sabato 31 marzo 2012


IL GATTO CON GLI STIVALI ( Puss in boots,USA 2011)
DI CHRIS MILLER
ANIMAZIONE
AVVENTURA/COMMEDIA
Il prendersi un intero film per conto proprio,per il Gatto con gli Stivali,dal secondo capitolo della saga di "Shrek" era stato annunciato proprio quando quel sequel era ancora in programmazione,vista la reazione del pubblico all'ingresso del personaggio nella serie dell'orco verde:ci sono voluti sette anni,e altri due seguiti delle avventure dell'antieroe accompagnato dallo stesso felino,dal ciuchino e da Fiona,ma infine lo spin-off è arrivato sugli schermi,con gran lancio promozionale.E anche ottimi incassi realizzati,il che autorizza a pensare che ci siano nuovi sviluppi per le prodezze del rosso quadrupede armato di spada e con stivali alle zampe inferiori:l'avventura si svolge molto prima che il Gatto e Shrek si incontrino,ci narra le origini dell'arguta bestiola e come si sia ritrovato le calzature,il cappello e la sciabola.Svolto a buona velocità di racconto,il film si dipana leggero e divertente,con citazioni d'altro cinema a tutta birra,cosa probabilmente di nessun interesse per i bambini,ma ulteriore strizzata d'occhio per il pubblico più grandicello,mescolando personaggi venuti dalla narrativa come Humpty Dumpty,uovo umanoide dal brutto carattere,e stralci d'altre fiabe come quella dei fagioli magici.Anche in italiano è Antonio Banderas a doppiare il protagonista dalle orecchie appuntite e gli occhi ingannatori,e lo fa egregiamente.Accolto non entusiasticamente dai recensori lo scorso Natale,ha comunque incassato cifre importanti anche da noi,ed è comunque un divertimento fine a se stesso che si chiude lasciando il pubblico con le labbra inclinate nell'espressione sorridente.

giovedì 29 marzo 2012


UN MALEDETTO IMBROGLIO (I,1960)
DI PIETRO GERMI
Con PIETRO GERMI, Claudia Cardinale,Claudio Gora,Saro Urzì.
DRAMMATICO
Testo rivoluzionario e per molti quasi impossibile da adattare per il cinema,"Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana" di Gadda venne tradotto in film da Pietro Germi,che ne ridusse l'ossatura,puntando sul giallo e dando un altro titolo alla storia,facendola diventare "Un maledetto imbroglio",interpretando la parte principale,quella del commissario Ingravallo,che indaga su un furto in un appartamento di un tal commendatore,che si collega successivamente all'assassinio di una bella signora:poliziotto spiccio ma non privo di sensibilità,saprà individuare la giusta pista che porta ad un movente fatto di disperazione e fondamentalmente,come in altri casi,di fondamentale stupidità,che porta a commettere un crimine.La scelta della sceneggiatura,di evitare la derivazione linguistica e quasi astratta del testo originario,è ben resa dalla regia di Germi,che sta sul concreto e dipinge un quadro d'insieme realistico che non è esente da pietà anche per chi si è macchiato di sangue.La bellezza di questo cinema ,anche,era il saper affidare una buona battuta anche in bocca a caratteri men che secondari,e le facce esprimevano verità:uno degli autori,a mio parere,meno celebrati della cinematografia italiana,ancora una volta,trova il tono giusto e sa attrarre l'attenzione dello spettatore fotografando argutamente una parte di realtà.Ed il coraggio di aver scelto di trarre una sceneggiatura ed un film da un materiale letterario così importante,ma anche ostico alla traduzione,merita ancor più stima.

mercoledì 28 marzo 2012


PROFESSIONE ASSASSINO-The mechanic ( The mechanic,USA 2011)
DI SIMON WEST
Con JASON STATHAM.,BEN FOSTER, Tony Goldwin,Donald Sutherland.
AZIONE
Un piccolo cult del cinema d'azione anni Settanta,"Professione assassino",nel quale un Charles Bronson particolarmente intenso interpretava un killer professionista,dallo stile unico e dal talento impressionante,che prendeva sotto la propria ala un giovane scapestrato,figlio di un amico che purtroppo era rientrato nelle commissioni da svolgere,e proprio il protagonista aveva dovuto mandarlo all'altro mondo,e,allevando il ragazzo a diventare un sicario professionista,si metteva contro nemici potenti,per arrivare ad un colpo di scena finale doppio.Quarant'anni dopo,avendo rinunciato Brad Pitt ad interpretare la parte principale,è l'inglese Jason Statham ad impersonare Arthur Bishop,l'implacabile geometra dell'omicidio che ha un estro alquanto vivo nell'ideare le modalità degli assassinii affidatigli:la regia passa da Michael Winner a Simon West,che non ci ha fatto mancare cose mediocri nel corso della sua carriera (va citato perlomeno "Lara Croft"),ed un budget più sostanzioso,a giudicare dalle esplosioni presenti nella storia.Il film,tutto sommato,è un action ben girato,che mantiene il canovaccio dell'originale,include alcune sequenze di impatto (il primo "incarico" svolto da Bishop,anche se si regge su uno snodo narrativo improbabile,è cinematograficamente interessante),ma ha il difetto di arrivare alla conclusione tradendo la buona soluzione del film del '72,ribaltandone il senso,per la smania di protagonismo della star (relativa,ma del genere lo è eccome).Peccato,perchè ad esempio la "prova del fuoco" di Ben Foster,lo scontro con il gigantesco killer rivale che aveva cercato di sedurlo in un inaspettato corteggiamento omosex esprime una tensione non di scarso livello,ma West,se da un lato tiene bene il rullo del ritmo,rende fin troppo patinata la narrazione,facendo del remake di "Professione assassino" un mancato esempio di rifacimento che funziona.

