PACIFIC RIM (Pacific Rim,USA 2013)
DI GUILLERMO DEL TORO
Con CHARLIE HUNNAM,RINKO KIKUCHI,IDRIS ELBA,Ron Perlman.
FANTASCIENZA
L'arrivo dei robot giganteschi,solitamente ultimo baluardo della Terra contro invasori extraterrestri ha contraddistinto l'immaginario cartoonesco di diverse generazioni,dal 1978 in poi,l'anno dell'esplosione di Goldrake,seguito dai vari Jeeg, i due Mazinga ,Daltanious,Vanguard,eccetera:Guillermo Del Toro ha realizzato questo progetto,che covava da anni,dopo aver accantonato l'offerta di girare "Lo Hobbit",trilogia poi presa in mano da Peter Jackson,che doveva inizialmente produrla e basta.In un futuro non lontanissimo,la Terra,attaccata ferocemente da mostri colossali,di furia primigenia,deve contare su automi altrettanto gargantueschi,che necessitano di due piloti connessi all'interno del posto di comando,perchè uno solo non reggerebbe l'energia scatenata dalla guida del robot:dopo un prologo di un quarto d'ora,che ci mostra come uno dei protagonisti,già pilota di una delle macchine anti-Caijun (il nome delle creature distruttrici) abbia perso il fratello in uno scontro,e gli venga affiancata una scienziata giapponese,che cela un segreto.Il film,molto spettacolare,porta in scena quel che finora solo i manga avevano saputo mostrare:battaglie epiche in vari contesti,che siano mari in tempesta,città semidistrutte dai colpi dei titani,e tuttavia mantiene anche una certa cura nello sviluppo della trama.Pur cedendo a qualche clichè,vedi l'eroe che deve sia vendicare una perdita subìta,che instaurare un nuovo rapporto altrettanto forte con una partner forte,ma che ha delle zone fragili,"Pacific Rim" è un kolossal che non si basa su star,ma che sa bene come rendere la tensione e come enfatizzare al massimo le scene di battaglia:magari,forse,i robot terrestri potevano essere anche più rifiniti esteticamente,visto che ricordano i loro simili che negli anni Settanta,con due pile,si muovevano finchè non incontravano qualcosa che intralciasse il loro cammino,ma funzionano lo stesso a livello grafico.Piaciuto molto di più al resto del mondo che agli americani,che non gli hanno tributato un successo clamoroso,potrebbe avere un seguito,e magari aver rotto gli indugi e far giungere in sala le versioni filmiche dei tanti Actarus,Hiroshi,Tatsuya...
I SOGNI SEGRETI DI WALTER MITTY
(The secret life of Walter Mitty,USA 2013)
DI BEN STILLER
Con BEN STILLER,Kristen Wiig,Adam Scott,Sean Penn,Shirley MacLaine.
COMMEDIA/FANTASTICO
Il remake non è cosa facile,anche quando vi si impegnano personalità note,con cura nel confezionare la nuova versione di un classico,non è detto che l'operazione riesca,anzi:sono moltissimi i casi in cui si conviene che probabilmente era meglio se non veniva messo in moto il rifacimento di un bel film.Ben Stiller,per la sua quinta regia ha ripreso "Sogni proibiti",da un racconto di James Thurber,dal quale venne tratto l'omonimo film con Danny Kaye,e ne ha realizzato un adattamento ai tempi del digitale:infatti,lo spunto è il passaggio,non indolore,dal cartaceo alla versione on line,con conseguente taglio di personale,esseri umani messi in disparte dalle cifre,e di scena è la famosissima rivista "Life",veramente tramutatasi in fruibile solo su Internet.L'addetto agli archivi fotografici Walter Mitty è un impiegato bravo,serio,che cerca un contatto femminile via social forum,e che si trova ben presto nel mirino del nuovo manager con barba e capelli à la mode,tutto pose plastiche e derisione perpetua del prossimo:l' apparente grigiore di Mitty sparisce nei suoi sogni ad occhi aperti,nei quali diventa un eroe indomito,pronto a buttarsi a