mercoledì 29 gennaio 2014


LA FURIA DEI TITANI(Wrath of the Titans,USA 2012)
DI JONATHAN LIEBESMAN
Con SAM WORTHINGTON,Rosamund Pike,Liam Neeson,Edgar Ramirez.
FANTASTICO/AZIONE
Anche se la critica l'aveva stroncato di netto,il remake di "Scontro di titani" ( che aveva sostituito il "di" con "tra",nella nuova versione) ha avuto onorevoli risultati commerciali: quasi mezzo miliardo di dollari entrati nelle casse della Warner a fronte di un budget importante,125 milioni .Però,seppure era già stata praticamente annunciata la terza avventura di Perseo,gli introiti del sequel non hanno soddisfatto i produttori.I 150 milioni di dollari spesi per realizzarlo,hanno fruttato il doppio a livello mondiale,ma nel cinema,se non si incassa tre volte quanto si è speso,soprattutto se i costi sono stati alti,non si considera un titolo un successo vero e proprio.Perlomeno non da prolungare una serie.Questa volta,dopo aver affrontato le creature mitologiche presenti anche nell'originale del 1981,Perseo si è ritirato a vita ordinaria,ha avuto un figlio,è rimasto vedovo,e fa umilmente il pescatore:ma non è semplice essere figli di Zeus,e voler stare in disparte.Infatti,un complotto tra dei imprigiona il dio del fulmine e elimina Poseidone:Ares vuole il potere,e cerca di distruggere il pericoloso suo vago congiunto,Perseo appunto (anche se nella mitologia classica non risulta che i tanti figli di Zeus e una mortale avessero le stesse facoltà di coloro che dimoravano nell'Olimpo...),e allora via a simil-chimere,ciclopi,il Minotauro,e la resurrezione di Crono,una massa lavica enorme e antropomorfa,con l'eroe spalleggiato da Andromeda,regnante guerriera,il figlio di Poseidone e Pegaso,il cavallo alato.La pecca maggiore di questo kolossal è una regia sbilenca,affidata a Jonathan Liebesman e perlopiù insulsa,che nelle scene d'azione confonde lo sguardo,senza definire granchè quel che accade sullo schermo,i dialoghi sono a fior di ridicolo,e le prestazioni attoriali sono,oltre la chioma più lunga di Worthington,vere e proprie marchette di tutti gli attori britannici scelti per il cast,da Neeson a Nighy,passando per Fiennes.Quella spettacolarità che potenzialmente la pellicola avrebbe viene mortificata da un'assenza di dimensione fantastica vera e propria,che,considerato che si parla di epica,è una falla aperta nella riuscita dell'operazione.


NON PER SOLDI...MA PER DENARO
(The fortune cookie,USA 1966)
DI BILLY WILDER
Con JACK LEMMON,Walter Matthau,Ron Rich,Judi West.
COMMEDIA
Nell'esemplare filmografia di Billy Wilder non è tra i titoli citati a bruciapelo,forse perchè non raggiunse certi risultati commerciali,ma,così come "Fedora",tanto per il gusto della citazione,è un'opera che ogni cinefilo non dovrebbe farsi scappare.E sì che ha praticamente solo quattro luoghi d'ambientazione diverse (il campo da football,la stanza d'ospedale,l'appartamento dell'ex-moglie di Hinkle,la casa di lui),e ha un assetto quasi teatrale,ma sia a livello di dialoghi,che di situazioni,"The fortune cookie" (il biglietto della fortuna dei ristoranti cinesi,che appare a un certo punto del racconto) ha un ritmo assiduo,sincopato,un solfeggio di battute che conquista.Merito,naturalmente,sia di chi lo ha scritto,I.A.L. Diamond insieme a Wilder,di chi lo ha diretto,e di chi lo ha interpretato,con Oscar come miglior non protagonista a Walter Matthau,unico vinto nella carriera dell'attore d'origine russa.Si prenda,per esempio,l'arrivo degli avvocati dell'assicurazione nell'ufficio del mozzaorecchi interpretato da Matthau,Gingrich:un gioiello di umorismo nel descrivere il contrasto tra i papaveri dell'avvocatura e il cialtrone che parlano lo stesso linguaggio da jene.Non c'è personaggio che non venga descritto sapidamente,con brevi e incisive pennellate.E nel mordace falso cinismo che contraddistingue l'opera wilderiana,c'è modo di trasformare la storia in un racconto morale,nel finale soprattutto.Fu la prima collaborazione tra Lemmon e Matthau,e la prima tra il secondo e il regista,ma il trio mostra un entusiasta e scioltissimo affiatamento fin dalle prime battute.Divertente e ben giocato,merita una gustosa riconsiderazione.