MR.BEAVER (Mr.Beaver,USA 2010)
DI JODIE FOSTER
Con MEL GIBSON,JODIE FOSTER,Anton Yelchin,Jennifer Lawrence.
DRAMMATICO
Il tema al centro della cinematografia,da regista,per Jodie Foster è la famiglia,che per quanto stramba,tenuta insieme a fatica e assurda possa sembrare,è l'ultima difesa dell'individuo verso l'esterno,che rischia di far traballare l'equilibrio mentale e comportamentale:in verità,per il dirigente di una grossa azienda di giocattoli,Walter,la sanità di mente è un bene molto relativo.Precipitato in una depressione acutissima,trova nella marionetta di un castoro rinvenuta tra i rifiuti una sorta di alter ego,un doppio di se stesso che lo riporta su d'umore,inventivo e grintoso come ormai non sapeva più essere,indossando il balocco su di un braccio. Dalle prime reazioni positive di moglie e figli,che pensano di aver recuperato il miglior Walter,si passa ad un'eccesso della nuova personalità,che diviene un vero e proprio caso mediatico,e si lascia andare a idee con riflessi inquietanti,finchè ad un certo punto,le cose dovranno avere una svolta in senso buono o meno.La Foster dirige con piglio appassionato una vicenda spesso astrusa,riportando spesso il tono della narrazione ad una dimensione intimistica che non guasta,ma dà sempre l'impressione di essere nei pressi di trasformarsi in una regista davvero in gamba,senza convincere del tutto mai:Gibson,al rientro dopo anni non facili,dovute ad una crisi personale non meno pesante di quella del personaggio che interpreta,regge bene l'assurdo della situazione e dà uno smalto genuino ed in equilibrio tra follia e simpatia al suo uomo sperso,la regista si ritaglia un ruolo importante ma che lascia la scena all'altro personaggio principale,e il film intero,che ad un certo punto assume una statura che lo rende veramente interessante,sa infine di un'occasione non sfruttata appieno.Peccato,perchè tenere in equilibrio dramma e commedia non è mai semplice.

martedì 27 marzo 2012


A 30 SECONDI DALLA FINE ( Runaway train,USA 1986)
DI ANDREJ KONCHALOVSKIJ
Con JON VOIGHT,ERIC ROBERTS, Rebecca De Mornay,John P.Ryan.
DRAMMATICO/AZIONE
Una vecchia sceneggiatura di Akira Kurosawa,che prevedeva l'azione svolta in Unione Sovietica,ed il treno senza controllo al centro del film sfrecciante nella taiga siberiana anzichè in Alaska,diviene,per paradosso dei tempi e delle bizzarrie del cinema,un film d'azione americano diretto da un russo trapiantato negli States.La storia di un'evasione,che comunque fa parte del lungo prologo al cuore del racconto vero e proprio,la condizione di tre esseri umani alla disperazione su un mezzo lanciato verso la catastrofe,divenendo un elemento di potenziale distruzione,si trasforma nel probabilmente miglior film prodotto dall'ormai defunta Cannon di Golan e Globus,a metà anni Ottanta produttori d'assalto di molto cinema action,per i quali firmarono contratti star del genere come Sylvester Stallone e Chuck Norris.Violento e crudo anche nei dialoghi,oltre che in alcune sequenze di tensione maiuscola,quali l'incontro di pugilato in carcere che presenta per la prima volta la natura belluina del detenuto interpretato da Jon Voight,e quasi tutta la parte sul treno,"A 30 secondi dalla fine" è un cult-movie elettivo,di cui è difficile non invaghirsi,da cinefili:dentro c'è un'attenta costruzione dei personaggi,la sapiente costruzione del pathos tra i caratteri,l'elaborazione di una doppia nemesi che diviene ossessione folle ed inferocita sia di Manny (Voight) che del direttore del penitenziario,una fortezza tra le nevi perenni,volta a disintegrare l'Altro,che è uno specchio distorto della medesima ,colossale,furia.La scena dello scontro nell'abitacolo che ospita,sotto pressione indicibile,Voight,Roberts e la De Mornay è da manuale della recitazione,per come sa far esplodere la tensione e dipingere la presa di coscienza della propria sconfitta,a livello umano,del fuggitivo più anziano:ed un finale che non è esagerato definire epico è l'adeguata conclusione di un film trascinante,splendido,appassionante.Per quanto sia affezionato a Paul Newman (e comunque glielo potevano dare almeno altre sette o otto volte,per interpretazioni ben più memorabili,prendo a caso "Il verdetto" o "Lo spaccone"),l'Oscar 1987 non dato a Jon Voight è un vero e proprio scandalo:al rilancio come interprete dopo qualche anno di eclissi,l'imponente biondo dona carisma,un'applicazione etica severa fino alla pazzia,un'inclinazione alla violenza senza possibilità di essere contenuta,e la capacità di un atto di compassione che umanizza definitivamente un carattere che assume,nel finale,la forza di un Titano dello schermo.D'intorno,gli fanno buon corollario un tesissimo Eric Roberts,una spaurita ma tenace Rebecca De Mornay,ed un livido John P.Ryan.

lunedì 26 marzo 2012


LORD JIM ( Lord Jim,USA 1966)
DI RICHARD BROOKS
Con PETER O'TOOLE, James Mason,Curd Jurgens,Daliah Lavi.
DRAMMATICO/AVVENTURA
L'opera di Joseph Conrad ha ispirato molto cinema di qualità,l'esempio della derivazione di "Apocalypse now" da "Cuore di tenebra" può bastare:nelle mani di un regista impegnato come Richard Brooks,che nella decade '60/70 realizzò forse i suoi lavori migliori,"Lord Jim" diviene un kolossal avventuroso che pone questioni profonde sulla natura dell'eroismo,sull'etica da assumere di fronte alle scelte da parte di chi comanda o chi viene eletto leader da chi è disposto a sacrificarsi o intraprendere azioni dedite a rivoltare uno status.Jim è un marinaio dotato di capacità non comuni,carismatico,che ha ogni carta in mano per diventare un condottiero,ma un episodio increscioso in mare ne decreta lo svolgimento dell'esistenza.E davanti ad ogni snodo cruciale delle imprese che andrà a compiere avrà spesso la Paura a fargli compagnia,creando perdite e disagi nei compagni di ventura che gli si stringono attorno,salvo compiere una scelta etica,appunto,che lo riabiliterà a se stesso,ad un prezzo altissimo. Lungo oltre due ore e venti,nella versione definitiva,più lunga di un buon quarto d'ora rispetto alla versione distribuita in Italia (alcuni dei dialoghi in inglese sono a testimoniarlo),il film ha un cast azzeccatissimo,che include un Peter O'Toole dilaniato tra terrore da vile e slanci da prode,una bellissima Daliah Lavi,attrice israeliana che comparve in pochi altri film,un laido ed infame opportunista interpretato da Curd Jurgens (qui Curt),ed un crudele Eli Wallach.Inoltre,appunto,bilancia il racconto tra sequenze d'avventura incalzanti e considerazioni filosofiche che ne fanno un apologo impegnativo. E' più semplice indossare la gloria che impugnare il coraggio,e "Lord Jim" enuncia tale assunto con chiarezza.