perdifiato in ogni impresa straordinaria.L'occasione per far diventare reali i viaggi della sua immaginazione arriva quando,per non perdere il posto di lavoro,deve recuperare una foto mandata da un fotoreporter leggendario,con il quale ha da anni un contatto non personale ma forte:e lanciarsi seguendo l'istinto,e gettando il cuore ogni oltre ostacolo apparente,darà un senso nuovo all'esistenza e al suo significato.Su una colonna sonora bellissima (e "Space oddity" si lega ad una scena dalla quale in poi ci si può innamorare di questo film),Stiller fa una riflessione tra il tenero e l'idealista sull'insostuibilità delle sensazioni,su quanto una società di "perfettini" scaturiti da una tecnologizzazione senza criterio del quotidiano e dei suoi parametri non possa rendere la straordinarietà dell'avventura umana,che sia un tuffo dall'elicottero nelle acque gelate del profondo Nord,una partita a calcio sull'Hymalaya,e ancora una discesa in skateboard a rotta di collo,fino al semplice ma intenso prendere la mano della persona amata:"I sogni segreti di Walter Mitty" è un lungometraggio ai cui titoli di coda non viene da alzarsi,prima di aver gustato anche l'ultima nota musicale,e che lascia un sorriso impresso a fondo nel cuore dello spettatore.Uno di quei,non frequentissimi,film che fa pensare che il mondo possa essere anche un posto migliore,e che cita Chaplin in quella coppia che nel finale si incammina,mano nella mano,senza alcuna certezza, ma verso un posto più bello,che si chiama futuro.
CORPI DA REATO (The heat,USA 2013)
DI PAUL FEIG
Con SANDRA BULLOCK,MELISSA MCCARTHY,Dèmian Bichir,Marlon Wayans.
COMMEDIA/AZIONE
In Usa è stato uno dei grossi successi dell'anno,e infatti è già annunciato un sequel,da noi è andato meno bene,del resto come il titolo precedente del regista Paul Feig,"Le amiche della sposa",altro simbolo di una comicità al femminile linguacciuta e sboccata,che agli americani è piaciuta assai.Se si vuole,è il solito clichè del poliziesco-brillante dagli anni Ottanta in poi,cui la legge di compensazione fa da base:un poliziotto spiritoso,l'altro duro,uno nero,uno bianco,uno violento,l'altro pacato,e via così.Qua le sbirre sono un'agente federale super preparata ma socialmente disastrosa,perfettina ma perlopiù ostica ad ogni rapporto con il prossimo,al punto da elemosinare le coccole al gattone della vicina,e una poliziotta extralarge con un certo senso della parolaccia,che viene da un quadro familiare a dir poco turbolento,che uniscono le forze per sgominare una banda capeggiata da un individuo misterioso e cattivissimo.Il film di Feig la butta spesso in farsa,con situazioni che esaltano le differenze tra le due protagoniste,i loro approcci al lavoro,agli uomini,l'una all'altra,e qualche sorriso scappa.Ma è veramente fin troppo abbondante la sequela di volgarità per essere fino in fondo divertente,la Bullock e la McCarthy si capisce fin dalle prime sequenze che diventeranno pappa e ciccia,e il plot giallo è abbastanza stinto.Certo,il film è scorrevole,non annoia,anche se forse quasi due ore di proiezione sono fin troppe:probabilmente anche il seguito sarà,perlomeno in America,un buon successo di pubblico,e ci sta che qua diventi via dvd o tramite proiezioni sulle tv satellitari un hit in seconda battuta (come successe a "Arma letale" e "Trappola di cristallo"),però è decoroso,niente di più.E la scena a maggior potenziale comico come quella dell'ubriacatura delle due nel bar fino al mattino seguente poteva risultare molto più divertente,tutto sommato.
COLPI DI FORTUNA (I,2013)
DI NERI PARENTI
Con CHRISTIAN DE SICA,LUCA BIZZARRI,GREG & LILLO,PAOLO KESSISOGLU.
