IL SOSPETTO (The suspicion,USA 1941)
DI ALFRED HITCHCOCK
Con JOAN FONTAINE,CARY GRANT,Nigel Bruce,Cedric Hardwicke.
THRILLER
Una delle più celebri sequenze del cinema di Alfred Hitchcock,e non solo del suo,è quella in cui Cary Grant porta un bicchiere di latte alla consorte Joan Fontaine,e la protagonista ha il sospetto che sia avvelenato,e noi spettatori con lei:in realtà,per quasi tutto il racconto sviluppato dalla trama de "Il sospetto",pensiamo che il bellimbusto viziato e dissipatore che ha impalmato a sorpresa la benestante signorina in odor di zitellaggio per il temperamento vagamente rustico,sia un potenziale assassino,le bugie che racconta e di cui si scopre la natura sembrano confermarlo,e si arriva al finale con una forte tensione per capire quando la protagonista subirà il tentativo di omicidio da parte del marito.Hitch gestisce bene una storia narrata con eleganza e cura dei dettagli nell'elaborare la teoria del personaggio principale femminile,che il pubblico continua ad avvalorare,in contrasto con il fascino marcato del personaggio del marito,tutto slanci e improvvise zone d'ombra,e la suddetta scena,per la quale il regista trovò l'escamotage di mettere una torcia nel bicchiere per far brillare il liquido e creare la giusta suspence,è il climax del film.Generalmente,non è uno dei titoli più citati del grande regista inglese,eppure dell'Hitchcock prima maniera è uno dei lavori con maggior qualità formale e sceneggiato con bravura notevole,visto che la storia si permette un clamoroso rovescio proprio nelle sequenze finali,dopo averci cercato di convincere in tutti i modi che eravamo nel giusto,fomentando i sospetti sulle intenzioni di un Cary Grant continuamente in odor di malefatta.Perciò,diviene un'accusa al troppo facile saltare alle conclusioni,e,come altri film del regista di "Psyco",è un altro lungometraggio che parla d'amore ,ma in modo psicologicamente complesso,a sottolineare che i sentimenti siano territorio troppo sconnesso per il passo preciso della Ragione,e solo i fatti sanno dare risposte chiare,e non le supposizioni,nè l'analisi ragionata delle sensazioni.Joan Fontaine venne giustamente premiata con l'Oscar,per una protagonista reale,combattuta tra timore e slancio amoroso,un "cavallo selvatico" che si fida segretamente del proprio cuore fin quasi alla fine.
DI ALFRED HITCHCOCK
Con JOAN FONTAINE,CARY GRANT,Nigel Bruce,Cedric Hardwicke.
THRILLER
Una delle più celebri sequenze del cinema di Alfred Hitchcock,e non solo del suo,è quella in cui Cary Grant porta un bicchiere di latte alla consorte Joan Fontaine,e la protagonista ha il sospetto che sia avvelenato,e noi spettatori con lei:in realtà,per quasi tutto il racconto sviluppato dalla trama de "Il sospetto",pensiamo che il bellimbusto viziato e dissipatore che ha impalmato a sorpresa la benestante signorina in odor di zitellaggio per il temperamento vagamente rustico,sia un potenziale assassino,le bugie che racconta e di cui si scopre la natura sembrano confermarlo,e si arriva al finale con una forte tensione per capire quando la protagonista subirà il tentativo di omicidio da parte del marito.Hitch gestisce bene una storia narrata con eleganza e cura dei dettagli nell'elaborare la teoria del personaggio principale femminile,che il pubblico continua ad avvalorare,in contrasto con il fascino marcato del personaggio del marito,tutto slanci e improvvise zone d'ombra,e la suddetta scena,per la quale il regista trovò l'escamotage di mettere una torcia nel bicchiere per far brillare il liquido e creare la giusta suspence,è il climax del film.Generalmente,non è uno dei titoli più citati del grande regista inglese,eppure dell'Hitchcock prima maniera è uno dei lavori con maggior qualità formale e sceneggiato con bravura notevole,visto che la storia si permette un clamoroso rovescio proprio nelle sequenze finali,dopo averci cercato di convincere in tutti i modi che eravamo nel giusto,fomentando i sospetti sulle intenzioni di un Cary Grant continuamente in odor di malefatta.Perciò,diviene un'accusa al troppo facile saltare alle conclusioni,e,come altri film del regista di "Psyco",è un altro lungometraggio che parla d'amore ,ma in modo psicologicamente complesso,a sottolineare che i sentimenti siano territorio troppo sconnesso per il passo preciso della Ragione,e solo i fatti sanno dare risposte chiare,e non le supposizioni,nè l'analisi ragionata delle sensazioni.Joan Fontaine venne giustamente premiata con l'Oscar,per una protagonista reale,combattuta tra timore e slancio amoroso,un "cavallo selvatico" che si fida segretamente del proprio cuore fin quasi alla fine.
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