domenica 25 marzo 2012


HYSTERIA ( Hysteria,GB 2011)
DI TANYA WEXLER
Con HUGH DANCY,MAGGIE GYLLENHAAL,Rupert Everett,Jonathan Pryce.
COMMEDIA
L'invenzione di un oggetto molto più diffuso di quanto non si supponga,ma ancora oggi considerato tabù come il vibratore,che supplisce per molte signore la mancanza di un contatto sessuale garantito ed affidabile,è al centro di questa commedia in costume diretta dalla nipote dello storico direttore della fotografia di "Qualcuno volò sul nido del cuculo",Tanya Wexler.In un'Inghilterra vittoriana,in cui ovviamente ogni riferimento al sesso è portatore di scandalo,un giovane dottore escogita un metodo per porre rimedio agli isterismi pre-fase depressiva di alcune sue pazienti,individuando nella mancanza di piacere fisico il nodo cruciale di tali sintomi.Il film è gradevole,recitato da un buon cast nel quale si aggira un sornione Rupert Everett,oggi come oggi tra i migliori interpreti dei "supporting roles",e porta avanti una tematica non semplice con sfoggio di leggerezza.Però non tutto va a puntino,si mette anche troppa carne al fuoco,con rivendicazioni femministe ante-litteram che sviano dall'argomento,o perlomeno ne enfatizzano alcuni lati,ma fanno perdere di vista altri,dato che più che altro si prende in considerazione l'ipocrisia benpensante circa la sfera sessuale,e in particolar modo come la viva la donna.E l'intera pellicola ha garbo,assenza di volgarità,ma a tratti sa di compitino rileccato anche troppo lezioso,per convincere davvero.

QUASI AMICI-Intouchables (Intouchables,F 2011)
DI OLIVIER NAKACHE,ERIC TOLEDANO
Con FRANCOIS CLUZET, OMAR SY, Anne Le Ny,Audrey Fleurot.
COMMEDIA/DRAMMATICO
Il film che sta insidiando i record di "Avatar" in Francia è la pellicola "di casa" "Intouchables",da noi reintitolata "Quasi amici",e pure in terra nostrana sta consolidando cifre di riguardo,considerato che è un fenomeno che si sta ampliando con il passaparola,e raccoglie spettatori di ogni fascia di età:dalla storia vera di un ricco imprenditore ritrovatosi tetraplegico dopo un incidente mentre si godeva uno dei suoi hobbies,il parapendio,e di un giovane extracomunitario(nella realtà marocchino,nel film senegalese)  che diviene il suo tutore pur venendo da un passato turbolento,e scoprendo l'uno per l'altro un affetto fraterno potentissimo. Due esseri umani lontanissimi per estrazione,gusti,sorti,che il Caso o il Destino fanno incontrare,e che si accorgono di infondersi reciproca vitalità e se il più giovane dà scariche di sguaiato entusiasmo,il più anziano aiuta l'altro ad aprirsi la mente e andare oltre i propri limiti. Ben raccontato e sobriamente tenuto in equilibrio tra commedia e dramma,visto l'argomento inquadrato,il film diretto a quattro mani da Olivier Nakache e Eric Toledano va via con ritmo e abile gioco d'attori,che sono un valore inscindibile dell'operazione:ottima la performance di Cluzet,che sfodera un'ampia gamma d'espressioni,e altrettanto memorabile quella di Sy,che viene dal registro brillante.Certo,qualche clichè è avvertibile,la lezione di vita per entrambi i personaggi l'abbiamo vista altre volte sullo schermo,ma,sostenuta da una colonna sonora da acquistare a firma Ludovico Einaudi,la pellicola francese ha il pregio di parlare di cose serissime come l'attaccamento alla vita,la disponibilità di guardare oltre le provenienze e l'aver fiducia nel prossimo,con leggerezza ma senza superficialità.Non poco rispetto a molto cinema che scorre sugli schermi con più ambizioni e meno spessore.

venerdì 23 marzo 2012


L'ASSASSINIO DI UN ALLIBRATORE CINESE
( The killing of a chinese bookie,USA 1980)
DI JOHN CASSAVETES
Con BEN GAZZARA, Timothy Carey,Seymour Cassel,Robert Philips.
NOIR
Cosmo Vitelli è un "american dreamer",a modo suo,si è tirato su un locale sordido quanto si vuole,ma ha pagato i debiti per crearlo,e si gode il suo status di imprenditore con belle donne,cene in bei ristoranti e la limousine con autista:quando contrae un debito di gioco pesante,si ritrova in un notevole guaio.Quella è gente che non scherza,e mette in trappola tutti coloro che si arrischiano troppo:a lui,per decurtare le migliaia di dollari che deve al casinò,commissionano un delitto,c'è da far fuori un altro personaggio di bassa lega,e Vitelli si ritrova a dover scegliere se perdere tutto o eseguire l'incarico affidatogli. Noir a proprio agio nell'era in cui è stato girato,di cui riporta genuinamente l'aria del tempo,e insaporisce di colori e atmosfere il racconto,"L'assassinio di un allibratore cinese" è l'occasione per John Cassavetes di realizzare un film di genere che mantenga un'impronta autoriale consistente,sappia tenere lo spettatore desto con la discesa ad un inferno personale di un uomo che non si è saputo gestire,ma ha provato a rendere reali i suoi,per quanto opinabili e anche vagamente squallidi,sogni.Ben Gazzara si conferma anche qui uno degli interpreti più intonati,e forse anche sottovalutati,della propria generazione,donando al protagonista la luce intelligente del proprio sguardo e la durezza dei tratti che si accompagna ad improvvisi squarci di sensibilità del personaggio:d'intorno,brilla lo scuro splendore di Azizi Johari,di una bellezza stordente.Il film è uscito nel 1980,ma è stato realizzato quattro anni prima:i progetti di Cassavetes avevano spesso problemi finanziari,purtroppo.