COMMEDIA
Capolinea,almeno per ora,per Christian De Sica e Neri Parenti,le "basi storiche" dei cinepanettoni:il loro contratto con la Filmauro dei De Laurentiis è concluso,e sia l'attore che il regista hanno annunciato di volersi dedicare ad altro,ma si sa,nel mondo dello spettacolo,le formule spesso rimangono attaccate a chi le ha fatte andar bene.Dopo aver diviso in due episodi per "Colpi di fulmine" la scorribanda dei comici,questa volta sono tre i segmenti che si succedono,e vedono coppie collaudate,soprattutto televisivamente come Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu,e Greg & Lillo.Luca e Paolo si ritrovano a Napoli,con un biglietto della lotteria perso dal secondo dopo una notte alcoolica,e una querelle sentimentale dove le cose non sono chiare;De Sica e Francesco Mandelli sono un industriale tessile di cose lussuose fissato con la superstizione e un giovane traduttore di mongolo menagramo che si devono relazionare per via di un affare con un fornitore appunto della Mongolia;Greg & Lillo sono uno una coppia di fratelli,che non si erano mai incontrati prima,l'uno con problemi psichici,l'altro ex-ballerino televisivo,che cominciano ad affiatarsi nonostante le complicazioni.Il film è meno volgare di altri titoli precedenti della collection cinepanettoniana,a parte qualche dettaglio scatologico abbastanza malinconico,ma scorre via malissimo,uggioso e senza verve alcuna.Se l'episodio napoletano pesca sfacciatamente da "Una notte da leoni",quello con i due fratelli per caso rovista nel racconto di "Rain man",e quello appena appena più originale è quello centrale:ma se l'inventiva degli sceneggiatori è pari a zero,la capacità recitativa di molti dei presenti sullo schermo è assai relativa.Appena sufficiente Bizzarri tra i nuovi (ma qualcuno deve avergli detto che ricorda Gene Wilder fisicamente e deve essergli piaciuto troppo il paragone...),e De Sica,perlomeno,come risaputo,ha dei tempi e un'abilità che potrebbero dare maggiori soddisfazioni,ma è un discorso a questo punto ripetuto troppe volte.
UN FANTASTICO VIA VAI (I,2013)
DI LEONARDO PIERACCIONI
Con LEONARDO PIERACCIONI,Marianna Di Martino,Chiara Mastalli,Davide Sef.
COMMEDIA
Da tempo le commediole di Leonardo Pieraccioni vengono recensite con un pollice verso cronico,e anche nel pubblico,per quanto entusiasta e affettuoso possa disporsi verso l'attore comico e regista fiorentino,cominciava a serpeggiare un disinteresse corposo per i lungometraggi che puntualmente,dal 1997 (i primi tre sono usciti in tre anni consecutivi)tornano ogni Natale a celebrare il piccolo mondo allegro che esiste,diciamolo,solo nei suoi film.Quindi,il progetto di un ultraquarantenne che si ritrova,per un curioso gioco della sorte,a condividere appartamento e vita con quattro universitari,era una potenziale svolta che incuriosiva.In una Arezzo in cui nessuno,e ci mancherebbe,parla aretino,tutti hanno un posto di lavoro ma hanno tempo per fare le loro brave bischerate,Arnaldo va a finire in casa di due ragazzi e due ragazze,ognuno con un problemino alle spalle:e intorno,ritrovo di vecchi compagni d'avventura quali Panariello e Ceccherini,e nuovi compari come il duo Marzocca-Battista.Sparare a zero si potrebbe,ma sarebbe poco obiettivo,e un pò snob.Lo sforzo,da parte di Pieraccioni,c'è stato,e si sente nella scrittura dei dialoghi,vagamente al di sopra del consueto:qualche occasione per sorridere arriva (a me non succedeva,con un suo film,da "Il principe e il pirata") e il duetto Marzocca-Battista è abbastanza ben combinato.Certo,la sua visione del mondo è la stessa di sempre:ci si vuole tutti bene,qualsiasi guaio si risolve,che vuoi che sia,è quasi sempre giorno,e tutte le persone sono bonarie,anche chi è ignorante e razzista,alla fine,mica lo è fino in fondo.Meno peggio del solito,sicuramente,ma i giochi a ripetere hanno sempre una sorte segnata.
CHE C'ENTRIAMO NOI CON LA RIVOLUZIONE?