sabato 25 gennaio 2014


IL GRANDE MATCH (Grudge match,USA 2013)
DI PETER SEGAL
Con SYLVESTER STALLONE,ROBERT DE NIRO,Kim Basinger,Alan Arkin.
COMMEDIA
"The Razor" contro "The Kid",hanno oltre sessantacinque anni entrambi,e da trenta hanno un insoluto che pesa per tutti e due,per quanto si sforzino di non darlo a vedere:sono due pugili medio-massimi che hanno avuto gloria e successi,e se il primo fa l'operaio e vivacchia,all'altro,a livello economico,è andata meglio,e vende automobili in un autosalone di proprietà.L'occasione per ritrovarsi a darsi un altro bel pò di pugni e risolvere i conti una volta per tutte viene dai mass media,e c'è sempre la faccenda di una bionda,la classica "ragazza in due" (Mai le dirò,che muoio per lei...),che è rimasta sul gozzo a tutti e due i pugilatori.Anni fa,ritrovarsi in cartellone,per lo stesso film,Sylvester Stallone,Robert De Niro e Kim Basinger avrebbe fatto impazzire qualsiasi produttore,e mandato in tilt i botteghini:ma il tempo è passato,Sly ha avuto le sue fasi calanti,onorevolmente riscattate nelle ultime stagioni,nonostante qualche titolo promettente ma andato male con gli incassi,Bob da troppo si barcamena in commediole poco succose,lontano dai grandi ruoli di un tempo,seppure ultimamente abbia ritrovato un pò di verve,e la ragazza che mandò in sollucchero le platee mangiando fragole bendata non coglie l'attenzione del pubblico da "8 Mile".Tuttavia,"Grudge Match" è una commedia pulita,forse fin troppo,con inzuppata di buoni sentimenti nel finale (del resto,è un film paranatalizio),con qualche discreta battuta,e una tendenza un pò troppo marcata a prendersi maggiormente sul serio nell'ultima mezz'ora di proiezione.Stallone e De Niro si mettono a contrasto,giocando sulla pacatezza il primo,concedendosi maggiori gigioneggiamenti il secondo,e c'è da dire che,mantenutosi in forma esemplare,il nerboruto Sylvester ha una carica di simpatia sempre più spiccata,lasciando a Robert un ruolo più "negativo".Sullo sfondo ruba risate con abile destrezza Alan Arkin,che si sta concedendo un terzo tempo di carriera encomiabile,lasciando sempre il segno con sorniona padronanza della scena."Il grande match" evita l'effetto-ridicolaggine,prendendo a braccetto l'autoironia,e,pur con la sua dose di inverosimiglianza (dieci riprese concesse a due "over 65"?Ma chi ha dato l'autorizzazione?),è un film gradevole,abbastanza scontato e lascia guardare le icone sullo schermo con affettuosità.

venerdì 24 gennaio 2014


IL CAPITALE UMANO (I/F,2014)
DI PAOLO VIRZI'
Con VALERIA BRUNI TEDESCHI,FABRIZIO BENTIVOGLIO,FABRIZIO GIFUNI,MATILDE GIOLI.
DRAMMATICO
Da un romanzo di Stephen Amidon,un dramma sarcastico,con innesco da thriller (ma di cui salta bellamente le regole,e non gli giova),ambientato in Brianza,che ha scatenato le risentite proteste di alcuni abitanti della zona,indignati per la rappresentazione di certi ambienti (la coda di paglia era avvertibile nelle note polemiche pervenute alla stampa).Qualcuno ha fatto sbandare un povero diavolo che rientrava dal lavoro di cameriere in bici,e l'ha ridotto in fin di vita:dal fatto viene ricostruito quel che è successo prima, e quel che succede poi,raccontando il micromondo di personaggi che fluttuano attorno alle "grandi occasioni",tipo l'aggancio alla "società che conta",le ambizioni di mediocri,i maneggi di intrallazzoni,i patemi sentimentali dei ragazzi,e le botte di vita per sfuggire alla noia di chi è agiato e non ha fatto granchè per meritarselo.Paolo Virzì,nel suo primo film dichiaratamente fuori dalla commedia (ma,non erroneamente,il regista ha citato anche "Signore e signori" presentandolo) dipinge un quadro umano poco edificante,con astii,disprezzo,ipocrisie,bizze di uomini maturi e fragilità di esseri umani acerbi."Il capitale umano",che nel titolo adotta un criterio assicurativo,è un film riuscito,sia chiaro.Morde,e non fa sconti,perchè la natura predatoria è quella che porta a sopravvivere in un contesto del genere,e infatti delle figure femminili,tra la psicanalista dell'ASL Valeria Golino,positiva e così ingenua da non aver capito quale uomo si sia messa accanto,un Fabrizio Bentivoglio bravo e abile nell'illustrare le appiccicose meschinerie del suo agente immobiliare con voglie grandi, e la "sciura" Valeria Bruni Tedeschi,che si barcamena tra i maltrattamenti del figlio viziatissimo e le freddezze pratiche del marito Fabrizio Gifuni (attore sempre più notevole,e mai abbastanza stimato),quella che maggiormente ha la quadratura del cerchio,è la reattiva Matilde Gioli,che cerca di imprimere un cambiamento al corso dei fatti.Se ha delle pecche,il film le mostra nella parte "gialla",in un finale che si dimentica di qualche personaggio e tira le somme in maniera un pò affrettata,perchè nel 2014,con i metodi investigativi che esistono,appare un pò tirato per i capelli ciò che è legato alla soluzione del mistero iniziale.Recitato con veemente adeguatezza a ruoli che di positivo hanno ben poco,quando addirittura niente,il nuovo film di Virzì cattura l'attenzione dello spettatore e la gestisce bene per un paio d'ore,mandandolo a casa senza delicatezze,e,seppure si chiuda sul bel sorriso di una ragazza,la Gioli di cui sopra,di cui si spera che abbia un futuro in questo cinema,non è per niente un finale cordiale o illusoriamente affettuoso.