mercoledì 21 marzo 2012


BUFFALO BILL E GLI INDIANI,ovvero la lezione di Storia di Toro Seduto (Buffalo Bill and the indians,or Sitting Bull's History Lesson,USA 1976)
DI ROBERT ALTMAN
Con PAUL NEWMAN,Burt Lancaster,Frank Kaquitts,Will Sampson.
WESTERN
Nella sua stagione più intensa come creatore di cinema,Robert Altman passò da quello che fu il suo lavoro più rappresentativo,"Nashville" ad una parodia adulta del western,cosceneggiando "Buffalo Bill e gli indiani" assieme a Alan Rudolph,considerato all'epoca il regista a lui più vicino per attitudine e argomenti scelti per i propri film.Degli eroi del West più popolari,William F.Cody è quello meno legato ad avvenimenti storici,o a battaglie sulla via dell'unificazione degli Stati d'America:colui che venne chiamato Buffalo Bill fu la leggenda che cavalcava,l'avventuriero di mirabolanti imprese,cacciatore di bisonti e pistolero rinomato,che in tarda età divenne l'attrazione numero 1 di un circo itinerante.La metafora è chiara,Altman e Rudolph intendono abbattere a martellate i Miti che hanno fatto lievitare sia il cinema USA che gli stessi States nell'immaginario collettivo mondiale:la baracconata che vede in una soluzione di ripetizione fissa l'Eroe Americano dominare il Temibile Pellerossa è il manifesto di un'inconsapevole sconfitta,gli applausi sono la moneta fasulla che l'America degli intrusi paga a se stessa per autocelebrarsi,ma a ben vedere,è più una sconfitta morale che un modello da imitare. La lezione,non solo di Storia,ma anche etica che il leggendario capo indiano impartisce silenziosamente al fanfarone borioso ed avido di fatua gloria ,viene assorbita da questi,che saprà offrire un sorriso trionfante solo di facciata,deplorando se stesso e la tragicomica recita della vittoria che è condannato a portare in giro ogni volta. Il film ha interpreti di prim'ordine,da un Newman che volonteroso indossa un personaggio poco positivo,a Burt Lancaster,Harvey Keitel,Will Sampson,Joel Grey,ma dà la sensazione di arrivare tardi:se fosse uscito una decina d'anni prima i morsi inferti al Mito Americano avrebbero avuto ben più significato.Sulla scia dell'ondata destabilizzante sorta già con "Soldato blu",le leggende del West erano già state percosse e smontate abbondantemente,e anche se si riconosce in più sequenze il tocco altmaniano sarcastico ed aggressivo,"Buffalo Bill e gli indiani" è un'opera minore nella cinematografia di un autore tra i più caustici d'America.

POSTI IN PIEDI IN PARADISO( I,2012)
DI CARLO VERDONE
Con CARLO VERDONE,PIERPAOLO FAVINO,MICAELA RAMAZZOTTI,MARCO GIALLINI.
COMMEDIA
Ha ragione Carlo Verdone quando nelle interviste dice che la commedia italiana non racconta la vita reale delle persone,perchè spesso racconta un Paese che non esiste,se non nella testa degli sceneggiatori e dei produttori,e non è lontanissimo da ciò che si vede negli spot e nelle fiction televisive:perchè una commedia sia apprezzabile davvero,deve dare un'idea del momento storico che riguarda,sia quello attuale che precedente.Ne ha meno quando il suo nuovo film si avvia al finale e sembra andare un pò per conto suo,o rifugiarsi in un familismo scontato e non per forza portatore di cose positive,e neanche quando fa dire al personaggio del critico cinematografico in crisi Pier Francesco Favino che prende 1900 Euro al mese quasi se ammettesse una vergogna.Se,come consigliava Zavattini,gli sceneggiatori si facessero un giro su un autobus e chiedessero la retribuzione mensile dei passeggeri forse rimarrebbero sgomenti,se data cifra sembra loro una miseria.A parte questo,"Posti in piedi in Paradiso" è una commedia che tratta di tre padri di famiglia,uno meschino,un altro egoista e l'altro (quello del protagonista) più incauto che altro,che si ritrovano a condividere un appartamento piccolo da sconosciuti,e le vicissitudini che legano i tre personaggi,tra la difficoltà a mettere insieme la cena o adattarsi ad altre persone.Si ride,e non poco,con felici intuizioni di copione,la buona forma degli interpreti e l'affiatamento che emerge,tra i tre coprotagonisti,complice anche Micaela Ramazzotti,che sia per fascino,per la voce rauca e la disponibilità a spendersi in commedia potrebbe divenire un'erede affidabile di Monica Vitti:peccato che l'ultima parte del racconto deceleri sensibilmente,e avvii ad un triplo finale che smorza l'effetto positivo fino allora assorbito dallo spettatore.C'è da dire,tuttavia,che Verdone interprete è uno dei non molti che ha saputo negli anni adattare all'età che avanza i personaggi proposti e la maniera di recitare,cosa non da poco nel panorama del nostro cinema brillante.

lunedì 19 marzo 2012

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HARRY POTTER E I DONI DELLA MORTE-Parte II
(Harry Potter and the deathly allows part II,USA/GB 2011)
DI DAVID YATES
Con DANIEL RADCLIFFE, Ralph Fiennes,Emma Thompson,Alan Rickman.
FANTASTICO
Si conclude dopo dieci anni,sette film (l'ultimo capitolo è diviso in due) e diversi cambi di regista la saga di Harry Potter al cinema:lo scontro con Vooldemort è giunto al culmine,e la questione di vita o di morte,con lo scatenamento delle forze del Bene contro quelle del Male è ormai inevitabile,si sciogliono gli ultimi nodi del plot generale e tutto,infine,viene spiegato.Ovviamente è stato uno degli episodi più remunerativi sia dell'intera serie,che degli ultimi anni al box-office mondiale,ma era scontato.A questo punto,lo posso dire definitivamente:continuo a non percepire l'interesse che trovo esagerato verso le avventure del piccolo mago di Hogwart,lo trovo un personaggio freddo,senza una personalità spiccata,spesso in balia delle onde e capace di salvarsi quasi per eccesso di sicurezza dei propri nemici che per capacità speciali proprie. A livello di regia,ordinarie quanto mai,corrette professionalmente ma altrettanto senza doti di spicco che le facessero brillare,si arriva alla lotta conclusiva con la nemesi che,come tale,è infine uno specchio distorto e oscuro del protagonista,come tradizione insegna:ma non ci sono l'ampiezza delle mitologie lucasiane,nè l'epica ridondante dell'adattamento di Tolkien per il cinema,e neanche lo spirito ironico di Indiana Jones.Harry Potter è un eroe che non scuote,non attrae,non emoziona (parlo a titolo personale),ma che probabilmente ha preso campo per assenza di altri personaggi carismatici cui affezionarsi:ci sono effetti speciali di un certo peso,una produzione ricca,un tutto sommato buon lavoro su musiche,scenografie e maestranze varie.Ma anche qui,non ci si esenta da un filo di noia che nessuna magia riesce ad eliminare del tutto.E a questo punto,è finita davvero. A meno che la Rawling non ci ripensi,prima o poi....