(I,1972)
DI SERGIO CORBUCCI
Con VITTORIO GASSMAN,PAOLO VILLAGGIO,Riccardo Garrone.
COMMEDIA
In anni in cui la parola "rivoluzione" era di gran moda,e in cui i miti si chiamavano Ernesto,Emiliano,e si pensava di ribaltare ogni potere costituito per un mondo migliore,e si aveva il pregio di crederci,a volte ingenuamente,ma spesso con sincerità,fioccavano film e opere in cui l'argomento era appunto un moto rivoltoso.Sullo sfondo della rivoluzione messicana,una commedia italiana con due personaggi antitetici costretti dagli eventi a farsi compagnia,attraversando varie vicende,rischiando sempre di andare al Creatore per una fucilata o altro:un guitto di terza categoria,e un prete rigido,che alla fine diverranno amici,pur in conflitto per quasi tutto il racconto.Bruno Corbucci,eclettico e come sempre pratico,allestisce una sorta di avventura picaresca che occhieggia a "La grande guerra",soprattutto in un finale in cui,un soprassalto di dignità riabilita un cialtrone e chiude la storia su un risvolto drammatico.Il film,pur portando in scena un momento storico raramente trattato dal cinema europeo,procede abbastanza spedito,anche se spesso si basa su schemi ripetitivi,e abbonda fin troppo in cascatoni e inciampi atti a sottolineare la goffaggine dei due personaggi principali.I quali non convincono fino in fondo:Gassman nel ruolo dell'attore fessacchione e vigoroso,è vistosamente fin troppo sopra le righe,e Villaggio gioca di rimessa,ma smorzando e non di poco la sua vis comica.Leggerino,ben girato,ma qua e là smorto.I due simpatizzarono molto al di fuori dallo schermo,al punto di aver girato più film insieme,ma l'affiatamento tra i due attori non emerge così vistosamente.
VENERE IN PELLICCIA (La Venus en fourrière,F 2013)
DI ROMAN POLANSKI
Con EMMANUELLE SEIGNER,MATHIEU AMALRIC.
GROTTESCO
Come rimanere irretiti dalla Femmina,e non poter far altro che cedervi.Il percorso registico di Roman Polanski forse influenzato dalle vicende personali che ne hanno limitato le possibilità di girare film in spazi aperti o comunque svariati,continua nella sua fase "chiusa",in un contesto delimitato,costruendo sull'incontro-scontro tra i pochi personaggi in scena discorsi ampi e metafore sociali e umane in genere."Venere in pelliccia" viene dopo "Carnage",e una volta ancora siamo alle prese con un'opera tratta da un lavoro teatrale.E' di scena un commediografo cerebralmente nevrotico,in un teatro vuoto,durante un forte temporale,e sta facendo via cellulare la sintesi della giornata di provini appena conclusa,quando giunge nello stabile una donna bella e tendente al volgare,che scongiura l'artista di lasciarle provare la parte:a mano a mano che i minuti scorrono il rifiuto dell'uomo si incrina,e la prova comincia,rivelando via via una creatura molto diversa dal come si è presentata....Duello e gioco al massacro tra Femmina e Maschio,e resa senza speranza di quest'ultimo a quello che la Donna risulta,ispira e crea,oasi di sollievo,foresta di rovi appuntiti e mare in tempesta perenne,il nuovo film di Polanski diverte,rompe schemi e viaggia per metafore feroci.Non mi pare che,come alcuni recensori un pò poco obiettivi,negli ultimi anni l'autore di "Chinatown" si fosse involuto:certo,"La nona porta" non è una delle sue cose più riuscite,così come non lo era "Oliver Twist",ma si parla di un cineasta che nell'ultima decade ha realizzato cose quali appunto "Carnage","Il pianista",e questo.Che è un'opera la quale sicuramente è personalissima,vedi il coinvolgimento della moglie Emmanuelle Seigner,e di Mathieu Amalric,fisicamente di una rassomiglianza impressionante a Polanski,e che non è un titolo di transizione:giunto a un'età in cui molto è avvenuto,e in genere molti grandi registi cominciano a segnare il passo,il franco-polacco continua a stupire per l'originalità di trame e chiavi di lettura proposte a pubblico e critica,tali da creare sempre un evento vero e proprio.Merito anche di due interpreti cui i ruoli paiono cuciti addosso:se qualche dubbio in passato c'era stato sulla Seigner,qua l'attrice dona al personaggio tutta una scala di espressioni,sfaccettature e femminilità sensuale stravolgenti,mentre Amalric,del cui talento eravamo già a conoscenza,si cala in un ruolo che passa dal diffidente al ridicolo,passando per l'ossessionato,il sedotto e il succube.Finale in crescendo,nel quale esplode pienamente la folle carica erotica che pervade tutta la proiezione,tuttavia senza una finalizzazione vera e propria "canonica".Un film splendido,invaso dalle parole,senza mai risultare verboso,avvincente in una schermaglia di battute colte e argutissime.