giovedì 23 gennaio 2014


BURLESQUE (Burlesque,USA 2010)
DI STEVEN ANTIN
Con CHRISTINA AGUILERA,CHER,Cam Gigandet,Stanley Tucci.
COMMEDIA/MUSICALE
Sebbene "Glitters" con  Mariah Carey,e altri titoli con le regine dell'hit parade non si siano tradotti esattamente in grandi successi sullo schermo,non poteva mancare Christina Aguilera,celeberrima modulatrice di una voce irruenta e di un timbro vicino a quello "black" nei diversi film con stars della musica.Messa accanto a una diva sempreverde,ormai icona senza tempo come Cher,rifattissima,bella da sembrare finta,la Aguilera fornisce la sua minuta figura e la sua comunque vivace personalità in una storiellina che vede una ragazza venuta da una periferia d'America spersa come prassi vuole,cimentarsi in una "scuola di vita" che è in realtà un locale ove sono regolarmente rappresentati numeri di "burlesque",parente dello striptease ma più colto e raffinato.Naturalmente,ci sono primedonne,rivalità,la ragazza si confronterà con le altre ragazze e emergerà per talento e voglia di primeggiare,in lieta tradizione USA,con un rapporto tra il conflittuale e l'ammirazione reciproca con la proprietaria,impersonata appunto da Cher.Sullo sfondo,maschietti vari,dal rampante costruttore al cameriere dal fisico tirato e dagli occhi truccati (ma senza ambiguità di orientamento sessuale,per tranquillizzare l'audience),all'amico di tutte naturalmente omosessuale e ironico,interpretato da Stanley Tucci.Il filmino è tutto sommato scioccherello,ricco di dejà-vu,compreso l'escamotage finale per salvare baracca e belle burattine,ma non sgradevole,richiama molto "Le ragazze del Coyote Ugly" nell'avvio e nella struttura,e mette insieme numeri musical-danzanti abbastanza curati.Astenersi gli avversi al genere,ma si è visto parecchio di peggio,sinceramente.

martedì 21 gennaio 2014


A PROVA DI ERRORE (Fail safe,USA 1964)
DI SIDNEY LUMET
Con HENRY FONDA,Walter Matthau,Dan O'Herlihy,Larry Hagman.
DRAMMATICO
La crisi dei missili a Cuba aumentò molte delle preoccupazioni delle persone che,neanche vent'anni dopo la fine degli orrori della II Guerra Mondiale,vedevano prospettarsi una minaccia ancora più tremenda come un conflitto atomico tra le due superpotenze nel lungo gioco a scacchi che fu la Guerra Fredda.Nello stesso anno vennero prodotti due titoli rimasti importanti,come "Il dottor Stranamore" e "A prova di errore",dallo stesso studio:ma se il film di Stanley Kubrick metteva in sapida burla i rischi e l'assurdità masochista di poteri che potevano cancellare l'umanità dal pianeta,"il secondo,diretto da Sidney Lumet,è una cronaca senza fronzoli di un processo folle e,una volta innescato,senza ritorno,per un olocausto nucleare.Senza alcun abbellimento possibile (nessuna musica a commentare le sequenze,rumori realistici e più punti di vista a raccontare la demenziale esecuzione di un progetto realizzato in modo scriteriato),Lumet illustra,dopo un incubo iniziale,ambientato in un'arena,come un errore di macchine dette perfette,possa causare un'ondata di morte e distruzione.Senza un protagonista vero e proprio,con Henry Fonda nelle vesti di un presidente USA il quale dovrà compiere una scelta atroce onde scongiurare una guerra totale,e Walter Matthau in quelli di un delirante guerrafondaio aggrappato alle proprie teorie nichiliste,"Fail safe",che ha avuto un remake prodotto per la tv americana,dietro il quale c'è un divo intelligente e impegnato come George Clooney,è ancora oggi un documento che lascia il segno,un'opera crudele ma serissima,che alimenta una suspence crescente,concentratissima su un finale che non conosce ottimismo di sorta.Teso,asciuttissimo,rovente nell'allarmare lo spettatore,deve essere stato un colpo allo stomaco di inusitata forza ai tempi della sua uscita,se cinquant'anni dopo lascia una così forte impressione.