GIORNATA NERA PER L'ARIETE ( I,1972)
DI LUIGI BAZZONI
Con FRANCO NERO, Ira Furstenberg,Wolfgang Preiss,Pamela Tiffin.
THRILLER
Uno dei titoli più "originali",coniato in un'epoca nella quale prosperavano simili iniziative,tipo "Un tipo con la faccia strana ti cerca per ucciderti",è stato "Giornata nera per l'ariete",che,tra l'altro,fornisce una chiave di un certo peso per venire a capo degli omicidi commessi da un assassino in un'imprecisata grande città europea,che bizzarramente mescola nomi tedeschi,a italiani e inglesi.Indaga un giornalista con problemi piuttosto seri di alcoolismo,i delitti sembrano scollegati l'uno dall'altro,ma ci sarà un filo conduttore che metterà il protagonista sulla strada giusta per scoprire il colpevole. Dei tre film diretti da Luigi Bazzoni,questo è il più celeberrimo,nato sulla scia dei thriller argentiani,di cui ripropone l'attenzione al dettaglio apparentemente insignificante che diviene inquietante se inquadrato in una certa prospettiva o in un dato momento:il film non è così male come il titolo lascerebbe supporre,ma vige una sgangherataggine non indifferente nell'imbastimento della sceneggiatura,che inserisce personaggi più che altro per creare nello spettatore l'incertezza sull'identità del killer,e tralascia per esempio l'alcoolismo del protagonista dopo un terzo di racconto,quasi dimenticandosene. Franco Nero,al tempo uno dei divi più spendibili in pellicole da vendere anche ai mercati esteri,se la cava attorniato da donne belle come Ira Furstenberg,Agostina Belli,Pamela Tiffin,ma a molti degli interpreti si sono dimenticati di costruire un personaggio che sia tale.L'intreccio giallo porta ad una spiegazione sufficientemente balzana,che include una derivazione zodiacale a costruire il movente degli assassinii:ci sono lentezze e si arriva al finale con un'accelerazione improvvisa che lascia perplessi.Ci sono scene in cui viene elaborata una suspence abbastanza concreta,come quella che prepara il primo delitto,e quella in cui un bambino si chiude dentro la propria casa e realizza che c'è qualcuno all'interno,e bilanciano i non pochi difetti di questo film.

martedì 13 marzo 2012


THE DOUBLE ( The double,USA 2011)
DI MICHAEL BRANDT
Con RICHARD GERE,TOPHER GRACE,Odette Annable,Martin Sheen.
THRILLER
Un assassino che si pensava morto torna dall'ultima fase della Guerra Fredda,e ricomincia ad uccidere a Washington,usando una garrota per tagliare la gola alle proprie vittime:l'agente CIA che seguiva il caso all'epoca,visto che il killer era un russo che era stato identificato come "Cassio" dai Servizi,un addestratore di altri assassini che commetteva delitti su commissione,viene richiamato dal comando dell'Agenzia,e un giovane agente FBI che ha fatto la sua tesi di laurea proprio su Cassio ed i suoi omicidi,gli viene affiancato in una caccia all'uomo che porterà ad una verità sconcertante.Lo sceneggiatore Michael Brandt,che ha firmato copioni d'azione di film di successo (ma abbastanza balzani,come "Wanted" e uno degli ultimi "Fast and furious") esordisce dietro la macchina da presa con un thriller che presenta qualche tratto acerbo,ma infine è godibile ed incalzante,arrivando a rischiare parecchio rivelando un aspetto importantissimo e apparentemente cruciale dopo neanche mezz'ora di racconto,per poi accedere ad altri tranelli per lo spettatore che solo a pochi minuti dalla concitata fine verranno risolti. Giallo d'azione che comunque fa notare l'abilità del neoregista per ritagliare addosso ai personaggi le giuste battute e stabilire tra loro rapporti ambigui e densi,"The double" è un buon film,che gioca spesso di fino con l'attenzione dello spettatore,mettendo a repentaglio la propria credibilità e fingendo di aver detto tutto quello che c'era da far intuire per poi ritrovare con un guizzo il verso di aver sbalordito il pubblico come davanti ad un riuscito gioco di prestigio. Richard Gere dosa il proprio personaggio tra segreti,attacchi di violenza e improvvise malinconie,Topher Grace è convincente come non gli era riuscito prima,e tra i due si innesca un rapporto che sta in precario equilibrio tra la rivalità e la collaborazione,fino al finale in cui ognuno dei caratteri in gioco si vedrà costretto a gettare sul tavolo le proprie verità e cercare di portare a casa la pelle.

TOWER HEIST-Colpo ad alto livello ( Tower Heist,USA 2011)
DI BRETT RATNER
Con BEN STILLER,EDDIE MURPHY,Casey Affleck,Matthew Broderick.
COMMEDIA
I disastri prodotti da chi ha gestito montagne di denaro virtuale e non negli anni dell'allegrissima finanza di qualche tempo fa hanno generato la crisi acutissima e per ora non ancora risolta che il mondo sta vivendo:e la cosa peggiore è che proprio coloro che hanno causato chiusure di aziende,disoccupazione a rotta di collo e situazioni drammatiche molto estese,praticamente se la sono cavata alla grande,e in moltissimi casi continuano a fare una vita agiata,in una totale assenza di responsabilità e di una condizione aliena ad ogni forma di coscienza.Se è vero che il film di genere canta spesso l'aria del tempo in cui è fatto,anche la commedia solitamente la dice lunga su usi e costumi di un'epoca:"Tower Heist",che inquadra un improbabile team di vittime degli impuniti magnati che con le loro macchinazioni innalzano e abbattono l'andamento economico della società,che si coalizza per realizzare una rivincita su un finanziere che ha una piscina sul tetto di un grattacielo di sua proprietà,che ha l'effige del dollaro come fondale.Il film di Brett Ratner è costruito con i meccanismi giusti,viaggia su un registro brillante senza cercare la risata facile,procedendo con leggerezza ma senza perdere di vista la propria missione,immaginare una rivalsa di quelli che sono abitualmente considerati la carne da macello di chi,da dietro un portatile o una scrivania crea disagi finanziari prima di andare a pranzo,senza neanche guastarsi la digestione.In uno scatto di ritrovato idealismo,il protagonista Ben Stiller arriva anche ad andare in carcere pur di ottenere una rivincita che riporti un pò di giustizia a gente defraudata o ridotta in miseria:d'intorno,il colorito cast è ben gestito dalla regia,che tiene a freno gli eccessi di Eddie Murphy regalandogli uno dei suoi ruoli migliori,e assembla attori normalmente abituati ad essere al centro di un racconto trasformandoli in caratteristi di prestigio.Un film che riscuote simpatia per il coraggio di una lucida condanna,pur ironica e sorridente,verso un ceto colpevole e sfacciatamente menefreghista rispetto agli effetti dell'abuso dei propri sporchi e ricchi comodi.