LO HOBBIT-LA DESOLAZIONE DI SMAUG
(The Hobbit-The desolation of Smaug,USA/NZ 2013)
DI PETER JACKSON
Con MARTIN FREEMAN,IAN MCKELLEN,RICHARD ARMITAGE,Evangeline Lilly.
FANTASTICO/AVVENTURA
Atto secondo per il prequel de "Il signore degli anelli",parte centrale della nuova trilogia,che però appunto anticipa le vicende narrate nell'avventura della Compagnia dell'Anello contro Sauron e le sue orde di mostri,"La desolazione di Smaug" riprende il discorso da dove era stato interrotto alla fine di "Un viaggio inaspettato".Prosegue,quindi,il viaggio verso l'antica città dei Nani,ora divenuta,insieme al loro tesoro,rifugio e proprietà di un colossale drago di nome Smaug.Della creatura c'era apparso,nel finale del primo capitolo,appena l'occhio spalancato,e anche per oltre un'ora di proiezione di questo nuovo film,di Smaug si parla,ma non arriva sullo schermo:tutta la seconda parte prevede l'incontro-disputa di Bilbo Baggins e i suoi alleati Nani per cacciarlo o distruggerlo,in parallelo con la sfida dello stregone Gandalf contro una minaccia celata in una fortezza abbandonata che ci era già stata presentata nel titolo precedente.Peter Jackson continua a dipanare la trama del primo romanzo celebre di Tolkien,prendendosi diverse libertà circa il testo originario,dal rientro sulla scena della star elfa Legolas,con Orlando Bloom in versione dall'occhio più azzurrato che mai,alla diversità dello scontro con il drago parlante e mefistofelico:qualche fan arcigno resterà deluso o perplesso,ma lo spettacolo è di quelli che impressionano,fastoso e magniloquente.Magari,rispetto agli altri,per ora,quattro capitoli dell'esalogia riguardante la Terra di Mezzo,"La desolazione di Smaug" ha qualche sequenza che emana,a tratti,del deja-vu,soprattutto nelle battaglie,però forse va visto in prospettiva,a progetto esaurito:anche "L'impero colpisce ancora" ai tempi della sua uscita,fu il segmento che maggiormente lasciò insoddisfazione,per poi rivelarsi,anni dopo,uno dei più amati e considerati riusciti del blocco "Star Wars".Qua sceneggiatura e regia lasciano ogni fronte spalancato,ogni questione sospesa,ogni risposta lontana dall'arrivare:però,c'è da dirlo,l'idea di un mostro che legge i pensieri e dimostra di conoscere i processi mentali dei suoi avversari,oltre che terrorizzarli con la sua mole,la sua ferocia e il fuoco che sa scaturire distruggendo ogni cosa davanti a sè,autorizza a pensare che Smaug diverrà uno dei babau più ricordati e apprezzati dal pubblico in generale.E il suo volo,coperto d'oro,mentre si proclama portatore di morte,lascia filtrare un bel pò di inquietudine oltre lo schermo.
ENDER'S GAME (Ender's game,USA 2013)
DI GAVIN HOOD
Con ASA BUTTERFIELD,Harrison Ford,Viola Davis,Ben Kingsley.
