere la sua mano registica ad uno spettacolone ben fatto a livello di maestranze,ma mai avvincente davvero.

LA CASA STREGATA (I,1982)
DI BRUNO CORBUCCI
Con RENATO POZZETTO,GLORIA GUIDA.Lia Zoppelli,Yorgo Voyagis.
COMMEDIA/FANTASTICO
La casa maledetta,nella quale si sono verificati fatti tragici o regni un sortilegio,è tema antico per il cinema dell'orrore,ma non mancano le parodie in tal senso:è toccato anche a Renato Pozzetto,che aveva avuto fortuna nei panni del marito di una strega reincarnata con "Mia moglie è una strega" accanto ad Eleonora Giorgi. Eccolo di nuovo nei consueti panni del "bamba" che si ritrova una bella donna accanto (Gloria Guida,con l'attore anche in "Fico d'India"),ritrovarsi affittuario di una villa notevole,a prezzo stracciatissimo,assistere a stranezze e magie di ogni genere,per giungere ad una fatidica notte e rompere la maledizione che grava sull'abitazione. La regia di Bruno Corbucci,che si ritaglia la particina di un medico,ha la mano meno felice che altrove,il filmetto,che ebbe un discreto successo alla sua uscita,vive delle battute di Pozzetto,qui meno convincente ed espressivo che altrove,aiutato più da Lia Zoppelli,nei panni della suocera rompiscatole,che non dalla bella Gloria,ornamentale e poco altro.Le non molte gags efficaci (la rapina in banca che è diventata routine) non bastano a compensare una storia floscia,con effetti speciali dozzinali,soprattutto se confrontati con quelli internazionali (c'è pure un Pozzetto che diviene Hulk,fatto male come quello di Bixby-Ferrigno), che procede verso lo scontatissimo final lieto a passo zoppo,e neanche tanto spedito.

martedì 25 settembre 2012


L'ERA GLACIALE 4 :CONTINENTI ALLA DERIVA
(Ice Age 4:continental drift,USA 2012)
DI STEVE MARTINO,MIKE THURMEYER.
ANIMAZIONE
AVVENTURA/COMMEDIA
La serie,invece di rallentare,aumenta gli incassi,ed è naturale che l'avventura prosegua:il bradipo,la tigre dai denti a sciabola ed il mammuth,con il jolly dello scoiattolino matto Scrat,sono ormai una vera e propria famiglia allargata.Il ghiaccio si sta sciogliendo,la comunità aumenta,e cosi anche i pericoli:qui,oltre ad una migrazione obbligata,si deve far fronte ad un'assortita ciurma di pirati guidati da un orango ribaldo,costituita.tra gli altri,da un coniglio,un cinghiale,un elefante marino,un albatross ed una tigre siberiana femmina che giocherà un ruolo  ambiguo ed importante.Affidato più di sempre a gags visive che spesso centrano il bersaglio-ilarità,il quarto capitolo de "L'era glaciale" è un divertimento adatto sia agli adulti che ai bambini:le vicissitudini del terzetto di protagonisti,isolato dal resto della tribù per essersi ritrovato sul lastrone di ghiaccio sbagliato,avvince e spinge alla risata più di una volta,con l'aggiunta di un ingrediente riuscito come la nonna svanita e non proprio pulitissima della nonna bradipa (imperdibile la gag del granchio gigante,con Sid) si fanno seguire volentieri,se possibile a livello grafico la serie va raffinandosi di puntata in puntata,Si dirà che il film è familista,probabilmente lo è,ma sottolinea anche la necessità di abbattimento delle barriere,e di volere una società multietnica e aperta ad ogni sviluppo.Cartoon che promette un ulteriore episodio,è uno dei migliori della serie fin qui,e manda a casa leggeri e sorridenti.

HALLOWEEN II ( Halloween II,USA 2009)
DI ROB ZOMBIE
Con SCOUT TAYLOR-COMPTON,TYLER MANE,Malcolm McDowell,Brad Dourif.
THRILLER
Avevamo lasciato Mike Myers forse morto (ma,conoscendo Michelino il Trucido,sapevamo tutti che non c'è verso,o quasi...) e il numero due del nuovo "Halloween" riprende esattamente dalla scena finale del primo,con ambulanze e feriti:gli orrori del primo film non sono certo sopiti,ed il killer della Notte delle Zucche continua la sua dedizione all'assassinio facendo scempio dei due infermieri sull'autolettiga che lo sta portando all'ospedale.Rob Zombie,che non è un autore dozzinale,a questo punto si può dire,per quanto certe sue scelte possano lasciare perplessi,rilegge lo slasher movie dando implicazioni psicanalitiche pesanti,collegando le ossessioni del bambino interiore dentro il gigante omicida e muto al mito di Alice,della Regina Bianca,rappresentata dalla madre,e decretando,almeno a quanto si vede,il fallimento della psicanalisi a confronto con l'istinto omicida puro e inarrestabile di un serial killer di questa portata.Infatti,i morti stavolta arrivano a 19,la furia assassina di Mike Myers va in parallelo con la ricerca dei resti della propria famiglia,e Loomis cerca fino all'ultimo di trovare una via di salvezza per il killer,ma il proprio narcisismo gli giocherà brutti scherzi.Il cinema di Zombie è interessante,non becero come molti altri registi dell'horror,lancia provocazioni e gioca di sarcasmo sulla Famiglia (vedi anche il dittico de "La casa dei mille corpi" e "La casa del diavolo"),non regge fino in fondo con le cose che solleva,ma i suoi film,oltre ai momenti da brivido,offrono spunti di riflessione e scene ben costruite. Due icone degli anni Settanta come Malcolm McDowell e Brad Dourif sono presenti,è annunciato un terzo "Halloween",ma probabilmente il regista non sarà della partita.