venerdì 9 marzo 2012


FILM D'AMORE E D'ANARCHIA ovvero "stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza..."
(I,1973)DI LINA WERTMULLER
Con GIANCARLO GIANNINI,MARIANGELA MELATO, Lina Polito,Eros Pagni.
COMMEDIA/DRAMMATICO
Sospeso tra commedia ambientata in un bordello e dramma che si fa presente sempre di più a mano a mano che il finale incombe,e la missione del povero cristo Tunin,contadino sedicente anarchico,si fa inevitabile:sparare al Duce,dopo i fallimenti di Bresci e Zamboni,dopo aver sostato,innamorandosi pure di una delle prostitute più giovani,in un casino.Lina Wertmuller delinea il suo stile registico e narrativo in maniera sempre più chiara in questo,tra i suoi film più celebri,che qualche anno fa ha avuto anche una versione teatrale con Elio,il cantante,come protagonista:c'è umorismo,una studiata trasandatezza di sentimenti e passioni,la disperazione a due passi dal sorriso,e personaggi sopra le righe o,come direbbero in America,"biggers than life".Giannini è bravissimo a giocarsi l'irruenza frastornata e mischiata a timidezza del suo contadinello venuto da lontano per compiere un gesto che avrebbe cambiato il corso storico di un paese,la Melato,in uno dei suoi ruoli più belli,che sta tra il rustico e l'intenerito,trovando la scena madre nell'azzuffata con Lina Polito per sabotare l'attentato che,prevedibilmente,si ritorcerà contro il giovane portandolo ad uno scatto di follia e poi ad una fine crudele:e nel ruolo del fascistaccio toscano,sparato a caratteri maiuscoli,Eros Pagni fornisce una performance da premio,sancendone la volgarità,la buffoneria spaccona che si trasforma in violenza nelle sedi adeguate. Un film che può non piacere per come volge dal riso all'orrore nello spazio di una scena,ma che dimostrava quant'era il talento della prima donna candidata come miglior regista in assoluto,quando girava a dovere.

giovedì 8 marzo 2012


L'ALTRA DONNA DEL RE ( The other Boleyn girl,GB 2008)
DI JUSTIN CHAPWICK
Con NATALIE PORTMAN,SCARLETT JOHANSSON, Eric Bana,Jim Sturgess.
DRAMMATICO
La questione storica circa Enrico VIII,ed i giochi amari di corte che portarono al patibolo Anna Bolena è stata molte volte affrontata dal cinema,con film importanti ("Le sei mogli di Enrico VIII" e "Un uomo per tutte le stagioni"),e altri meno:certo l'argomento si presta ad interpretazioni di diverso tipo e filosofia,la presa di distanza dalla Chiesa di Roma è un evento-spartiacque di portata fondamentale,e se a Zinnemann interessava vedere la faccenda dal punto di vista di Thomas Moore per intraprendere un discorso sulla coerenza in politica,questo film di Justin Chapwick,regista che è attivo dall'inizio degli anni Novanta,ma ha girato di rado,sottolinea,più che altro,l'iniqua amministrazione del Potere volto interamente al maschile che distribuiva esecuzioni con criteri assurdi e tendeva a schiacciare le figure femminili di spicco. Pur realizzato con buona cura nell'allestimento scenico,nella fotografia accesa e nei costumi,e contando su un cast ricco di nomi da caratteri maiuscoli sui manifesti,"L'altra donna del re" non centra a dovere la gravità degli argomenti sostenuti,non esprime,come sarebbe stato nelle intenzioni,l'indignazione per i soprusi compiuti su esseri umani passati dagli agi alle condanne in men che non si dica per capriccio o convenienza,e soprattutto non gode di gran respiro cinematografico,anche se ci sono dei carrelli e dei tentativi di fornire inquadrature insolite in alcuni frangenti.Del cast,non convince soprattutto un torvo Eric Bana come imponente re Enrico,meglio figurano le sorelle in conflitto e ad un passo dalla tragedia ricongiunte Natalie Portman e Scarlett Johansson.Però è uno di quei film che,in altre mani alla regia,avrebbe potuto risultare migliore e più incisivo.

mercoledì 7 marzo 2012


MANUALE D'AMORE 3 ( I,2011)
DI GIOVANNI VERONESI
Con ROBERT DE NIRO,CARLO VERDONE,MONICA BELLUCCI,RICCARDO SCAMARCIO.
COMMEDIA
In un'annata che ha visto le commedie targate Italia conquistare posizioni nella classifica dei film più visti che da trent'anni non sfioravano,in tale quantità,"Manuale d'amore" atto terzo,che ai nastri di partenza,con l'innesto di Robert De Niro sembrava tra i titoli più quotati nel totalizzare ottimi incassi,è stato invece la maggior delusione per la casa di produzione che l'ha allestito:è vero che "Amici miei-Come tutto ebbe inizio" è andato ancora peggio ed è costato anche di più,ma partiva anche più rischioso (e comunque è altrettanto fallimentare come operazione),e tuttavia sembrava che la franchise "Manuale d'amore" potesse andare avanti per chissà quanti capitoli. Tre storie con amori insoliti,che vedono l'avvocato Scamarcio che s'invaghisce,ad un passo dal matrimonio,della bella e capricciosa Laura Chiatti (ma si dovrebbe sposare con la Solarino,buttala via...) per scoprire che sta per compiere un passo falso enorme,in quel di Castiglione della Pescaia,il personaggio tv Verdone che si concede una scappatella extraconiugale con una mora assatanata per ritrovarsi in una situazione in stile "Attrazione fatale",e infine il professore americano di storia dell'Arte Robert De Niro che corteggia e si innamora della splendida spogliarellista Monica Bellucci,figlia del suo portiere di condominio Michele Placido.Il film è abbastanza balzano,rappresentando,come è consueto nella commedia italiana di oggi,un paese che non c'è,fin troppo solare o diretto discendente del mondo degli spot,con vistose ingenuità nell'assegnare parti e professioni dei personaggi.De Niro è impacciato,la Bellucci un pò troppo matura per il ruolo,Verdone ci mette più mestiere che convinzione,Scamarcio e la Chiatti sembrano stare sul set per fare un favore a Veronesi,e del cast meritano plauso solo Placido,che dà un piglio rustico ma efficace al proprio carattere,e la Finocchiaro,che tira fuori una sensualità fino ad allora relegata dietro la drammaticità delle donne che spesso rappresenta.Commenta il tutto il bravo Raphael Gualazzi,che curiosamente al Sanremo ove è stato presentato in pompa magna questo film si è aggiudicato il premio per i giovani con la stessa canzone che c'è come tema portante delle colonna sonora di "Manuale d'amore 3" (sicuri che sia stata una sorpresa la sua vittoria?).Da ridere c'è poco,da sbadigliare fin troppo.