lunedì 20 gennaio 2014


SCUOLA DI LADRI (I,1986)
DI NERI PARENTI
Con MASSIMO BOLDI,PAOLO VILLAGGIO,LINO BANFI,Enrico Maria Salerno.
COMICO
Sull'onda del boom della serie "Scuola di polizia",negli anni Ottanta fioccarono imitazioni varie,con il pretesto di una sorta di "corso" per nuovi adepti di varie specialità,furono diversi i film comici prodotti,imperniati su soggetti similari:in Italia venne realizzato "Scuola di ladri",che nella stagione '86/87 ottenne ottimi incassi,piazzandosi sedicesimo nella classifica finale dei maggiori introiti.Tre fessacchiotti,interpretati da Massimo Boldi (all'epoca appena smessi i panni del caratterista sullo sfondo),Lino Banfi (in fase di "ripulitura" dalle commediole tutte cosce e reggiseni in cui era emerso),e Paolo Villaggio (ancora sugli scudi,tra un Fantozzi,un Fracchia,un turno nei pompieri e dietro a sogni mostruosamente proibiti),vengono radunati da un sedicente zio,interpretato da Enrico Maria Salerno,che li  vuole ladri come egli stesso si proclama,e li istruisce con l'aiuto di un assistente su metodi fantasiosi per fare dei "colpi".Non che uno,quando si mette a vedere pellicole di questo genere,abbia l'ambizione di godersi un'ora e mezza di cinema di livello,per carità,ma almeno qualche motivo per sorridere,anche in maniera canagliesca,qua e là,giustificherebbe il tempo usato per la visione.E invece,i tre danno il loro più abusato peggio,con Boldi che farfuglia "Mavàvàvàvà" e fa le linguacce,Banfi che offre una versione stintissima della sua gamma comica,e Villaggio che stancamente va avanti a suon di "Aaahiaaaa" e gags viste e riviste,come quella del boomerang che lo insegue.L'unico a fornire una prova d'attore vagamente indicabile tale è Salerno,che in vena di marchetta fa perlomeno un'apparizione decorosa,ma nulla più.Ebbe anche un sequel,fortunatamente di alcun successo,l'anno successivo,ma è uno dei punti più bassi di un filone già non propriamente splendente per qualità e forza comica.

giovedì 16 gennaio 2014


THE BUTLER-Un maggiordomo alla Casa Bianca
(The butler,USA 2013)
DI LEE DANIELS
Con FORREST WHITAKER,Oprah Winfrey,Cuba Gooding jr.,David Oyelowo.
DRAMMATICO
Ottantadue anni di Storia americana,vista nell'ottica degli afroamericani,dalle finestre privilegiate della Casa Bianca,da parte di un uomo qualunque,domestico nella Camelot USA,come venne definita in era kennediana,dalle violenze perpetrate all'elezione del primo nero alla presidenza del Paese.Quarto film di Lee Daniels,in patria ha incassato notevolmente,con parole d'elogio da parte di Barack Obama,ma agli Oscar è risultato il grande sconfitto:nemmeno entrato nel giro delle nominations principali,nonostante sia evidente che una produzione del genere,perlomeno a fare un buon numero di candidature,avrebbe puntato eccome.Un Forrest Whitaker vistosamente calato di peso impersona Cecil,che da ragazzo  ha visto la madre violentata dal "padrone" e impazzita,e il padre ucciso a bruciapelo dallo stesso uomo,preso a servizio dall'anziana matriarca,e in breve divenuto un cameriere apprezzato,poi convocato addirittura a far parte dello staff permanente nella residenza presidenziale.E scorrono sullo schermo presidenti nei loro tic e quotidianità,i delitti di JFK e Martin Luther King,i disordini razziali e le Black Panthers,fino al 2008, che vide trionfare Obama.Spiace dirlo,ma "The butler" non è un film riuscito.Ambizioso e armato di buonissime intenzioni,viaggia con energica superficialità,dipingendo figure presidenziali quasi caricaturali,come un Nixon sudaticcio e alcoolizzato,un Reagan impettito e legato nei movimenti,Johnson truce e volgare,ma schietto,attraverso gli occhi di un uomo serio,ma non così probo come vorrebbe illustrarci la sceneggiatura,duro oltremodo verso un figlio che ha più che altro la colpa di non assoggettarsi ad un adattamento tacito alla corrente del tempo e della società,ligio al lavoro e avvezzo a non esprimere un'opinione propria,da far quasi finta di non accorgersi che la moglie scivola nella depressione e si tuffa nell'alcool.Il tutto in una ricostruzione d'epoca che qua e là ricorda le approssimative fiction tanto contestate della Rai:fin troppo in là con gli anni per essere credibile nella prima parte di film,Whitaker è comunque un attore di talento,anche quando non servito al meglio dallo script,e tanto vale anche per Cuba Gooding jr.:ma molti degli interpreti in scena,dalla Winfrey a diversi di quelli che impersonano i presidenti,sono fuori registro.