lunedì 24 settembre 2012


PROMETHEUS (Prometheus,USA 2012)
DI RIDLEY SCOTT
Con NOOMI RAPACE,MICHAEL FASSBENDER,Charlize Theron,Idris Elba.
FANTASCIENZA/HORROR
Atteso da molti fans della tetralogia di "Alien" come il prequel della saga che contrapponeva Ripley alla genìa di mostri extraterrestri,predatori ferocissimi e praticamente inarrestabili,"Prometheus" è costato moltissimo,ha incassato bene,ed è uno degli eventi cinematografici,comunque la si metta,dell'anno. Ridley Scott torna alla fantascienza con la statura del regista che ne ha cambiato molti aspetti negli ultimi trent'anni,con due film seminali,quali appunto "Alien" e "Blade runner",e qualcuno ha storto la bocca,ma io ricordo le recensioni non molto convinte di questi due titoli oggi universalmente riconosciuti come capolavori,e appunto il tempo ci dirà quanto "Prometheus" abbia tradito le attese. Per come la vedo io,mi ha messo in testa un paragone:come se avessero messo in mano ad un campione una macchina sulla carta straordinaria,che in corsa non ha mantenuto ogni potenzialità,qualcosa è andato storto,ma pur senza vincere la corsa,il pilota ha portato il mezzo al traguardo,magari senza trionfare. Infatti,forse,questa sceneggiatura solleva fin troppi interrogativi,si sobbarca molto peso,addirittura mettendo in campo questioni come Creazione,il conflitto ed il confronto tra Scienza e Religione,una guerra tra semidei e umani,tecnologia e rischi delle sfide alla Natura,abbozza alcune cose senza definirle,e ogni tanto,diciamolo,certe scelte sono abbastanza incongrue(un esempio su tutti,certi personaggi che esistono solo come zavorra da mandare al macello).Ma lo spettacolo è notevole,a livello visivo Scott non è secondo a nessuno,e quando monta la tensione,il film tiene lo spettatore avvinto alla poltrona senza concedergli respiro:uno spirito indomito accomuna Ripley alla nuova eroina Shaw,che conoscerà un vero e proprio calvario nella missione che ha caldeggiato e accompagnato,un androide non meno sinistro di quelli che abbiamo già incontrato nei film precedenti si comporta in maniera ambigua e prova solo una gelosia di fondo insopprimibile.Il finale,dopo diversi rovesci delle situazioni,in un crescendo angoscioso,apre ad un possibile nuovo sviluppo,e del resto Scott aveva annunciato due prequels di "Alien":infatti,così com'è,"Prometheus" rimane un'opera tronca.

domenica 23 settembre 2012

I SOLITI IGNOTI VENT'ANNI DOPO (I,1985)
DI AMANZIO TODINI
Con MARCELLO MASTROIANNI,Tiberio Murgia,Clelia Rondinella,Vittorio Gassman.
COMMEDIA
Il titolo non tiene conto che "I soliti ignoti" veri e propri,con Mastroianni,è del 1958,e quindi gli anni sono quasi trenta.E già due anni dopo ci aveva provato Nanni Loy a dare un seguito alla commedia di grandissimo successo di Mario Monicelli,che in molti indicano come la nascita vera e propria della commedia all'italiana moderna,con buon successo di pubblico,e Nino Manfredi al posto dell'interprete di "Otto e 1/2":questo atto terzo,uscito nello stesso anno in cui sempre Loy girava un prosieguo dei due "Amici miei" non riuscitissimo,fu l'esordio per lo sceneggiatore Amanzio Todini come regista,esperienza poi ripetuta una sola volta.Il film è una commedia a fondo amaro,con protagonisti invecchiati e malandati,in un'Italia in cui non si riconoscono,sgarbata e senza pazienza.Tiberio il fotografo torna a casa dal carcere e scopre la moglie con un energumeno manesco,che gli ha preso il posto,e Peppe Er Pantera e Ferribotte gli offrono una nuova collaborazione che dovrebbe farli "svoltare":Naturalmente i guai non saranno pochi,e la conclusione sarà addirittura più drammatica del solito.Todini,forse impacciato per i grossi nomi che dirige /Gassman tuttavia fa una partecipazione,compare in qualche scena),non realizza un film ignominioso,ma abbastanza sciatto,che sfocia continuamente nel rimpianto di un Paese più decoroso,con una delinquenza all'acqua di rose,ed il contrasto con una "mala" fredda e senza pietà,che uccide senza porsi tanti dubbi.Da ridere c'è poco,Mastroianni tira avanti la carretta in maniera professionale,ma il film è abbastanza trascurabile,e tutto sommato,come seguito,piuttosto tardivo e tirato via.

DOVE LA TERRA SCOTTA (Man of the West,USA 1958)
DI ANTHONY MANN
Con GARY COOPER, Lee J.Cobb,Julie London,Arthur O'Connell.
WESTERN
Il Far West di Anthony Mann è un luogo feroce,in cui la lotta per la sopravvivenza obbliga a scelte dolorose,il ricorso alla violenza è un passaggio necessario per non morire o subire crudezze di ogni genere,non c'è epica,nè traccia di rimpianto,verso tale epoca, per il cinema di questo cineasta,come si percepisce nei lavori di altri grandi registi.I protagonisti sono antieroi,uomini con pecche evidenti che trovano il coraggio,o l'interesse,a far fronte a chi minaccia loro o le persone a loro congiunte,solo quando la storia è oltre la metà del suo sviluppo.Non fa eccezione "Dove la terra scotta",in cui Gary Cooper impersona un uomo che sta viaggiando verso un paese in cui è assegnato come insegnante,e incappa in un assalto al treno per mano di una bandaccia di banditi,e rimane a metà percorso assieme ad un chiacchierone gentile,e ad una bella donna:il protagonista ha un passato delinquenziale,ha pagato i suoi debiti,ma la sorte lo ricaccia in una situazione che solo mettendo mano alle pistole,potrà risolvere.Più psicologico e meno d'azione di altri western coevi,"Man of the West" mette in scena le lacerazioni del protagonista,che riscopre la violenza quando pensava che fosse stata solo una fase della sua vita (chissà se Cronenberg girando "A history of violence" ci ha mai pensato....),ed i malvagi lo sono davvero fino in fondo,perchè uccidono senza pietà persone inermi,violentano e massacrano:forse può sembrare leggermente lento,rispetto ad altre pellicole del genere girate in quell'epoca,ma Mann non si è mai curato di accelerare il passo,non prima di aver dipinto quello che gli interessava rendere. Gary Cooper,all'ultimo western,ha la dolenza ed il carisma giusti,Lee J.Cobb,attore spesso sopra le righe,ma di gran partecipazione emotiva,è un villain odioso quanto consapevole,nella scena della propria sconfitta ha un momento intensissimo,e Julie London ha un fascino che rimanda a quello di Lauren Bacall.