FANTASCIENZA
Quasi trent'anni per passare dalla pagina allo schermo,per il romanzo fantascientifico "Il gioco di Ender",di Orson Scott Card,nel quale si immagina che in un futuro imprecisato,per controbattere l'offensiva di alieni insettiformi ci si debba affidare alle capacità di un ragazzo scelto come un Eletto dalla sorte e dalla genetica:progetto ambizioso,in un momento in cui la fantascienza si sta lentamente riappropriando dello spazio che le appartiene nel mondo del cinema.L'operazione è stata messa nelle mani del sudafricano Gavin Hood,già autore del primo spin-off di "Wolverine",e il cast pullula di nomi pesanti,in ruoli importanti ma non principali,vedi una superstar come Harrison Ford che interpreta l'alto ufficiale-mentore del giovanissimo protagonista,l'Asa Butterfield visto in "Hugo Cabret"."Ender's game" risulta essere un film assai strano,che suscita reazioni difficili da prevedere:per la maggior parte della pellicola,si prova la sensazione di star assistendo a una versione per ragazzi,meno sarcastica e più seriosa,di "Starship Troopers",meno violenta,ma più o meno su quel registro,con una retorica fascistoide,in cui si insegna alle giovani generazioni di non aver pietà di qualsiasi essere ostile si pari davanti,che la Natura sceglie chi va soppresso,e chi no,e su tutto vige un'etica marziale abbastanza sinistra.Fortunatamente,ed è il vero messaggio della storia,negli ultimi minuti lo scenario si ribalta,fino a far constatare che i veri "mostri" sono gli adulti e la loro logica sedicente "necessaria",crudele e inumana:vi si può leggere una severa critica alla politica molto occidentale,e,soprattutto americana,delle bombe atomiche sul Giappone,della guerra preventiva a Afghanistan e Iraq,e via snocciolando le sanguinose imposizioni in nome della "pax" per proteggere un sistema.In un finale toccante,l'empatia con un nemico,fino ad allora non visibile (è una tattica per rendere meno coinvolto chi deve attaccare)con il quale si può comunicare anche con un solo sguardo,dà tutto un altro senso ad un film non facile nè accattivante,ben curato a livello scenografico e come effetti speciali,che non fa abbandonare la visione rasserenati.
ARAGOSTA A COLAZIONE (I/F,1979)
DI GIORGIO CAPITANI
Con ENRICO MONTESANO,Claude Brasseur,Janet Agren,Claudine Auger.
COMMEDIA
Coproduzione italofrancese,di buoni incassi all'epoca della sua uscita,"Aragosta a colazione" vede Enrico Montesano,qui nel periodo di maggior appeal sul pubblico cinematografico,protagonista nei panni di un tipo volenteroso ma imbranato e inseguito dalla sfortuna,per cui la moglie Silvia Dionisio lo maltratta e lo spinge quasi fuor di casa,ma il personaggio scopre che l'ex-compagno di classe Claude Brasseur,una volta calciatore poi divenuto sposo di una signora bella e assai abbiente,si ritrova a Roma di passaggio,e pensa di andare a chiedere un aiuto,di qualsiasi tipo, a lui.Ma l'altro,che è fedifrago e vuole organizzare una golosa scappatella con una bella hostess svedese,Janet Agren,accetta di avere a che fare con lui solo purchè gli giustifichi la presenza della bionda nella sua bella abitazione verso la moglie.Nella stessa sera,si tiene un ricevimento nella villa,e il protagonista avrà modo di complicare le cose a molti,oltre che a sè stesso.Capitani allestisce una pochade chiara e netta,con equivoci,scambi di ruoli,gaffes e intrallazzi vari,che ha una discreta prima parte,ammicca a "Hollywood Party",ma lascia perdere fin troppo presto questa china,non lesina scorci dei bei nudi delle attrici principali,si basa molto sulla verve di Enrico Montesano,non coadiuvato benissimo dalla spiritosaggine un pò forzata di Brasseur,ma non basta affinchè "Aragosta a colazione" possa risultare una commedia memorabile.
THE BOURNE LEGACY (The Bourne legacy,Usa 2012)
di TONY GILROY
Con JEREMY RENNER,Rachel Weisz,Edward Norton,Stacy Keach.