IL CASO PARADINE (The Paradine case,USA 1947)
DI ALFRED HITCHCOCK
Con GREGORY PECK,Alida Valli,Charles Laughton,Louis Jourdan.
GIALLO
E' piuttosto conosciuto,ma non è tra i film più amati dai fans di Alfred Hitchcock,e dai cinefili in genere.Giallo che ha la struttura di un noir,con una figura femminile al centro di un intrigo e di un processo per omicidio,"Il caso Paradine" vide esordire nel cinema USA Alida Valli,che nei titoli viene chiamata "Valli",come accadde a Anna Maria Pierangeli,che appunto venne ribattezzata "Pier Angeli",e anche Louis Jourdan:nella vicenda di un avvocato stimato che accetta di difendere una bellissima vedova di un ufficiale non vedente,morto avvelenato,che viene accusata del delitto,e fatalmente si lascia andare a un innamoramento per la donna,venendo meno alle attenzioni per la giovane moglie,c'è,è vero,la trama "gialla",ma è anche un film più sentimentale del solito per le corde di Hitch.Che,pare,avesse scelto di girarlo più per doveri contrattuali che per reale convinzione circa la bontà della storia,e da qui forse la disaffezione dei suoi seguaci verso la pellicola.Però,a parte un finale moralistico un pò posticcio,il racconto è al solito ben svolto,l'ambiguità dei personaggi principali regge fino in fondo,e la passione sofferta del protagonista verso la bella signora sotto accusa è narrata senza sbavature.Se la Valli era un'apparizione sensuale e di un fascino quasi imperioso,Peck impersona il legale colpito nei sentimenti con partecipazione,mostrando più di un lato vulnerabile,nonostante l'appeal del personaggio nella sua facciata ufficiale.E si arriva al colpo di scena chiarificatore,sferrato in maniera sorprendente,seguendo volentieri il passo del regista di "Rebecca".

lunedì 13 gennaio 2014


AMERICAN HUSTLE-L'apparenza inganna
(American hustle,USA 2013)
DI DAVID O.RUSSELL
Con CHRISTIAN BALE,AMY ADAMS,BRADLEY COOPER,Jennifer Lawrence,Jeremy Renner.
COMMEDIA/DRAMMATICO
A contrastare "12 anni schiavo" all'imminente edizione degli Oscar,sarà probabilmente "American hustle" il più probabile candidato:vintage puro per alcuni,data la smagliante edizione,fatta di abiti ricreati con estro e proprietà (quei vestiti femminili con scollature di abbacinante profondità sono semplicemente straordinari),acconciature allestite tra cotonature,riporti e "cofane" vere e proprie,per tacer dell'invasione di bigodini di varia misura,il nuovo film di David O.Russell guarda apertamente all'opera di Scorsese (soprattutto l'ambito criminoso) e racconta una storia,chiaramente romanzata,ma su fatti realmente accaduti,che si svolge nel 1978.Di più,è un voluto omaggio al cinema di uno dei maestri viventi di questa arte.Le truffe,sullo schermo,risultano più accattivanti di come lo sono nella realtà:ci vuole estro,capacità di improvvisazione,astuzia e organizzazione.Il piccolo truffatore che fin dalla prima sequenza ci appare come un gaglioffo mistificatore e un bel pò ridicolo,ma che via via sarà capace di mostrare le sue zone fragili,un'umanità con cui si può simpatizzare,e che si ritrova in un gioco fin troppo grande per i suoi intrallazzi,quando un agente federale ambiziosissimo e dal privato autocensurato lo incastra e,insieme alla sua bella amante,lo costringe a mettere su un affare che punta a agguantare pesci molto più grossi,in politica e nella malavita.Forse un pò troppo lungo,ma godibile nell'insieme,"American hustle" è un altro tassello di una filmografia di un autore "popolare" alla Curtis Hanson,o alla Sidney Pollack,che sa come scandagliare la complessità dei rapporti umani travestendo i suoi lavori da storie ad ampio respiro,e,più a fondo,dipingendo dei caratteri che vanno oltre la dimensione del "personaggio" e basta.Basti analizzare quello che forse è il più negativo dei personaggi in scena,la moglie più temuta che amata del protagonista,interpretata da Jennifer Lawrence:odiosa e bizzosa,capace di legarsi al peggiore dei corteggiatori che possa trovare in giro,per possessività più che per gelosia a un passo dal mandare sotto terra il marito,ma anche quella che metterà in moto un meccanismo che lo farà crescere e allontanare dai giochi e maturare verso nuove scelte.Un cast sopraffino,che come al solito Russell fa girare al meglio (e lo dico e non lo nego:Bale e la Lawrence sono il meglio che le rispettive generazioni offrono,adesso come adesso,nel panorama americano,anche se lui è gallese d'origine),riveste i personaggi con fulgida aderenza,e ci si può appassionare e divertire,con una partecipazione breve ma azzeccatissima di De Niro nei panni di un boss che ha il ghiribizzo di riservare una sorpresa mica da poco.