sabato 22 settembre 2012


SHARK 3D (Bait,AUS 2012)
DI KIMBLE RENDALL
Con XAVIER SAMUEL,PHOEBE TONKIN,SHARNI VINSON,JULIAN MCMAHON.
DRAMMATICO/AVVENTURA
Gli squali sono sempre un espediente pratico per creare tensione nello spettatore,è risaputo,che compaiano ad un certo punto di un film avventuroso,o siano il pericolo assoluto cui scampare ed aver la meglio,sono,ancor più di tigri ed orsi,gli animali che più spaventano al cinema:l'esempio de "Lo squalo" vale per tutti. Ma,senza fare raffronti anche ingiusti con il grande film spielberghiano,c'è da dire che questo "Bait",venuto dall'Australia,si presentava peggio di com'è in realtà:B-Movie abbastanza onesto con se stesso,ha uno spunto originale quanto astruso,vede infatti un gruppo di sopravvissuti ad uno tsunami che si abbatte sull'isola in cui vivono,di diversa tipologia,perchè ci sono dai poliziotti ai rapinatori,far fronte comune a due grandi squali che,portati dalle correnti,si sono inoltrati uno nel parcheggio sotterraneo dell'edificio,l'altro,il più grosso,a ronzare nel supermercato in cui sono intrappolati i personaggi.Ovviamente le mandibole dei due giganti marini stritoleranno corpi,l'acqua diventerà rossa e qualcuno sopravviverà.... Il film,come si diceva,sfrutta fin troppo gli effetti digitali,costruendo in maniera assai virtuale le scene più spettacolari,e pur non arrivando al grottesco inferocito del "Piranha" di Alexandre Aja,non lesina banchetti a base di esseri umani da parte dei predatori acquatici,e,se si ha un pò d'esperienza di questo tipo di film,si può anche indovinare,in sequenza,chi viene mangiato dagli squali,e chi si salverà.Al di là di questo,il film prende lo schema di "Distretto 13" di Carpenter,e lo miscela a quello dei mostri marini,con urlacci ed effetti gore abbastanza sostenuti:però l'idea di due piani narrativi complementari non è male,e la regia riesce nel non semplicissimo risultato di rendere il racconto fluido e non asfittico. Certo,è un intrattenimento che ha la sua bella dose di scontato,ma non è neanche un lungometraggio che,visionandolo,si prova l'irrefrenabile voglia di abbandonarne la visione.

venerdì 21 settembre 2012


IL MAGNIFICO CORNUTO (I,1965)
DI ANTONIO PIETRANGELI
Con UGO TOGNAZZI,CLAUDIA CARDINALE, Salvo Randone,Bernard Blier.
COMMEDIA
Da un testo teatrale di Fernand Crommelynck,"Le cocu magnifique",beffardo e provocatorio,Antonio Pietrangeli trasse una commedia amara e al contempo satirica sul Maschio Italiano,di cui coglie in pieno la curiosa attitudine a ficcarsi nel letto della prima donna disponibile,e ad infuriarsi con enfasi se solo la propria viene corteggiata o mostra piacere verso gli apprezzamenti dei suoi simili.Ugo Tognazzi è abilissimo a disegnare la discesa in una follia prima persecutrice,poi quasi lobotomizzante,di un imprenditore benestante,nell'Italia provinciale del boom,con una moglie splendida e quasi asessuata,che ossessiona fino al ridicolo,per lui,e al soffocante,per lei,per la gelosia imperante che lo mangia vivo,naturalmente non senza essersi tuffato tra le braccia morbide della bella moglie di un altro del suo giro. Pietrangeli forse poteva scorcire leggermente la pellicola,e le patinate visioni del protagonista sono forse l'unico punto debole del film,ma ancora oggi sorprende la qualità della messa in scena di questo cineasta mai abbastanza applaudito da chi si occupa di cinema in Italia,il senso dell'immagine e la conduzione degli attori,il sapido equilibrio tra commedia e dramma di questo regista.La Cardinale è semplicemente incantevole,una delle più belle donne viste al cinema di sempre,e seduce pur dando la giusta tonalità alle inquietudini di un personaggio femminile ben elaborato e credibile.D'intorno,fanno bella figura comprimari di lusso quali Blier,Randone,Volontè,e viene espresso il "lato oscuro" dell'Italia del Boom,già sprizzante invidie,piccoli rancori e misurazioni del benessere altrui a sviluppare la scontentezza di fondo anche di chi non avrebbe ragione per lasciarsi andare a una dimensione di sostanziale risentimento appena sotto la superficie.

mercoledì 19 settembre 2012


IL TESTAMENTO (The legacy,USA/GB 1978)
DI RICHARD MARQUAND
Con KATHARINE ROSS,SAM ELLIOTT,Charles Gray,Roger Daltrey.
HORROR
Attenzione alle offerte di lavoro poco chiare:l'architetto Katharine Ross si reca in Inghilterra assieme al compagno Sam Elliott,e mentre i due si dirigono in moto a destinazione,un'automobile li fa cadere,e l'elegante signore,con autista,a bordo della lussuosa vettura,onde scusarsi per l'accaduto li invita per un tè alla magione avita,la quale ospita una riunione di pezzi grossi di disparati settori(dalla musica allo sport,alla vendita delle armi) e,oltre ad una servitù dalle movenze losche,ha la particolarità di non essere semplicissima da lasciare.In più,docce che diventano roventi,misteriosi gatti presenti sempre in luoghi in cui si muore,ed il vero padrone di casa che ha il respiro catacombale,e si cela alla vista... L'esordio vero di Richard Marquand,che dopo soli cinque anni si ritroverà a capo di una  colossale operazione quale fu "Il ritorno dello Jedi",è un film dell'orrore che predilige le tinte autunnali e fosche,con una certa padronanza nel gestire le inquadrature,un buon allestimento d'insieme e una discreta prima parte:non è un horror dozzinale,qua e là ha qualche momento di suspence ben gestito,ma la sensazione finale è che Marquand non spinga a fondo il pedale della paura come potrebbe,e si rimane con una sensazione di insoddisfazione sostanziale,se si è aficionados del genere.Perchè il film è fin troppo "rileccato" per spaventare davvero,e le frequenti incongruenze di logica (una su tutte,uno dei personaggi che muore in una vampata di fuoco senza che altro attorno a lui,in una stanza arredata,vada in fiamme....) del cinema d'orrore,a volte compensate dalla tenuta di ritmo del racconto,si notino parecchio.Katharine Ross,dalla chioma fulva e fluente,è all'apice della propria bellezza e classe,ma il suo personaggio ha ad un certo punto uno scatto ed un cambiamento comportamentali non sufficientemente resi dalla sceneggiatura,Sam Elliott dona molta fisicità ad uno dei suoi primi personaggi sullo schermo,e intorno compaiono un ex-villain di Bond,Charles Gray,ed il membro degli Who Roger Daltrey,forse il personaggio più eccentrico di tutta la banda.