AZIONE
Dati i risultati di incassi e buone critiche,era inevitabile che la saga della spia senza memoria Jason Bourne non si chiudesse con una trilogia:o meglio,così come per "Il cavaliere oscuro",coloro che hanno elaborato i tre segmenti considerati DOC hanno pensato di chiuderla lì,sentendosi di aver detto tutto sull'argomento,e sottraendosi alla responsabilità potenziale di poter peggiorare le cose."The Bourne legacy",conquistatore di copertine su varie riviste di settore,era un prodotto "nato per vincere",un attore non ancora star ma assai rampante come Jeremy Renner,un cast di facce celebri (Joan Allen,Stacy Keach,Scott Glenn...),una bella e intelligente come Rachel Weisz,e la regia di Tony Gilroy,che già aveva partecipato alla serie in qualità di sceneggiatore.Eppure,le cose non sono andate bene:gli incassi non hanno brillato,e le critiche sono state spesso poco positive.Forse,con un pò di sufficienza,è stato pensato di applicare uno schema consolidato,come appunto la caccia alla cellula impazzita da parte della frangia del Servizio che ha attuato un'operazione clandestina per coprire l'errore,con la variante della scoperta di una vera e propria serie di super-killer coltivati per la creazione di una spia perfetta:il film ha momenti spettacolari,frammenta un pò troppo la parte "gialla",e tutto sommato,Renner ha meno personalità,per il momento,di Damon.La forza della trilogia era stata di dare una parvenza di verosimiglianza alle scene d'azione,molto più della media hollywoodiana,qua,se si guarda soprattutto la scena del missile lanciato nella foresta innevata,e l'inseguimento quasi in conclusione tra moto da cross e fuoristrada,si presenta una comunissima spacconata normalmente definita "americanata"...
52 GIOCA O MUORI (52 Pick-up,USA 1986)
DI JOHN FRANKENHEIMER
Con ROY SCHEIDER,ANN-MARGRET,John Glover,Clarence Clemons III.
THRILLER
Da un romanzo di Elmore Leonard,un adattamento cinematografico con firma un tempo illustre,come John Frankenheimer,che,perlomeno negli anni Sessanta,si distinse con opere "di genere" che però tastavano il polso con ferma intelligenza alle nevrosi e alle fobie americane di quell'era.Qua un imprenditore agiato,con amante giovane e moglie in corsa per essere eletta nello staff del procuratore distrettuale,subisce un pesante ricatto da tre malviventi:per dimostrare che non scherzano,i delinquenti forzano il protagonista ad assistere a un vero "snuff-movie",nel quale uccidono la ragazza con la quale ama passare il suo tempo libero,e annunciano all'uomo che se non sottostà alle loro richieste,provvederanno ad assassinare la moglie e,forse,anche lui.L'uomo è sotto pressione,ma riesce a ragionare e capire che il trio non è coeso come appare,e che può mettere i suoi aguzzini uno contro l'altro,fino alla resa dei conti conclusiva:ovviamente,non senza aver lasciato a terra qualche cadavere.La pellicola è un giallo abbastanza ben congegnato,lontano dalle bravate ammazzatutti di Chuck Norris & C.,piuttosto in voga all'epoca,con due interpreti di lungo corso come Roy Scheider e Ann-Margret,e un trio di antagonisti tra i quali spicca il musicista legato a Bruce Springsteen,Clarence Clemmons III:certo,un quarto d'ora meno di minutaggio avrebbe giovato al film,qualche tempo morto in meno ci sarebbe stato.Ma la suspence c'è,e il finale,sarcastico e incline al beffardo,funziona.Come al solito,nei film prodotti dalla Cannon,di scarso conto e datatissime le musiche.
CATTIVI PENSIERI (I,1976)
DI UGO TOGNAZZI
Con UGO TOGNAZZI,EDWIGE FENECH,Luc Merenda,Paolo Bonacelli.