domenica 12 gennaio 2014


TRE UOMINI DA ABBATTERE (Trois hommes à abattre,F 1980)
DI JACQUES DERAY
Con ALAIN DELON,Dalila Di Lazzaro,Michel Auclair,Pascale Roberts.
THRILLER
Giocatore di poker semiprofessionista,Michel arriva con l'auto sul luogo di un gravissimo incidente stradale,e accompagna la vittima,in serie condizioni,ma cosciente,al più vicino ospedale,ma questi muore dopo esser stato ricoverato:il protagonista non si è potuto rendere conto che il disastro era doloso,e che l'uomo soccorso è stato ucciso,in una serie di delitti che hanno come sfondo i giochi corrotti dietro un grosso affare tra Stato e industria delle armi.Jacques Deray,che ha lavorato spesso con Alain Delon,girò un thriller in cui la variante imprevista,appunto il personaggio principale,interviene e scombina i meccanismi di una macchinazione ordita dalle alte sfere e eseguita da professionisti del crimine:il ritmo non è mozzafiato,però il giallo regge,anche se la conclusione è un pò semplicistica.Accompagnato da una Dalila Di Lazzaro in splendida forma fisica,Delon si mette al servizio di regia e racconto,ed evita protagonismi assoluti,come invece gli capiterà in altri titoli successivi.Una scena,probabilmente,è stata vista e apprezzata da Dario Argento,che riproporrà un omicidio dall'analoga modalità,quello dello sparo attraverso lo spioncino di una porta.Da un romanzo poco conosciuto,un pòlar di dignitoso livello,che forse non appassiona,ma si fa seguire piacevolmente.

sabato 11 gennaio 2014


RED 2 (Red 2,USA 2013)
DI DEAN PARISOT
Con BRUCE WILLIS,Mary Louise Parker,John Malkovich,Helen Mirren.
AZIONE/COMMEDIA
I RED,reduci estremamente pericolosi,ex-agenti delle varie organizzazioni segrete mondiali,ritornano,e sono nuove avventure,tra sparatorie e strizzatine d'occhio,per Bruce Willis & Co..Si è perso Morgan Freeman,ma nel sequel ci sono Catherine Zeta Jones e Anthony Hopkins;nonostante si assista al suo funerale all'inizio,torna anche il cavallo pazzo John Malkovich,che è quello che ha l'aria di spassarsela maggiormente in scena.Questa volta c'è da arrestare una macchinazione che porta ad uno scienziato sciroccato,che ha creato un ordigno nucleare,e nel plot sono coinvolti russi,americani,inglesi,asiatici.Certo,dato che siamo alle prese con spie e complottatori di natura,è chiaro che ci siano intrecci strani,che a personaggi che si dimostrano simpatia venga commissionato di farsi fuori l'un l'altro,e che ci siano più colpi di scena verso il finale.Passa la regia dal tedesco Schwentke a Dean Parisot,che aveva realizzato un più che decoroso remake di una commedia anarcoide degli anni Settanta con "Dick e Jane,operazione furto",e,pur avendo realizzato discreti incassi,non è andato altrettanto bene come il primo capitolo.Non manca l'ironia,nè tutto sommato il ritmo:spacconate ce ne sono,eccome,ma il tutto speziato e mai preso troppo sul serio,comprese le scene d'azione più spettacolari ed esagerate.Willis capeggia il cast con piglio maschio e propensione all'ammicco,mentre Hopkins è vistosamente alle prese con un personaggio con cui sparge gigionismi a più non posso.Non è dato sapere ancora se esisterà un "RED 3",e quale dei personaggi torneranno,eventualmente:però,visto che l'ensemble stalloniano di "The Expendables" si riproporrà con un terzo capitolo ancor più pieno di nomi di peso,è lecito anche qua aspettarsi un atto numero tre.