lunedì 17 settembre 2012


AVVENTURE DI UN UOMO INVISIBILE
(Memoirs of an invisible man,USA 1992)
DI JOHN CARPENTER
Con CHEVY CHASE, Daryl Hannah,Sam Neill,Stephen Tobolowsky.
FANTASTICO/COMMEDIA

L' "Uomo invisibile" è dagli albori del cinema,uno dei ricorrenti temi del cinema fantastico:la fantasia della possibilità del muoversi senza farsi vedere,con sfumature qualora orrorifiche,altre volte comiche,ancora di suspence,viaggia forte da sempre nella mente di sceneggiatori e registi."Avventure di un uomo invisibile" è una pellicola anomala nella filmografia di un grande regista del fantastico e dell'horror qual'è John Carpenter:è giocato su un registro leggero,di commedia,ma non volutamente sgangherato come "Grosso guaio a Chinatown",piuttosto con i crismi e la confezione de luxe del film per tutti,capace di grandi risultati commerciali.Che non ci furono, e forse il flop di una pellicola dotata di effetti speciali veramente notevoli,considerato che si parla di un film del 1992,ha condizionato la carriera che è seguita del regista de "La cosa".Anarchico da sempre,Carpenter individua in un servizio segreto in preda alle proprie ossessioni il Male che perseguita il povero uomo qualunque rimasto coinvolto in un incidente chimico che lo ha tolto dalla vista di tutti,ma fisicamente presente e disposto all'innamoramento.Peccato che il finale un pò facilone inneschi un moto di parziale delusione nello spettatore,perchè per gran parte della visione,ci si diverte e con un'ottima mano registica;Chevy Chase recita quando può apparire con verve da commediante di lungo corso,Daryl Hannah è una biondona dolce come lo zucchero,e Sam Neill versione pre-"Jurassic Park" è un mastino spietato dei Servizi,che coerentemente non perde occasione per mostrare la propria paranoica malignità.


MEN IN BLACK 3 (Men in Black 3,USA 2012)
DI BARRY SONNENFELD
Con WILL SMITH,TOMMY LEE JONES,JOSH BROLIN, Emma Thompson.
FANTASCIENZA/COMMEDIA/AZIONE
I sequels annunciati per troppo tempo difficilmente rinverdiscono i fasti dei titoli originali,vedi "The Blues Brothers 2000" e "Fuga da Los Angeles",e,come per il più volte evocato "Ghostbusters III",anche il terzo capitolo delle avventure dei "Men in Black",rischiava di risultare  un tonfo anche commerciale:in più,gli ultimi due citati hanno l'handicap di una puntata precedente piuttosto squalificante.Però,"Men in Black 3", è tutto sommato divertente,e di gran lunga migliore del numero due:anzi,a conti fatti,si conclude la visione pensando che molto del potenziale a disposizione di Barry Sonnenfeld non sia stato utilizzato a pieno regime.Perchè l'idea di spedire J,l'agente in completo nero Will Smith nel 1969,a cercare di contattare il collega K da giovane,impersonato da un Josh Brolin di impressionante aderenza al ruolo,così come caratterizzato da Tommy Lee Jones,era veramente ottima,e poteva far diventare questo terzo "MIB" un piccolo gioiello di fantacommedia,però l'occhiata al periodo in cui l'Uomo mise piede sulla Luna si limita ad una divertente scena in cui si scopre che Andy Warhol aveva qualcosa da nascondere,e benchè ben realizzata l'ambientazione,si poteva sfruttare di più l'espediente. Smith e Jones sono inversamente "necessari" l'uno all'altro,per le opposte personificazioni dei due personaggi,Brolin,come si è detto,entra agevolmente nella saga,ed Emma Thompson fa una simpatica ma breve apparizione.

sabato 15 settembre 2012


LA FORMULA (The Formula,USA 1980)
DI JOHN G.AVILDSEN
Con GEORGE C.SCOTT,MARLON BRANDO,Marthe Keller, John Gielgud.
THRILLER
Da un libro di Steve Shagan, un thriller fantapolitico,in cui il poliziotto George C.Scott indaga sul delitto di un amico benestante,trovato ucciso a pistolettate,presumibilmente dopo un incontro galante:l'inghippo ha ramificazioni estesissime,la questione è una formula che rimpiazzerebbe il petrolio,escogitata dai tedeschi verso la fine della II Guerra Mondiale,e saranno in diversi a lasciarci la pelle.Giocato sulla falsariga de "Il maratoneta",di cui riprende Marthe Keller,in un ruolo analogo a quello dell'altro film. "La formula" porta il detective protagonista ad incontrare uomini potenti (come il personaggio di Marlon Brando,che svelerà all'altro come si muovono gli ingranaggi della faccenda),fino alla Berlino divisa,al cui checkpoint si svolgerà una scena chiave.Benchè Scott si immerga con consumata,sciolta bravura nel ruolo di un investigatore sicuro di sè che si scoprirà meno furbo di quanto pensasse,il film procede non incalzante,con un grado di suspence non elevatissimo:la Keller,affascinante,ripete il numero visto accanto a Dustin Hoffman qualche anno prima,Brando,che poi non apparirà più sugli schermi per nove anni,si presenta pingue,invecchiato e piuttosto in vena di istrionismi un pò fuori luogo,e la regia di Avildsen,comunque sobria e corretta,mostra qui più mestiere che ispirazione.Finale,per fortuna,poco  illusorio,come usava in un'epoca in cui non era obbligatorio mandare a casa sollevati gli spettatori.

FLIC STORY ( Flic Story,F 1975)
DI JACQUES DERAY
Con ALAIN DELON,JEAN-LOUIS TRINTIGNANT,Renato Salvatori,Claudine Auger.
DRAMMATICO/POLIZIESCO
Regista considerato di genere,perlopiù,Jacques Deray,pur rimanendo soprattutto un autore di thriller o cinema poliziesco,si merita tuttavia considerazione,per aver realizzato diversi film interessanti:particolarmente legato ai due duri per eccellenza del pòlar,Alain Delon e Jean-Paul Belmondo,li mise insieme per "Borsalino",di cui girò anche un sequel piuttosto violento."Flic Story" può considerarsi come uno dei più personali di Deray,forse,insieme a "La piscina", "il" suo film d'autore.Ambientato nella Francia appena post-bellica,vede il confronto a distanza tra un poliziotto ( "flic",appunto,il nomignolo dato,come "sbirro" da noi) ed un pericoloso criminale che riavvia i contatti tenuti in sospeso dopo la scarcerazione,e dà il via a delitti e rapine:conosciuto come un grande poliziotto,l'ispettore Borniche non riesce a beccare con le mani nel sacco l'efferato bandito Buisson,e gli viene addirittura tolto il caso dal commissario pressato dall'opinione pubblica.Ma,segugio di razza,non molla e ordisce una trappola cogliendo l'unico punto vulnerabile del nemico.Il film è più raffinato dei precedenti due girati con Delon,intreccia un fascinoso duello a distanza tra l'uomo di legge ed il delinquente,e si basa più sul ritratto dei due uomini e dell'ambientazione,che sull'azione vera e propria.Ben girato e capace comunque di una tensione sorda efficace,ha ottimi tramiti nei due coprotagonisti,diversi e tenaci,che si incontrano solo nel finale,dopo essersi schivati a metà racconto.