AMORI MIEI ( I,1978)
DI STENO
Con MONICA VITTI,JOHNNY DORELLI,ENRICO MARIA SALERNO,Edwige Fenech.
COMMEDIA
Come risolvere per la frenetica Annalisa,bella donna sui trentacinque anni (ma la Vitti ne aveva dieci di più quando ha girato questo film,anche se ben portati),il problema di un marito un pò distratto dal lavoro come giornalista,e anche insofferente alle tante profusioni d'affetto mostrate dalla moglie?Semplice,ci si inventa un altro matrimonio,in un'altra città,con un uomo totalmente diverso dall'altro,e ci si divide in due facendo la brava sposa di entrambi,e in questo modo ritrovando un equilibrio personale,salvo ovvie complicazioni pratiche,tipo rimanere incinta e non sapere a chi attribuire la paternità (nel '78 la prova DNA era ancora remota...)."Amori miei",che fu il decimo incasso di una stagione che vide trionfare "Grease","Il vizietto" e "Il cacciatore",viene da una commedia firmata Garinei e Giovannini,sul palcoscenico del teatro leggero una garanzia per il pubblico:ma al cinema i limiti dell'operazione vengono fuori tutti,dalla recitazione sopra le righe di tutti,Vitti in primis,da una superficialità che permea tutta la storia,risolta allegramente e in souplesse,e dalla floscia carica umoristica della faccenda. Eppure Steno era un regista abile come pochi a saper divertire il pubblico,magari non con finezze da registi più "alti" della commedia all'italiana,ma in un cinema medio era una personalità di cui tener conto:qui si affida troppo al copione,e lascia andare a briglia sciolta gli interpreti,che eccedono regolarmente e non divertono lo spettatore.E dire che all'epoca il pubblico tributò un interesse notevole per questa pellicola,che risulta anche noiosa,rivista oggi.

BAR SPORT ( I,2011)
DI MASSIMO MARTELLI
Con CLAUDIO BISIO,GIUSEPPE BATTISTON,Antonio Catania,Bob Messini.
COMMEDIA
Libro di culto di molti lettori,"Bar Sport" era a detta di molti infilmabile,e per questo,per molti anni il progetto di trasporlo su schermo è stato rimandato e "palleggiato" tra vari sceneggiatori e registi:ci ha pensato Massimo Martelli,regista abilitato a commedie non baciatissime da grande successo di pubblico e non particolarmente attivo (il film precedente risale al 2002) a girare il quadro di umanità varia che stagna nel Bar Sport,dal barista tirchio ma romantico,a suo modo,al "tennico" che parla di tutto e abborda ogni avventore su qualsiasi argomento,dalle due anziane frequentatrici che hanno un commento acido per tutto,fino alla pasta storica,la "Luisona",da tempo immemore giacente nella vetrina dei dolci del locale.Il pubblico ha sostanzialmente rifiutato questa commedia,che non ha avuto neanche critiche entusiaste:in effetti l'andamento bozzettistico del racconto non ha la leggerezza che sarebbe occorsa,la verve manca,nonostante la consolidata bravura di molti degli interpreti che sono nel cast,alcuni relegati in parti brevissime,quali ad esempio Teocoli e Amendola,e soprattutto,benchè racconti una provincia che sembra una galassia lontana lontana,come un film dei tempi in cui è ambientato introduceva,"Bar Sport" cita quegli anni Settanta,ma ne dà un'idea non corrispondente alla realtà,a parte le macchine d'epoca e altri particolari in tono.Vogliamo mettere la riproduzione del periodo vista ne "La talpa"?Io ho questo ricordo dei Settanta,in cui l'autunno aveva dei colori opachi e il sole era uno splendore fortissimo.Ma il film di Martelli,che pure poggia su alcune idee niente male,come l'inserto di parti cartoon e piccoli dettagli simpaticissimi,quali il cappuccino "animato" e le zanzare come veri e propri stukas da piccoli ambienti,non ha respiro.

martedì 6 marzo 2012


SAFE HOUSE-Nessuno è al sicuro (Safe House,USA/SAF 2012)
DI DANIEL ESPINOSA
Con DENZEL WASHINGTON,RYAN REYNOLDS, Brendan Gleeson,Vera Farmiga.
THRILLER/AZIONE
Le "safe houses" sono dei simil-bunker teoricamente a prova di infiltrazione che i servizi segreti hanno disseminate in vari paesi:servono come punto d'appoggio e anche ,a volte,per eseguire interrogatori condotti con nulla considerazione dei diritti umani.Vi viene portato l'ex-agente CIA Tobin Frost(Denzel Washington),a Città del Capo,in Sudafrica,perchè ritenuto pericoloso dal servizio segreto di cui aveva fatto parte,e abile nel rivendere segreti agli altri,dal MI6 al Mossad,e quello che è il controllore della "safe house",Matt Weston (Ryan Reynolds),si ritrova a doverlo affiancare nella fuga dal luogo,che viene assaltato con successo da un commando di ignota provenienza.L'alleanza forzata è più complicata del previsto,perchè oltre a dover sopravvivere e riportare l'uomo ai contatti dell'Agenzia,Weston deve controbattere le iniziative pericolosissime attuate da Frost per liberarsi di lui. Il thriller,diretto con abilità e bravura da Daniel Espinosa,alla prima regia con una grossa produzione ,tiene lo spettatore avvinto in una tensione urticante e ben distribuita,fatta di colpi di scena abbastanza ben gestiti,contrapponendo due caratteri dissimili (richiama un pò "Training day",con lo stesso Washington,ma in meglio) anche se partiti da un comune idealismo iniziale,e si sciupa in un finale in cui si deve,una volta ancora,affermare la possibilità di una vittoria del Bene a tutti i costi,che appare abbastanza forzata,date le enormi risorse,anche tecnologiche, dei Servizi.Tra Washington e Reynolds si forma una discreta "chemistry",anche se è curioso che il primo tenda ad istrioneggiare con frequenti ammiccamenti,soprattutto nella prima parte del film,mentre l'altro sia qui particolarmente poco espressivo.D'intorno,svariati buoni attori a volte costretti in ruoli che durano un paio di scene e poco più (Liam Cunningham,Robert Patrick),e interpreti già adatti a sostenere un intero film come protagonisti (Gleeson,Farmiga),utilizzati come caratteristi de luxe.Molte le scene di inseguimento,sia in auto che a piedi,numerose le sparatorie,ma il thriller ha anche una tenuta di suspence genuina,che gli giova,e forse Espinosa è un nome su cui puntare:peccato,solo,per un finale paradossalmente meno probabile di quello dell'ultimo "Mission:impossible".

lunedì 5 marzo 2012


IL TRUFFACUORI ( L'arnacoeur,F 2010)
DI PASCAL CHAUMEIL
Con ROMAIN DURIS,VANESSA PARADIS, Julie Ferrier,Jacques Frantz.
COMMEDIA
Primo film di Pascal Chaumeil,che in patria ha totalizzato cifre interessanti,mentre da noi è passato più inosservato:lo spunto della commedia è intelligente,acuto,un trio che di professione rovina imminenti matrimoni,foraggiati dalle famiglie di uno dei due sposi.Questo accade con una precisa divisione di ruoli,il seduttore,la complice,il guastafeste:le cose si complicano quando Duris,lo sciupafemmine,si innamora di una delle "vittime" e manda all'aria sia la società che la missione.Il film,come si diceva,parte piuttosto bene e diverte nella prima parte,poi comincia a zoppicare quando diventa sentimentale e prevedibile,scivolando inesorabilmente verso un lieto fine che è fin troppo prevedibile.Non è brutto,si sorride,gli attori sono in parte,ma da come parte ci si aspetta di più,di meglio,qualcosa di originale,ma ciò non accade,e si spreca uno spunto che poteva dar vita ad una commedia più caustica e brillante.