COMMEDIA
Terza regia dell'Ugo nazionale,che,come nelle altre tre opere dirette,interpreta anche il protagonista:più votato ad un'analisi malinconica di un Sordi moralista dietro la macchina da presa,di un Gassman più sperimentatore e legato all'esaltazione della recitazione,e di un Manfredi più accorto nella costruzione delle storie,e della valutazione dei rapporti tra Uomo e Donna (e,diciamolo,il migliore come regista dei "colonnelli" degli anni gloriosi della commedia all'italiana),"Cattivi pensieri" racconta un'ossessione da galletto sviluppata da un rampante,benchè oltre la mezz'età,avvocato lombardo,con moglie bella e ambita al fianco,che la signora si conceda a tutto spiano e venga regolarmente concupita da maschi più giovani o prestanti di lui.Nonostante la sceneggiatura sia stata stesa sia da Tognazzi che dal sapido Beppe Viola,il film,che vorrebbe forse essere anche una satira di una borghesia più rozza di quanto voglia apparire,non scandaglia molto bene l'ambiente che vorrebbe forse deridere,e non pone abbastanza sotto accusa il gallismo indefesso del maschio latino,che si giustifica sempre,e vede tutte le donne come bagasce,eccetto la propria.Per cui,giusto vederci le tematiche già affrontate da "Il magnifico cornuto" sempre con Tognazzi,ma diretto da Pietrangeli,però qui il grande attore sembra affaticato da un personaggio di scarsa simpatia,meschino e ossessivo:splendida,Edwige Fenech è messa al centro della vicenda,vero oggetto di desiderio perenne da parte di tutta la parte maschile del cast,con Luc Merenda visto come nemesi virile,simbolo di una tonicità muscolare e spavalda sentita come ostile e inevitabilmente di poco succo."Cattivi pensieri" si risolve,alla fine,in un film più noioso che azzannante,dal ritmo moscio e con una impostazione presentabile,ma nulla più di questo.
SOLE A CATINELLE (I,2013)
DI GENNARO NUNZIANTE
Con CHECCO ZALONE,Robert Dancs,Miriam Dalmazio,Aurore Erguy.
COMMEDIA
C'è stato il momento di Villaggio,quello di Pozzetto,di Celentano,di Boldi & De Sica,ma anche di Spencer & Hill,e ora il re di denari è Checco Zalone:l'uscita dei suoi film è attesa,comprensibilmente,dagli esercenti con trepidazione,ripagata,dalle cifre degli incassi del suo terzo film da protagonista."Sole a catinelle",ancora con una nota tra l'assurdo e il metereologico nel titolo,ha frantumato diversi record,e dovrebbe mantenere il primato di incassi lordi per un film italiano per qualche anno a venire.La storia stavolta vede un rappresentante,che è uno dei "sessanta milioni di imprenditori" nella visione berlusconiana dell'Italia e degli italiani di qualche anno fa,che vede la parola "comunista" come indicativa di una malattia gravissima,che si lascia andare a una rateizzazione pazza per mettersi in casa i beni di consumo più venduti e ambiti,quando inizialmente il lavoro gli va bene,per poi,in breve,ritrovarsi con l'ufficiale giudiziario in casa e quasi ogni cosa pignorata.Seguono matrimonio e vita familiare in malora,una vacanza promessa al figlio bravissimo a scuola,e portato in Molise dalla vecchia zia per spendere il meno possibile e un impensabile rilancio grazie al casuale incontro con una bella ereditiera,con figlio problematico.Il filmetto è balzano negli snodi di sceneggiatura che altrove dovrebbero essere necessari,ha passaggi tirati via,e si vede che tutto gioca per evidenziare la comicità di Luca Medici in arte Checco Zalone:a favore,qualche buona battuta,e la stringatezza della durata.Però rimane il dubbio se Checco Zalone c'è,o ci fa.Cerchiobottista politicamente,scorretto ma alla fine tradizionalista,vedi il finale conciliatorio,leggero come una gassosa,ed è inconfutabile che restino varie istantanee sull'Italia di oggi,certo,portate agli estremi,come vuole la commedia più riuscita.Ma,oltre la simpatia del pubblico che gli ha tributato presenze impressionanti,sembra che il cinema di Zalone e Nunziante sfiori gli argomenti "seri" ma senza mai mordere a fondo,o andando sotto l'ammicco comodo e ruffiano.Altra cosa è la satira.