venerdì 14 settembre 2012


BRONSON (Bronson,GB 2009)
DI NICOLAS WINDING REFN
Con TOM HARDY, MATT KING,KELLY ADAMS,KATY BARKER.
DRAMMATICO/GROTTESCO
E' uno dei film che ha presentato Winding Refn,nome su cui si punta molto anche per il futuro,dopo la buona affermazione di "Drive",oltre alla trilogia di "Pusher" e a "Valhalla Rising":la storia del detenuto più celebre d'Inghilterra,Michael Gordon Peterson,detto "Bronson" per i baffoni che si fece crescere.Pur proveniente da una famiglia non disagiata,e cioè senza neanche addurre alle motivazioni della sua personalità aggressiva,violenta,autolesionista, origini canonicamente infelici o burrascose,Peterson ha passato oltre trent'anni della propria esistenza in isolamento, e senza aver commesso un omicidio,ma per narcisismo,voglia di protagonismo e di fama,ha continuato per anni a menare i secondini selvaggiamente,distinguendosi tra gli altri carcerati per ferocia e psicotica grinta.Winding Refn,con toni kubrickiani,che rimandano dritti a "Arancia meccanica",adotta una chiave di racconto che senza vera continuità cronologica,vaga nel passato remoto e prossimo del protagonista,che fa anche da narratore,in pose e trucco da clown,delle proprie meschinerie,filosofeggia con lucida follia,in una messa in scena senza rimpianti nè dubbi circa la propria ferina natura. Se da un lato è una riflessione sulla seduzione del protagonismo ad ogni costo,"Bronson" può anche tradursi in un'analisi di un Male fiero di se stesso,orgoglioso della propria belluina baldanza,che non sa essere,nè può,altro da un codice di comportamento diverso da una continua lotta di sopraffazione per sopravvivere,soprattutto alla propria instabilità di fondo. Più teorico di "Drive",freddo e abile nell'esaltare la propria dimensione di grottesco,"Bronson" è cinema di alto livello,forse anche troppo cerebrale,al di là della forte fisicità che contiene,ma è un altro assaggio della cinematografia di un regista dotato di grande potenziale:Hardy è un attore senza paura nè timidezze,disposto anche a stare in scena nudo e a prova di ridicolo,che maschera una miniacciosità tenuta appena nascosta dietro lo sguardo,uno dei migliori talenti giovani attualmente sul mercato.

mercoledì 12 settembre 2012


LE FOLLIE DELL'IMPERATORE (The emperor's new groove,USA 2000)
DI MARK DINDAL
ANIMAZIONE
FIABA/AVVENTURA/COMMEDIA
Uno dei titoli di minor successo della Disney Productions,insieme a "Atlantis" e "Il pianeta del tesoro",che indussero la premiata casa di produzione a rallentare i progetti e lasciare più campo alla Pixar e all'animazione digitale.Però,non sempre alti incassi e qualità vanno d'accordo,si sa.Infatti,"Le follie dell'imperatore",è un gioiellino,brevissimo (appena 70 minuti e poco più),divertente,brioso e pieno di invenzioni visive,giocato su un piano surreale,dato che per quasi tutto il film uno dei due personaggi principali è tramutato in uno smilzo lama,con qualche inflessione psichedelica nei disegni,ed un ritmo forsennato che avvince. Una cattiva moderna e avvizzita,Isma,che ha il profilo di una mantide religiosa e si tiene come trastullo un giovanottone fesso e muscolosissimo,una jungla impervia e che fa da adeguata scenografia vivente all'avventura,un sostanzioso contrappunto di umorismo ad accompagnare la visione.Peccato che il pubblico abbia,nella sostanza,bocciato questo lavoro disneyano che è uno dei lungometraggi più spensierati,vivaci e azzeccati della casa degli ultimi vent'anni.Con il tempo,forse,diventerà un nuovo classico,ma meglio non perderselo.

LA CAMBIALE (I,1959)
DI CAMILLO MASTROCINQUE
Con TOTO',PEPPINO DE FILIPPO,VITTORIO GASSMAN,SYLVA KOSCINA.
COMMEDIA
Il foglio di carta che per decenni ha caratterizzato il transito monetario in Italia è al centro di questa commedia episodica,diretta da Camillo Mastrocinque,che la usa come catalizzatore ed espediente narrativo per mettere insieme quattro o cinque storielle interpretate da nomi già altisonanti o in procinto di diventarlo (Totò,De Filippo,la Koscina,Gassman,Macario,Sordi,Vianello...),come andava di moda poi nella decade successiva,con il film a episodi.Come sempre,ci sono segmenti più indovinati,altri meno.E' riuscito bene quello con Totò e Peppino De Filippo truffaldini che vivacchiano di espedienti,che grazie anche al gioco esperto dei due interpreti,diverte e si fa gustare con molto piacere,convince assai meno quello di Gassman,coiffeur canino che si presenta come principe d'origine russa per sedurre la bellissima Sylva Koscina,la quale a sua volta non la conta giusta,va avanti un pò a spintoni quello con Tognazzi e Vianello infilati in un guaio che all'uno manderebbe a rotoli il matrimonio con la moglie ricca,all'altro farebbe perdere il lavoro.Scritto da sette sceneggiatori,fin troppi,fa sorgere una leggera uggìa alla lunga,ma ha garbo e,benchè non sia mai stato un autore vero e proprio,Mastrocinque dimostrava sempre buona mano con gli attori.