giovedì 9 gennaio 2014


SPARTACUS (Spartacus,USA 1960)
DI STANLEY KUBRICK
Con KIRK DOUGLAS,Jean Simmons,Laurence Olivier,Peter Ustinov,Tony Curtis.
STORICO
E' notorio che "Spartacus" passò di mano da Anthony Mann a Stanley Kubrick,e che,per molti,è più un film "di Kirk Douglas",che produsse,e volle a tutti i costi interpretare il kolossal sul gladiatore di Tracia che dette aspro filo da torcere alla potente Roma,che dell'autore di "2001".Al di là delle considerazioni riguardanti il  coinvolgimento "minore" di Kubrick nell'opera rispetto ad altri suoi lavori,della seconda collaborazione con la star di origine russa,non in sintonia come nel precedente "Orizzonti di gloria",dell'interpretazione ideologica dell'avventura dello schiavo combattente che si rivolta e arriva a un soffio dal compiere una svolta importante nel corso della Storia,impresa pagata poi a carissimo prezzo,resta il fatto che "Spartacus" è un signor film.Meno teorico e più classico,se si vuole anche più hollywoodiano di ogni altro titolo kubrickiano,certo,ridondante di musiche e con un pathos solitamente estraneo ai lavori di un regista che ha abituato critica e pubblico a cinema cerebrale,molto raffinato,con timbro personalissimo e una capacità di coniugare mistero,suoni e immagini con rara potenza alternandola a rarefazione d'informazioni comuni (nel senso,ci si può scervellare e trarre le più disparate intuizioni e somme dai suoi lungometraggi,possono essere tutte errate e sensate),ma un'opera potente.In cui l'epopea di dannati della Terra,pedine senza peso di un Potere viziato e vizioso,scellerato quanto organizzato (memorabile la sequenza degli assetti in battaglia dei Romani,geometrici in maniera inquietante),vive sulla possibilità di rivalsa che guida ogni moto rivoluzionario verso il sovvertimento di un Ordine deciso,imposto e naturalmente inumano:se viene poco facile rintracciare l'occhio,e la mano,del Kubrick che conosciamo,si notino come intorno al binario portante della rivolta,della fuga e infine dell'obbligata manovra di contrattacco di Spartaco e la sua gente,si dipanino trame e sottotrame,le lotte di potere politico,peraltro spiegate eccellentemente ma in maniera semplice,e non semplicistica,la storia d'amore quasi negata al protagonista e alla schiava che procede e fiorisce nonostante l'oppressione di Fato e voleri di chi tira i fili di sorte e popolo,e molto altro ancora.Dal punto di vista più grafico,le sequenze nel Senato,con la resa visiva non lontana dal processo di "Orizzonti di gloria" sono quelle che più ricordano le altre regie di Kubrick,e tuttavia che sia un lungometraggio non lontano dal resto della sua opera,è calcolabile e rintracciabile nelle rifiniture.Douglas,comunque eccellente per vigore fisico e carisma infuso nel personaggio di Spartaco,alterna una prima parte in cui esprime pochissimo verbalmente,a una seconda in cui domina maggiormente la scena,e un cast di alto livello,dal  sapido Charles Laughton all'affascinante Jean Simmons,da un viscido Laurence Olivier a un gustoso Peter Ustinov (e  peccato che Tony Curtis soffra un pò un carattere che rimane via via ai margini della narrazione,nonostante occupi almeno un paio di sequenze cruciali),corona una pellicola ambiziosa ed epica.

martedì 7 gennaio 2014


YOU'RE NEXT (You're next,USA 2011)
DI ADAM WINGARD
Con SHARNI WINSON,Joe Swanberg,Nicholas Tucci,Wendy Glenn.
THRILLER
L'occasione per riunire una numerosa famiglia,l'anniversario di matrimonio della coppia di genitori del quartetto di fratelli e sorelle,dopo un periodo non facile per problemi di salute della madre,si trasforma in una tragedia agghiacciante:tre killers mascherati (da agnello,gatto e volpe) prendono di mira la casa di campagna in cui si sta svolgendo la festicciola,con particolare crudeltà.Noi spettatori avevamo già saggiato la ferocia del trio di assassini nel prologo,in cui una coppia di vicini viene massacrata,non prima di aver trovato la scritta,appunto,su una parete "You're next" (Tu sei il prossimo).Tra la Rete e il tam-tam degli appassionati del genere,il thriller,del 2011,è diventato un piccolo cult :dichiaratissimo omaggio allo slasher-movie più esplicito,anche se le sequenze più cruente vengono verso il finale,e tutto sommato,nei modi più efferati muoiono i "cattivi",il thriller di Adam Wingard ha un'ambientazione quasi esclusivamente notturna e in un'unità di luogo (la casa isolata e i suoi immediati dintorni),gioca non sempre leale con lo spettatore,anche se è abbastanza facile dare la risposta giusta alle domande che ci si possono porre durante lo sviluppo del racconto,e mette in scena una quindicina di delitti all'arma bianca,o con attrezzi domestici vari.Dalla sua ha un ritmo incalzante,l'abilità di non cedere più di tanto alla frenesia del delitto tanto per mostrare un pò di sangue (gli assassini non uccidono a caso,e ci sono più colpi di scena per il quadro finale della situazione),e si chiude su uno sberleffo,pur sanguinario.Interessanti,nel cast,soprattutto le ragazze Sharni Winson e Wendy Glenn,qualche dialogo non impeccabile,però tra i tanti film ad alto tasso di emoglobina spruzzata qua e là,chi ama il thriller che flirta con il raccapriccio,lo troverà non disdicevole.

