REALITY (I,2012)
DI MATTEO GARRONE
Con ANIELLO ARENA, Loredana Simioli,Nando Paone,Nunzia Schiano.
GROTTESCO
La polemica,giustificata,sugli eccessivi rimandi della distribuzione circa titoli interessanti per il grande pubblico che ha visto "Il cavaliere oscuro-Il ritorno","Prometheus","Ribelle-Brave" saltare l'estate per trovare programmazione a Settembre ha coinvolto anche "Reality",nuovo lavoro di Matteo Garrone a quattro anni dopo il grande risultato,anche commerciale,di "Gomorra",e oggi si parla di parziale fiasco dell'ultimo lungometraggio del regista.Fare confronti con un film che in quel momento godeva del "traino" di uno dei casi letterari degli ultimi dieci anni è abbastanza incauto,e lo stesso autore ha messo le mani avanti dicendo che voleva fare una pellicola più leggera,meno impegnativa,e poi il discorso gli è cambiato tra le mani:qui si comincia con una visione sognante,una carrozza con tanto di cavalli ammaestrati a portare due sposi entrambi in bianco,e si finisce con un non-luogo,la Casa del Grande Fratello a Cinecittà,traguardo ambitissimo finalmente raggiunto dal protagonista.Il quale ha mandato a monte tutto,equilibrio mentale,lavoro,famiglia,interessi,per aspettare la chiamata e partecipare al programma televisivo ispiratore di tutti i "reality show",per conoscere la "svolta",guadagnare una fama improvvisa e premiare il proprio latente narcisismo.Garrone ha buona mano sia nel dirigere interpreti improvvisati che d'esperienza,e probabilmente "Reality" è un film che può acquistare potenzialità in futuro,quando,speriamo,che l'onda di una televisione più vuota che mai,atta a fingere di premiare signori Nessuno in realtà spesso scarti di provini e spettacoli vari,tutto sommato per girare spettacoli a basso costo e spacciarli per intrattenimento da prima serata.Però "Reality" vive di pezzi di altri film,l'ossessione crescente del personaggio principale è la veste rivoltata di "Truman show",e il segno di uno squilibrio mentale raggiunto donando ogni cosa a miserabili d'ogni tipo proviene da "Teorema " e "Cuore sacro":su tutta l'operazione aleggia un fellinismo rimarcato (vedasi la scena della discoteca,con il "divo" napoletano del Grande Fratello che dondola su mani tese a cercare di toccare con mano quello che ha realizzato un sogno,puerile quanto si voglia,ma anche la sterminata fila di ceri accesi nel prefinale sotto il Papa),che visto anche in chiave di omaggio al Maestro riminese,che riconobbe la cialtroneria scintillante di tanta tv molti anni or sono, rende questo lungometraggio interessante,meno lugubre di altri momenti del cinema di Garrone,ma su un grottesco puro l'amico e collega Sorrentino sa imprimere più forza alle proprie caricature.
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