martedì 11 settembre 2012


REAZIONE A CATENA (Ecologia del delitto)
(I,1971)
DI MARIO BAVA
Con CLAUDINE AUGER,LUIGI PISTILLI,Claudio Volontè,Leopoldo Trieste.
THRILLER
In una baia,sulla quale sorge un fitto bosco che a qualcuno farebbe gola sfoltire abbondantemente per costruirvi ville e residences,si comincia a morire malamente,strangolati,trafitti,decapitati o pugnalati,con una frequenza piuttosto impressionante,ed in pochissimo tempo:si comincia con l'anziana proprietaria del terreno attorno all'acqua,una contessa in sedia a rotelle,al cui collo srotolano un cavo e la strozzano,per poi,subito dopo,vedere quello che si suppone essere il suo assassino trapassato da una coltellata letale.Un rompicapo piuttosto movimentato,quello di "Reazione a catena",thriller di Mario Bava che anticipa spaventi ed orrori di molto cinema slasher,anche estero.Girato con perizia,come al solito,giocando anche con maligna ironia su stacchi di montaggio sapienti,il film è tuttavia abile a lasciare sensazioni ibride.Se da un lato si ammira,infatti,la mano di un regista che non aveva niente da invidiare a chi maneggiava budget considerevoli per mettere su costosi colossi con divi da nome a caratteri cubitali sui manifesti,anzi,ha insegnato a girare a molti registi non ancora tali ( e,purtroppo,viene ricordato sempre troppo poco questo autore di "B-Movie" che è stato tra i grandi fautori del cinema di genere all'italiana),c'è da dire che a livello di logica,di suspence,e di costruzione narrativa,"Reazione a catena" non risponde ad alcuna regola conosciuta del thriller,facendosi prendere la mano da una verve sanguinaria,che fa sembrare la celebre escalation di omicidi dell'argentiano "Tenebre",una raffinata gestione della tensione narrativa.Di un pessimismo solido e senza possibile soluzione positiva sulla natura umana,il copione ci dà dentro in efferatezze,trova il lupo in ogni agnello,e si chiude su una mossa beffarda di sceneggiatura e regia.Scombinato,anche sgangherato quanto estroso (la scena di Simone che si allontana dalla propria baracca mentre impazza l'orchestra con un brano adattissimo agli struggenti melò alla "Anonimo veneziano" dell'epoca....),per un cinefilo è una tappa quasi obbligata,ma c'è da capire anche chi possa terminare la visione con una considerevole perplessità.

DOVE VAI SONO GUAI ( Who's minding the store?,USA 1963)
DI FRANK TASHLIN
Con JERRY LEWIS,Jill St.Johns,Ray Walston,Agnes Moorehead.
COMMEDIA
Che Jerry Lewis fosse uno dei comici più vicini ad un cartone animato di carne ed ossa lo sapevamo,e molti dei suoi film lo infilano in vicende dove appunto l'attore si ritrova invischiato in scene paradossali e basate sull'effetto-esagerazione,tipico appunto del mondo dei cartoon.Uno degli attori comici di più bell'aspetto che si ricordino,con una verve personalissima,capace di far risaltare il suo humour tutto fisico,e con un senso del caos,scatenabile con le sue prodezze,da manuale,Lewis è stato puntualmente male accolto dalla critica e amato dal pubblico (in Francia però,questo va riconosciuto ai transalpini,furono i primi a parlarne bene su carta stampata),per poi conoscere rivalutazione non tardiva,ma di certo un pò lenta.In "Dove vai sono guai" è un bischerello che fa coppia con la pargola di una miliardaria,senza saperlo,e viene assunto in un grande magazzino di proprietà della velenosa futura suocera,per permetterle di rifiutarlo in quanto autore di disastri.Si sorride,ma non è il miglior lavoro di Lewis come protagonista,la storia è sostanzialmente un pretesto per porre il comico in situazioni spropositate e spettacolarmente clownesche:gli fa compagnia,nei panni dell'erede ribelle della capitana del vapore,Jill St.John,futura Bond-Girl in "Una cascata di diamanti".Ma,come affermò anche Benigni presentando "Il mostro",non si può pensare di proporre una love-story con una donna che sceglie di amare Paperino e chiudere il film,per cui il lieto fine sembra quasi coercitivo,per il racconto.

lunedì 10 settembre 2012


KING OF NEW YORK ( King of New York,I/USA 1989)
DI ABEL FERRARA
Con CHRISTOPHER WALKEN,David Caruso,Laurence Fishburne,Victor Argo.
DRAMMATICO
Tra i "Bravi ragazzi" scorsesiani e lo "Scarface" versione De Palma,c'è posto anche per questo signore della droga appena uscito di carcere ed intento a ripristinare il proprio potere,mentre allo stesso tempo cerca di mettere su un ospedale nel Bronx,che rimanga ad imperitura memoria,e,pure,a compensare il tanto male fatto in vita,nella galleria di gangsters che Hollywood ci ha proposto.Coproduzione italoamericana,"King of New York" (è così che chiamano il protagonista,deridendolo,due sbirri che gli danno la caccia,non esattamente integerrimi),è uno dei titoli che dà i dettami per l'estetica action anni Novanta,con luce tagliata dove serve,ralenti usato con parsimonia e luci crude della città:Walken,ottimo,è uno spettro che probabilmente sa di esserlo,seduce,danza,compra ed uccide con la stessa noncuranza,il contorno materiale è sordido,le donne belle come merce e status symbols,ed il film,che ha perlomeno un paio di sequenze da antologia del cinema d'azione-criminale (l'esecuzione nella cabina telefonica ad inizio film,per esempio,che descrive quanto caduco sia il Potere del malaffare),evita enfasi e rischi di rendere leggendari i propri malviventi.Si va al Creatore ricevendo tanto piombo quanto se ne è spedito in corpo agli altri,la morte arriva in silenzio,dentro un taxi,o sul pavimento di un metrò,nella penombra o sotto la prosaica luce dei neon.Un bel cult-movie,cui Ferrara imprime una direzione scrupolosa,in qualche momento come mettendo il silenziatore all'occhio della macchina da presa,smorzando la drammaturgia,ed andando dritto all'obiettivo di rendere una storia falsamente amorale.