lunedì 6 gennaio 2014


RAPUNZEL-L'intreccio della torre
(Tangled,USA 2010)
DI BYRON HOWARD e NATHAN GRENO
ANIMAZIONE
FIABA/COMMEDIA/FANTASTICO
Uno dei film di maggior impatto presso l'audience giovanissima e anche meno verde in età è stato "Rapunzel":anche nel merchandising,l'eroina ribelle e costretta in una vita di prigionia da una falsa madre che l'ha rapita ancora piccolissima,funziona a meraviglia,ed è una delle più gettonate e amate.Addirittura,si è imposto come uno dei cartoon  della casa produttrice,tra i più redditizi in assoluto,scavalcando classicissimi e recenti campioni di incasso.La versione disneyana,che era un antico progetto di "zio Walt" mai riuscito a concretizzarsi ai tempi,è un adattamento in chiave comico-avventurosa di "Raperonzolo",novella classica dei Grimm,con un personaggio principale conscio di sè e ironico e intraprendente, un principe divenuto fuorilegge gaglioffo e attraente,e una "villain" che ricorda le celebrità rese folli dal ringiovanimento artificiale e con sorrisi plastificati e fasulli.Il ritmo non manca al racconto,che dispensa sorrisi e momenti anche romantici,vedi le lanterne che illuminano le fasi dell'innamoramento dei due personaggi al centro della vicenda.Magari,l'animazione nell'era della computer graphic raffredda leggermente l'emozione,anche per via dell'eccessiva perfezione di creature che assomigliano a bambolotti,e in un certo senso smorzano quel "non esatto" che aumenta il fascino di un disegno animato,con le estremizzazioni che esprimono anche sia un senso al tratto che al carattere del personaggio o dell'oggetto rappresentato.Tuttavia,l'operazione è riuscitissima,procede leggera e spassosa,con un finale quasi drammatico,che si risolve tuttavia,come prevede l'etica disneyana,con un sacrificio proteso verso il meglio,e ad una conclusione che è naturalmente intrisa di sollievo.

sabato 4 gennaio 2014


FROZEN-Il regno di ghiaccio (Frozen,USA 2013)
DI CHRIS BUCK e JENNIFER LEE
ANIMAZIONE
FIABA
Nuovo kolossal disneyano,che trae soggetto da "La regina delle nevi" di Andersen,ma ne stempera il malinconico pessimismo di fondo,tipico del grande scrittore danese,anche se,rispetto alle canoniche e nette distinzioni tra buoni e cattivi dell'universo creato dai disegnatori di molti dei più celebri e anche bei film d'animazione internazionale di sempre,le caratterizzazioni si fanno più sfumate.Ci sono i creatori di uno dei più ficcanti risultati degli ultimi anni dietro a questo progetto,coloro che hanno messo in scena "Rapunzel",e lo stile grafico è similare,ove,nell'altro,c'era una gamma di colori in piena esplosione,qui vengono esaltate tutte le sfumature delle tonalità intorno al ghiaccio,dal bianco assoluto all'azzurro.E la prima parte è dedicata a spiegare al meglio come mai una delle due sorelle protagoniste della storia,quella appunto destinata a diventare la distante "Regina delle nevi",agisce allontanandosi da tutti e rendendosi pericolosa:cosa notevole per far comprendere anche ai bambini le tante e complesse motivazioni di un personaggio che potrebbe essere visto come "cattivo" o certo non come "eroico":la parte comica fa perno sul pupazzo di neve Olaf,doppiato con entusiasmo da Enrico Brignano,ma è un contrappunto in un racconto che tratta di amor sororale,manifesto o meno,di presa di responsabilità,di opportunismo e inusitato coraggio.Peccato che "Frozen" calchi fin troppo la mano sul suo aspetto da operetta,da musical animato,e che la colonna sonora non sia tra le più ispirate del mondo disneyano,e che in più momenti dia la sensazione di un lavoro destinato ad un target individuabile nelle piccole potenziali fans:sequenze come la battaglia con il gigante di neve e ghiaccio,il finale incalzante e la creazione del palazzo della Regina sono memorabili,però raramente si prova stupore o un divertimento che non dia sentore di preconfezionato.Discreto,ma non imperdibile.