PERCHE' SI UCCIDE UN MAGISTRATO ( I,1974)
DI DAMIANO DAMIANI
Con FRANCO NERO,Francoise Fabian,Renzo Palmer,Pier Luigi Aprà.
DRAMMATICO
Quando il "film di mafia" era un vero e proprio filone,e come tale ispiratore di tanto cinema di basso livello,ma anche di cose importanti,a Damiano Damiani va riconosciuta coerenza narrativa e impegno sentito,pur se non sempre i suoi film avevano una riuscita maiuscola.Alfiere di un cinema medioalto,che piaceva al pubblico e otteneva tiepido apprezzamento dalla critica,il regista ha realizzato numerosi titoli per analizzare il fenomeno della malavita organizzata,delle sue regole e del suo insediamento nella vita anche di persone non immediatamente collegabili ad essa."Perchè si uccide un magistrato" racconta della crisi di coscienza che investe un regista arrivato al successo con un film che mostra un giudice colluso con la mafia che viene ucciso,e dopo le polemiche arrivate insieme al consenso di pubblico,il magistrato che è stato usato come riferimento su cui forgiare il personaggio di finzione viene assassinato.Il regista,che viene dal giornalismo di sinistra,viene accusato di aver fomentato l'odio verso il funzionario di Stato,ed avvia un'indagine rischiosa e personale,fino a scoprire la vera natura dell'omicidio,che porta su una svolta che scomoda sia la mafia,che chi gli è nemico.Non sempre a fuoco,ma avvincente e aspramente polemico per come si sacrifichi l'onestà di fondo sia morale che intellettuale alla lotta contro l'affermazione di un regime mafioso,il film ha un Franco Nero concentrato e in una delle sue migliori prove d'attore come protagonista.Nel cast,gli fanno buona compagnia un'affranta e ambigua Francoise Fabian,moglie dell'uomo ucciso,e Renzo Palmer,imprenditore e malavitoso attaccato ai valori all'antica.Ultrakitsch l'utilizzo di una canzone di Iva Zanicchi nella sequenza di un delitto della mala,ma a suo modo funzionale.

SESSO,BUGIE & VIDEOTAPE ( Sex,lies and videotape,USA 1989)
DI STEVEN SODERBERGH
Con JAMES SPADER,ANDIE MCDOWELL, Peter Gallagher,Laura Sangiacomo.
DRAMMATICO
Caso "indipendente" del 1989,vincitore a sorpresa dell'edizione di quell'anno della Palma d'Oro a Cannes,pur tra qualche perplessità in giuria,l'esordio di Steven Soderbergh conquistò soprattutto la critica giovane,che vide nel suo film una lettura lucida e senza fronzoli della sessualità com'era vissuta nei tardi anni Ottanta,resa in maniera ovattata al cinema e inquadrata con uno straniante passo indietro dell'opinione pubblica rispetto alla ben più disinibita decade precedente.Il film incrocia due uomini e due donne,una coppia in crisi,la sorella della donna sposata,che si tuffa allegramente nel letto del cognato,ed un amico che si tiene lontano dall'aspetto più forte del sesso,il contatto fisico,tramutando la propria cinepresa vhs nell'oggetto di piacere,riprendendo donne che parlano della loro vita sessuale,ed eccitandosi nell'ascoltare le rivelazioni di queste.Ma ovviamente il fattore umano ci mette lo zampino,e manda all'aria gli equilibri,facendo sì che gli infelici si spingano l'uno verso l'altra,pur con svariate riserve.L'opera prima di Soderbergh ha un'edizione italiana non entusiasmante,e abbozza temi non semplici con distaccata chiarezza,ma è un film più interessante che bello,statico nei tempi di narrazione e sostanzialmente freddo,nonostante parli di inusuali modi di vivere un sentimento.Gli interpreti sono comunque intonati,dalla bellissima Andie McDowell che mostra un'ingenuità forzata,atta a rivestire lo sconforto che si porta dentro per l'infelicità che le ha portato sposarsi con un uomo che non la merita,al tormentato James Spader,che rifugge la vita vera preferendo visionare video,ai due fedifraghi Peter Gallagher e Laura Sangiacomo,i personaggi più cinici del racconto,ma anche molto vulnerabili,forse anche perchè hanno impostato la loro relazione come un capriccio dovuto.

sabato 3 marzo 2012


NESSUNO MI PUO' GIUDICARE ( I,2011)
DI MASSIMILIANO BRUNO
Con PAOLA CORTELLESI,RAOUL BOVA, Rocco Papaleo,Anna Foglietta.
COMMEDIA
Se è vero che la commedia deve rispecchiare l'epoca in cui è prodotta,e,a distanza di tempo,è uno dei generi che meglio sa raccontare il "come eravamo",può darsi che "Nessuno mi può giudicare" è uno dei film italiani brillanti degli ultimi anni che ha inquadrato una parte della realtà italiana di oggi:soldi facilmente persi,condizioni socioeconomiche che cambiano in pochissimo,un razzismo che c'è,sia a piani alti che bassi della società,l'ipocrisia del chiamare "escort" le puttane perchè suona meglio,tutto vero.Ed il film di Massimiliano Bruno è gradevole,anche troppo,azzecca diverse battute,conta su un buon gioco d'attori che vede una Paola Cortellesi finalmente convincente davvero sul grande schermo,Raoul Bova credibile ed autoironico Romeo di periferia,Rocco Papaleo forse nel miglior ruolo avuto per adesso al cinema,che fa un numero da caratterista di spicco,divertendo la platea con sapienza.Però il film dà un quadro anche troppo roseo di una donna che per ribaltare una situazione debitoria spaventosa si mette a fare la prostituta di lusso,rimettendo velocemente la propria condizione a posto,la qual cosa,moralmente,si può discutere ma anche difficilmente digerire con nonchalance.Inoltre,tutti simpatici,anche i vicini zotici e xenofobi,ma sarà mai possibile?Si ride,verissimo,e fatte le considerazioni di cui sopra,il film è un pò al di sopra di molti suoi simili di questi anni.Però la faciloneria è ad un passo,e i maestri d'un tempo avrebbero evitato certi tranelli e cadute di gusto.Adattiamoci,ma speriamo in meglio.