domenica 9 settembre 2012


L'APE REGINA:UNA STORIA MODERNA(I,1963)
DI MARCO FERRERI
Con UGO TOGNAZZI,MARINA VLADY,Riccardo Fellini,Achille Majeroni.
COMMEDIA
Contestato,"scomunicato" e posto sotto sequestro dalla censura più veterocattolica alla sua uscita,"L'ape regina",che aggiunse come sottotitolo "Una storia moderna" successivamente,è uno dei film più inquadrabili nel genere commedia di Marco Ferreri,che qui evidenziava in maniera netta l'essere un allievo di Luis Bunuel.Ad una lettura superficiale,potrebbe parere un soggetto misogino,e nemmeno poco,quello che vede il quarantenne disimpegnato innamorarsi di una bella fanciulla,"mettere la testa a posto",come si suol dire,avviare un progetto di matrimonio e famiglia,e poi venire consunto dalla sua condizione di sposo e padre,mentre la sua compagna attinge la sua vitalità e,anzi,diventa ancora più bella,fino ad un esito fatale.La narrazione è in chiave leggera,molto di più del successivo cinema dell'autore milanese,e Ugo Tognazzi aiuta la regia,con la sua duttile maschera,usata anche in altre pellicole in questa versione,di sedicente padrone della situazione che viene travolto dagli eventi. Titolo avanti di anni per concetti e spirito sarcastico su una società,all'epoca,inesorabilmente attaccata ai valori della Famiglia,che vede nello splendido sorriso di Marina Vlady una rivolta del sesso debole,finalmente trionfatore sul mito meschino e amatissimo da certa mentalità retrograda (vedi Mussolini e Berlusconi,tanto per fare due nomi) che vorrebbe la Femmina giacere a letto,o sotto il tacco maschile.Un classico aguzzo,e forse non abbastanza riconosciuto tale.

IL CAVALIERE OSCURO-Il ritorno
(The Dark Knight rises,USA 2012)
DI CHRISTOPHER NOLAN
Con CHRISTIAN BALE,Anne Hathaway,Tom Hardy,Gary Oldman.
AZIONE
Nella tetralogia di Batman(abbastanza scollegata tra i primi due e i successivi segmenti) che va dal 1989 al 1997,il mondo dell'eroe di Bob Kane era piuttosto scollegato dalla realtà,e Gotham City,con i cattivi grotteschi,le tecnologie ed altro relativo all'Uomo.Pipistrello,erano la derivazione filmica dei fumetti che dal 1939 hanno imperversato nell'immaginario collettivo,a proposito di un detective mascherato che,solo dopo l'avvento di Frank Miller sulla carta stampata,è stato considerato un personaggio schizoide,miliardario filantropo ufficialmente,nemico del Male e lottatore in segreto. Nella nuova trilogia ad opera di Christopher Nolan,i temi si sono fatti più ruvidamente concreti,più inerenti alla stasi della società in cui viviamo,le psicologie ancora più complesse,e la tendenza al Caos,acuita dalla grande Crisi in cui l'Occidente versa ritorna nella narrazione del regista inglese,che aveva dato nuovo e più terragno lustro alle origini del supereroe,ne aveva fatto più avanti un simbolo prima da idolatrare e poi da additare come reietto,fino ad un'assenza che pesa,in questo nuovo capitolo.Da anni Batman è sparito dalla circolazione,Bruce Wayne conduce vita da misantropo,dando ricevimenti nella magione avita dai quali rifugge volentieri,ma si sa che la Realtà sa stanare anche chi le si nasconde,e quindi ecco giungere un nuovo agente del Caos,il terrorista Bane,che vuole letteralmente annientare Gotham City e dare nuove regole.E' tempo,per Batman,di tornare a combattere. La questione sul fatto che il nuovo Batman sia un eroe conservatore,e preservi quel che è l'Ordine costituito,con la Borsa,la Polizia e la normalità,contro il rivoluzionario Bane (rivoluzionario di che?non confondiamo il colpo di stato con la rivoluzione,per carità,e comunque confondere Sinistra con Anarchia è,a dir poco,puerile e rozzo),mi sembra ingombrantemente aleatoria.Il film è altro.Se nel secondo capitolo le numerose argomentazioni di Nolan sul Mito,inducevano ad una riflessione sulle impostazioni della Società,sulle sue imposizioni,pure,e sui ruoli ufficiosi ed ufficiali,si era comunque alle prese con un thriller,che non era lontano dalle tematiche urbane e livide del cinema di Michael Mann.Nell'episodio che dovrebbe (il condizionale,con Hollywood, è necessario sempre) sancire la conclusione della serie,perlomeno concepita con i criteri nolaniani,la butta di più sull'azione senza respiro,e benchè molto dialogato,il kolossal ha scene che sanno montare la tensione,nel contempo porre nuove questioni morali e spirituali,perchè ciò che spinge i personaggi agli obiettivi prefissati,siano essi buoni o cattivi,è una Fede in ciò che hanno sempre sperato."Deshi,Basara!" ("Rialzati!")gridano gli sventurati compagni di prigionia ad un Bruce Wayne ferito atrocemente ma non spezzato nello spirito,in una delle scene più coinvolgenti della pellicola,la risalita dal pozzo che conduce ad un carcere vetusto,ove lo rinchiude il nemico.La solidarietà tra esseri umani unica arma valida all'espandersi del Caos,al declino delle civiltà,il coraggio di fare il proprio dovere,di uomini e basta,oltre uniformi,divise,costumi:c'è soprattutto questo,a contraddistinguere la parte forse conclusiva di una serie che coniuga cinema d'autore e spettacolarità da sale piene come non molte altre,destinata,probabilmente,a crescere con il tempo,come specchio deformato di una fase storica.Nel ricchissimo cast (ci sono anche Tom Conti e Matthew Modine,pezzi di cinema anni Ottanta,fisicamente cambiati dal tempo,in ruoli apparentemente minori,ma importanti),Bale alterna la robusta determinazione di Wayne al furore dell'eroe in maschera,Hardy recita con i muscoli e gli occhi,giungendo in sottofinale a lasciar trapelare l'umanità di un personaggio fino ad allora presentatosi come una belva (il doppiaggio di Timi,diciamocelo,è troppo caricato),la Hathaway è sensuale quanto necessario al ruolo,e ,da Oldman a Caine,ogni personaggio è reso con aderenza e partecipazione dall'attore che lo interpreta.Qualche incongruenza narrativa,certo,ma lo spettacolo è talmente trascinante che solo a mente fredda emergono lievissime,sparute perplessità.

mercoledì 5 settembre 2012


IL MASSACRO DEL GIORNO DI SAN VALENTINO
(The St.Valentine's day massacre,USA 1967)
DI ROGER CORMAN
Con JASON ROBARDS,George Segal,Ralph Meeker,Jean Hale.
DRAMMATICO
Praticamente il primo film di Roger Corman ad essere prodotto da una major vera e propria,"Il massacro del giorno di San Valentino",che riporta la guerra tra cosche nella Chicago impestata dal piombo e dal sangue dei ruggenti anni Venti fino all'esecuzione collettiva,che lasciò sette cadaveri sul suolo di un fondo atto allo smercio di alcoolici,proibiti all'epoca,in una dimensione colorata e accesa,che non dimentica la lezione del B-Movie,di cui Corman è uno dei re.Recitazione spesso sopra le righe,a partire dai due protagonisti Jason Robards,che fa un Al Capone dalla gestualità drammatica (il De Niro di vent'anni dopo ne "Gli intoccabili",è ugualmente gigionesco,ma paradossalmente più contenuto),e George Segal,scagnozzo prepotente e sfacciato,che pagherà la propria violenta strafottenza,una ricostruzione scenica senza sfarzo ma curata,ed il gran talento per il ritmo narrativo di colui che tramutò in classici dello schermo le opere di Edgar Allan Poe,fanno di questo gangster-movie un piccolo archetipo da cui attingere,vedi alcune sequenze de "Il padrino",e soprattutto il film di De Palma,che prese l'idea del celeberrimo omicidio praticato con la mazza da baseball da una scena di questo lungometraggio. Avvincente e netto nel suo essere cinema-cinema senza implicazioni sociologiche,è,come spesso accaduto ai lavori di Corman,stato considerato robetta da molti recensori alla sua uscita,per conoscere una sonora rivalutazione,meritata,negli anni.

martedì 4 settembre 2012


TERRA LONTANA (Far country,USA 1954)
DI ANTHONY MANN
Con JAMES STEWART, Walter Brennan,Ruth Roman,Corinne Calvet.
WESTERN

James Stewart ebbe a dichiarare che se non avesse girato "Winchester 73",la sua carriera non sarebbe stata probabilmente la stessa.Tornato dalla guerra,in crisi perchè avrebbe dovuto riprendere le fila dei suoi successi prima del conflitto,Stewart volle girare il western,nonostante la stampa si pronunciasse sul fallimento dell'operazione,perchè il protagonista era un "rough guy",lontano dai tradizionali ruoli del divo.Ed invece,come sappiamo,ci fu un rilancio in piena regola.Come è vero che sotto la direzione di Anthony Mann,Stewart seppe dare connotati più duri e coriacei ai propri ruoli,come ad esempio,anche in "Terra lontana",in cui da un individualismo tendente all'egoismo,passa ad una svolta comportamentale che sottolinea la necessità della comunità,in contro tendenza rispetto a molti film del genere. Ambientato in una natura selvatica,con splendidi paesaggi,ed una saturazione di colori seducente,"Terra lontana" è un western su cercatori d'oro,su una vita pionieristica e con regole da scrivere,fondato su un antieroe che fa le scelte giuste solo dopo i sacrifici degli altri,e tarda a capire quale delle due donne sia quella cui indirizzarsi:forse non il capolavoro di cui alcuni hanno scritto,ma un ottimo film,ben fatto,diretto e recitato,che ha un fascino particolare,di quelli che ti arrivano addosso a visione finita.Un classico che forse non ha la fama adeguata.


RIBELLE-Brave (Brave,USA 2012)
di MARK ANDREWS,BRENDA CHAPMAN,STEVE PURCELL
ANIMAZIONE
AVVENTURA/FANTASTICO

Il primo film Pixar con eroina femminile al centro della storia è "Brave",avventura fiabesca ambientata nella Scozia attorno all'anno Mille,con una principessa che vuole andare controcorrente,e non sposarsi con un principe qualsiasi,di un clan avversario del proprio casato,per scopi politici,e si ritrova,anche per colpa sua,a fronteggiare una maledizione che potrebbe rovinare la sua famiglia.Pellicola numero 13 della casa che ha lanciato i due "Cars","Alla ricerca di Nemo",i tre "Toy Story" e altri,e attesa proprio perchè gli eroi di casa Pixar sono stati,finora,tutti maschietti,e quindi questo era un altro passo in avanti di una major che ha contribuito fortemente ad un'evoluzione dell'entertainement,ma stavolta non tutto va a puntino.La storia è ben condotta,ma tende al monotono,il personaggio principale,benchè determinato,coraggioso e grintoso,non esula moltissimo dalle ragazzine che si prendevano più responsabilità del dovuto nei film disneyani con attori in carne ed ossa,e la dimensione fantastica del racconto non va al di là di cose già viste,tra sortilegi,lotte sui crepacci e apparizioni a sorpresa.Peccato,perchè in sostanza "Brave" diverte,ma non è una delle cose migliori arrivate dalla Pixar,autentica rivoluzione in digitale del mondo dell'animazione.

domenica 2 settembre 2012


IN COMPAGNIA DEI LUPI (The company of the wolves,GB 1984)
DI NEIL JORDAN
Con SARAH PATTERSON,ANGELA LANSBURY, David Warner,Stephen Rea.
FANTASTICO/HORROR
Fu "In compagnia dei lupi" a far notare Neil Jordan a stampa di settore e cinefili vari,a metà anni Ottanta (da noi uscì l'anno seguente alla sua realizzazione):adattamento di racconti che rivisitano fiabe celebri in chiave macabra,psicanalitica ed erotica,di Angela Carter,il film è una favola rivestita d'horror,che esplora,in versione moderna ed azzardosa,il mito di Cappuccetto Rosso,con le implicazioni adulte del caso. Un'aura sospesa tra magico e surreale contraddistingue il tono scelto da Jordan per presentare la sua pellicola,che introduce lunghe sequenze oniriche,arrivando a suggerire allo spettatore che ogni cosa che abbia visto sia un altro sogno inquieto e sospinto da pulsioni erotiche.Nel cast figura la Nonna conservatrice interpretata da una Angela Lansbury che invita alla cautela ma ha lampi maligni negli occhi,e un cameo da divo per Terence Stamp non sfigura affatto:sul piano degli effetti speciali,il livello artigianale,per quanto efficace,perde ovviamente il confronto del precedente "Un lupo mannaro americano a Londra",ma si tratta di una partita impari,perchè il classico di Landis ha di fatto aperto nuove vie al make up da cinema.Quello che conta,però,è appunto la rivisitazione coraggiosa e a fondo del mondo delle favole,tentando di spiegare per quale motivo si tramandino da secoli,a quali domande rispondano,e come mai segnino così profondamente l'immaginario di infanzie che si succedono:impresa certo non facile,ma in chiave di metafora,Jordan va a segno più d'una volta,e per dire che pericoloso animale sia l'Uomo,anche di fronte ai lupi,fa irrompere Bestia e Istinto fuori dal Sogno,incontro all'incertezza del reale.